Covid-19, lavorare a Londra e vivere una settimana tormentata tornando a Palermo
Questa che sto per raccontarvi è quanto vissuto da un giovane amico dei miei figli e sento e vivo questa esperienza come se fosse uno dei miei perché mi sono molto arrabbiata per come ha vissuto sei giorni al rientro dalla Gran Bretagna. Questo giovane lavoratore che vive all’estero, solo perché l’Italia non è in grado di soddisfare lavorativamente la sua esperienza professionale, dopo una lunga lontananza da famiglia e amici per i problemi che tutti conosciamo legati alla pandemia, arriva a Palermo in Aereo dal Regno Unito, paese sorvegliato speciale, previsto da un ordinanza del 07 ottobre 2020 del Consiglio dei Ministri dove si è anche deciso di prolungare lo stato di emergenza al 31 gennaio 2021.
Questa ordinanza del 07 ottobre segue di pochi giorni una ordinanza, del Presidente della Regione Siciliana, n.36 del 27.09.2020 nella quale aveva previsto i tamponi per tutti coloro che negli aeroporti siciliani provenivano dall’estero. Questa ordinanza è stata poi disattesa da notizie giornalistiche, che ben conosciamo, per tutti i problemi contingenti legati agli assembramenti che si creavano in aerostazione, dunque successivamente sospesa. Successivo all’Ordinanza Ministeriale è stato disposto di attivare la sorveglianza per i paesi esteri nella lista nera per numero di casi, dunque obbligo di tampone effettuato o 72 ore prima dell’arrivo in Italia o da effettuare all’arrivo in aeroporto. Per un siciliano che deve tornare tra le ali dorate della famiglia, figuratevi se è pensabile effettuare il tampone con il rischio di non partire. Tutto questo per riallacciarmi a quanto è accaduto, che sicuramente è lo specchio della inefficienza di un sistema che fa acqua da tutte le parti.
Per cominciare il nostro ragazzo arrivando da Londra insieme a tutti i passeggeri non gli viene effettuato il tampone e viene invitato con un modulo ad eseguire delle procedure. Il modulo consegnato invita tutti i passeggeri ad effettuare un tampone entro 48 ore, azione che viene consegnata alla buona volontà di ogni passeggero che intanto bello e bellino se ne va via dall’aeroporto, e chi ne segue le sorti? Non si sa. Poi per i più volenterosi e corretti nella tutela della salute pubblica comincia il vero calvario che consiste nel chiamare il numero di telefono descritto che non risponde mai e di registrarsi al sito costruiresalute.it. Il giorno dopo comincia una trafila impervia, la ricerca di parenti e amici che ti aiutano a risolvere il problema per l’effettuazione del tampone, si chiama qualche laboratorio di Analisi che ha prenotazioni oltre la ripartenza del nostro amico
Cerco di aiutare il mio giovane amico chiamando il numero verde dell’ASP per consigli, il tempo di attesa al telefono è di un ora e trentaquattro minuti, come da foto in allegato. Al numero verde mi viene risposto che il tampone in ogni caso va fatto dall’ASP gratuitamente nella tipologia rapido, ma come arrivare a questo, mi viene risposto attraverso le USCA che al momento non rispondono mai neanche ai medici di famiglia, che hanno anche problemi, insomma non si capisce chi deve effettuare questo tampone. Arriva la soluzione visitando il sito dell’ASP, in allegato foto, che risolve il problema con una prenotazione al terzo giorno della permanenza, in allegato la locandina.
Ma oltre il danno la beffa, il tampone all’ASP lo effettuano solo a pagamento, da non credere che un ente che gestisce sanità pubblica possa contraccambiare un disservizio con un onere di spesa, 55 euro (in allegato ricevuta del bonifico), per un nostro giovane che torna nella propria terra natia. In ultimo la consegna del tampone dopo due giorni ancora che non ha rilevato la presenza del virus, tutto questo gli ha regalato solo un giorno di libertà vera in sei giorni da soggiorno, perché inesorabilmente arriva il giorno della partenza. Racconto tutto questo perché in questo giovane emigrato vedo i miei figli o i figli di questa povera e martoriata terra che non riesce ad accoglierli, ma quasi li rifiuta, vanno via sempre con la consapevolezza che non cambierà mai niente e che la loro terraè come una matrigna che non li ama e quasi li rifiuta.
Liliana Cimino, una mamma molto arrabbiata