Le aziende della moda chiedono aiuto: "Noi, famosi in tutto il mondo ma distrutti da crisi Covid"
"Noi siamo figli di un dio minore. Ci è stata chiusa l’acqua per bere e non ci sono stati dati aiuti, in media quando un azienda nel nostro comparto ha ricevuto ristori, bonus et similia al massimo ha preso poco meno di 3.000 euro circa, a fronte di 11 mesi di crisi economica e sanitaria". E' il grido di dolore lanciato da Mythos Fashion District, composto da 62 aziende della filiera produttiva del fashion, che chiede adeguati ristori per la crisi economica conseguita a quella sanitaria da Covid 19.
Le ragioni della crisi e le richieste sono contenute in una lunga lettera firmata dal rappresentante legale del distretto, Flavia Pinello e indirizzata alla presidenza della Regione e al dipartimento alle Attività Produttive. "Mythos Fashion District - si legge - è il primo distretto della moda siciliano e il comparto della moda isolano è contraddistinto da un vasto ed eterogeneo numero di stakeholders e players che ne fanno parte e che determinano soprattutto una vastissima gamma di prodotti: dalla creazione, alla produzione, alla trasformazione fino alla vendita diretta e/o indiretta al consumatore finale. Il settore del fashion è un settore merceologicamente eterogeneo dove operano, difatti, innumerevoli aziende che si occupano in modo più o meno specialistico di una determinata nicchia di mercato. Tutte anime imprenditoriali, ben 62 aziende tutte siciliane, che compongono il Distretto. Tutte queste categorie rappresentano aziende e artigiani per i quali l’Italia è rinomata globalmente. Portiamo ricchezza contribuendo alla creazione di posti di lavoro, tramandando tradizioni secolari e garantendo l’insuperabile qualità del 'made in Italy' nel mondo".
La rappresentante del Distretto sottolinea che "In questo drammatico momento di pandemia globale tentiamo di garantire la sopravvivenza delle nostre aziende e i posti di lavoro attingendo ai nostri risparmi ed indebitandoci. In seguito agli ultimi Dpcm, con le ulteriori chiusure di dicembre e gennaio non siamo più in grado di proseguire. Speravamo nella ripartenza all’inizio del 2021 ma la situazione si è solo aggravata. Sono decine se non centinaia le manifestazioni internazionali a cui queste aziende hanno preso parte in ogni angolo del mondo: dalle manifestazioni più conosciute di Milano, Parigi, New York, Londra, Dubai fino a quelle di Firenze, Berlino, Tokyo, Hong Kong, Roma e ancora tante altre. Sui palcoscenici delle passerelle di richiamo internazionale e delle più famose Trade Fair, i prodotti del fashion 'made in Sicily', raccolti adesso sotto l’egida del Distretto Mythos Fashion District sono stati indiscussi protagonisti. Tutte queste aziende, tutti questi posti di lavoro sono sul punto di scomparire per sempre perché la filiera produttiva è stata dimenticata da qualsiasi forma di aiuto".
"Noi - prosegue - esistiamo per il Fisco, per l’Inps e per tutte le tasse che dobbiamo continuare a pagare regolarmente ma siamo stati fino ad oggi frammentati come categoria, le nostre aziende esercitano questa attività identificandosi in svariati codici Ateco e non tutti sono di facile individuazione. E’ chiaro che questo è un grande problema strutturale che l’emergenza ha fatto affiorare. Crediamo che, tra le altre cose, che sia necessario attuare una riforma dell’intero comparto".
Guardando agli ultimi mesi, gli imprenditori spiegano che "la ripartenza delle nostre aziende dopo il primo lockdown non ha potuto beneficiare di una vera riapertura su tutto il territorio nazionale di attività commerciali e dello spettacolo e purtroppo la situazione sembra solo essere destinata a peggiorare. Se le attività commerciali sono chiuse, se le 'botteghe' sono chiuse, se teatri sono chiusi, e le nostre aziende posso produrre. Ma produrre per vendere a chi? - chiedono - E’ questa la domanda fondamentale, perché il commercio al dettaglio non acquista più, né in Italia né all’estero perché tra chiusure, mancati incassi, pagamenti fissi e sopravvivenza non ci sono più
le sostanze per investimenti su nuove forniture. Il settore è sull’orlo del collasso se le istituzioni non intervengono per tempo il danno sarà
incalcolabile e irrecuperabile".
E si snocciolano i dati: "Le nostre aziende hanno costi fissi da sostenere, fornitori da pagare, tasse da pagare ma non abbiamo più la possibilità di generare incassi. E, l’e-commerce non è una soluzione. L’e-commerce è un investimento danaroso che va mantenuto ed in alcuni settori non è fattibile. Non è possibile provare un capo su misura online, non è possibile fare un costume di scena online, per citare solo due esempi. Noi siamo figli di un dio minore. Il calo di incasso e di fatturato non è valutabile in base a quello stabilito dal Governo con una comparazione tra 2020 e 2019 (Aprile soprattutto) perché nel comparto del Fashion ad oggi si registrano cali di fatturato pari all’80% rispetto al 2019; tenendo conto che gli incassi ed il fatturato generati nel 2020 sono state vendite effettuate nel 2019. Nel 2020 queste vendita non ci sono state, il 2021 sarà l’annus horribilis se non l’anno della morte definitiva della Moda Siciliana, in cui tutte le aziende del settore chiuderanno per sempre con un danno incalcolabile per l’economia ed il prestigio dell’isola, il brand Made in Sicily, apprezzato e ricercato nel mondo, rimarrà solo un miraggio ed un vago ricordo del passato. Ci teniamo anche a sottolineare che la Regione Sicilia a fronte dell’unico ristoro Bonus Sicilia, ma anche il Consiglio dei Ministri unico ristoro art.25 del decreto legge 19 maggio 2020 numero 34 si è dimenticato di noi. In quanto le aziende a fronte di 11 mesi di chiusure hanno ricevuto una media di circa 3.000 euro. Richiediamo un immediato adeguamento dei provvedimenti specifici di ristoro a fondo perduto da calcolarsi in misura adeguata sulla reale perdita di fatturato e mancati incassi per le aziende del settore".