"Vi racconto il Covid-19": lettera aperta di un biologo
Riceviamo e pubblichiamo
Mi chiamo Michelangelo Auteri, sono un biologo. Ho fatto ricerca per diversi anni, adesso da pochi mesi ho iniziato a lavorare in un laboratorio di analisi cliniche, effettuando anche test sierologici e tamponi per la ricerca del virus Sars-Cov-2. Ho visto così tanto in questi pochi mesi che sento la necessità di condividere alcune riflessioni. Siamo fortunati ad essere tra i paesi aventi una assistenza sanitaria gratuita. Ora quello che serve sono dirigenti competenti ai posti giusti. Era davvero necessaria una pandemia per dimostrare che la Salute e l'Istruzione sono i pilastri della Società Civile? Erano davvero necessarie tutte quelle morti in ospedale, solitarie, senza conforto, soprattutto era davvero necessaria la morte dei nostri nonni, di quella generazione custode dei valori del nostro passato? Chi abbandona e dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo, e distrugge il proprio futuro ancora prima di averlo creato.
E dire che siamo già stati avvisati della necessità di ricordare e imparare dal passato. Mai come oggi sono attuali quelle parole di pietra di Primo Levi. Si dice che il virus Sars-Cov-2 sia invisibile ad occhio nudo. Da biologo non posso che assentire. Ma da uomo, io vi dico che quel virus l'ho visto. L'ho visto negli occhi di quelle persone che si sottopongono al tampone e hanno paura di essere infette, paura di poter finire in quel bollettino di morte che ogni giorno ormai da quasi un anno ci comunicano ogni giorno. Quella morte, che prima della pandemia percepivamo come qualcosa di lontano, oggi è accanto a noi, e ci sentiamo impotenti e senza armi per combatterla. Ancora di più, quegli occhi dicono non solo di aver paura di essere stati infettati dal virus, ma della possibilità di aver contagiato le persone che amano. Come posso accettare di poter essere la causa di sofferenza e morte delle persone più vicine a me?
Questo nemico subdolo e invisibile richiede uno sforzo condiviso di tutti gli operatori che operano nel campo della Salute e dell'Istruzione. Servono medici, infermieri, ricercatori, biologi, tecnici di laboratorio, farmacisti, chimici, psicologi, insegnanti, comunicatori, divulgatori e tante altre figure che mi scuso non riesco ad elencare per intero. E, soprattutto, queste professionalità devono lavorare all'unisono. Per farlo, al vertice serve una dirigenza competente e responsabile, capace di coordinare e promuovere la collaborazione a tutti i livelli.
Da biologo, sono rimasto senza parole quando mi è stato chiarito che non esiste ancora una legislazione chiara, definitiva e soprattutto a carattere nazionale che mi autorizzi a eseguire prelievi venosi e tamponi, compresi tamponi per la ricerca del virus Sars-Cov-2. Davvero mentre provo a dare un minimo di contributo nella battaglia contro una pandemia, devo preoccuparmi giorno per giorno che arrivi una nuova legge, una nuova nota che mi vieta di andare avanti col mio lavoro? O potrò essere autorizzato solo nel corso della pandemia, e si pensa che quando questa emergenza finirà il lavoro degli operatori sanitari non sarà più così utile?
Ho avuto la fortuna di poter lavorare sia nel campo della ricerca che nel privato. Ho visto con la mia esperienza quanto l'Italia della ricerca potrebbe essere produttiva, ho conosciuto colleghi con grandissima competenza e soprattutto con molte idee che rimangono schiacciati dai due mostri dei nostri tempi: la burocrazia e il lavoro precario. Parallelamente al COVID-19, sono questi i 2 mostri da combattere oggi. La burocrazia che taglia le gambe alle idee, il lavoro precario che taglia la produttività ai giovani ricercatori, che invece di investire la loro enorme energia nel proprio progetto ogni giorno devono preoccuparsi se il mese prossimo potranno continuare a fare ricerca o se saranno buttati fuori senza troppi scrupoli.
A proposito di energia, almeno per quanto riguarda l'Università pubblica, perché non prevedere 3 percorsi differenziati? Il primo percorso per chi vuole esclusivamente fare ricerca, dedicandosi "solo" a questa. Metto le virgolette perché in quel "solo" c'è un mondo, fatto di idee, progetti scritti nella notte, ricerca di finanziamenti, aggiornamento continuo delle proprie competenze, pianificazione, sudore e sangue. Il secondo percorso per chi preferisce "solo" insegnare. Anche in questo "solo" c'è il mondo di chi usa il 99.99% della propria energia per donare alle nuove generazioni le proprie conoscenze e insieme dimostrare quanto impegnarsi continuamente a conoscere ogni giorno di più renda consapevoli e liberi.
Il terzo percorso per chi vuole fare sia ricerca che insegnamento, con un carico di lavoro adeguatamente bilanciato, che consideri il doppio sforzo di seguire il mondo della ricerca in continuo mutamento e il mondo della formazione e istruzione, che richiede forti competenze insieme scientifiche e umane, il rigore scientifico mescolato all'empatia e alla passione.
E per quanto riguarda gli ospedali pubblici, perché dopo una laurea breve, magistrale e un dottorato mi viene detto che non posso lavorare come biologo in un ospedale? Mi manca la Scuola di Specializzazione. Le mie competenze non sono ritenute sufficienti. Come mai (probabilmente) posso dirigere un laboratorio di analisi privato, ma non un laboratorio di analisi all'interno di un ospedale? E perché all'interno di un ospedale esiste solo la figura del biologo dirigente? Per quale motivo nell'organico di un ospedale non viene contemplata la figura del biologo analista, presente invece nei laboratori privati?
Per quanto riguarda le competenze, potrei anche essere d'accordo. È sempre necessario continuare a studiare e aggiornarsi. Sono disposto a studiare ancora per ottenere le competenze giuste per dirigere o fare analisi in un laboratorio ospedaliero. Ma non chiedetemi di frequentare una Scuola di Specializzazione, dove oltre a seguire le lezioni dovrò lavorare gratuitamente ogni giorno in un ospedale per 4 anni.
Non è corretto costringermi ad usare il mio tempo in questo modo. Seneca disse a Lucilio: "Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l’unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire".
Il mio tempo è prezioso. Il tempo di ognuno di noi è prezioso. Ogni volta che investiamo il nostro tempo in qualcosa, il nostro sforzo dovrebbe essere riconosciuto e apprezzato. Il lavoro va pagato. Che si tratti di un tirocinante o di un professionista, il lavoro va sempre pagato. Lavoro e stipendio conferiscono dignità ad un uomo, e lo spingono a migliorarsi e a dare il massimo, sempre. Un tirocinante non è un peso, qualcuno che vi ruba del tempo perché non sa il mestiere e siete obbligati ad insegnarglielo. Se investirete il vostro tempo su di lui, se lo pagherete e lo ricompenserete, sarete ricambiati. Il suo benessere si tradurrà in una alta produttività e soprattutto in creatività. Potrà sentirsi più propenso a proporvi nuove idee, alle quali probabilmente non avevate pensato prima. Potrà insegnarvi a cambiare, potrete migliorarvi insieme.
Una ricerca, una formazione e una istruzione nazionali organizzate e finanziate, che promuovano la collaborazione tra Scuole, Università, enti pubblici e privati si tradurrebbe necessariamente in un miglioramento del benessere della Società. Ci permetterebbe di fronteggiare finalmente con le armi giuste le sfide del futuro. Mi si obietterà forse che sto parlando di troppi cambiamenti, forse utopistici.
Da Siciliano, quando sento la parola "cambiamenti" non posso che ricollegarla a quelle parole famose: "Se vogliamo che tutto rimanga com' è, bisogna che tutto cambi". Beh, ora è il momento che tutto invece cambi per davvero, e che poco o nulla rimanga com'è.
Grace Murray Hopper, una matematica e pioniera dell'informatica, senza la quale probabilmente non potrei essere qui a scrivere sul mio computer, ha affermato che la frase più pericolosa in assoluto che abbia mai sentito dire è: <Abbiamo sempre fatto così>. Ogni volta cerchiamo di resistere ad un cambiamento che ci destabilizza. Abbiamo bisogno di certezze. Ma la natura non funziona così. Il mondo necessita del cambiamento. Charles Darwin ha detto: "Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno la più intelligente. Sopravvive la specie più predisposta al cambiamento".
Guardiamoci allora intorno, osserviamo con attenzione il mondo che ci circonda e usiamo la nostra intelligenza e la nostra anima per immaginare il mondo che verrà e le sue sfide. Prepariamoci al cambiamento. In che modo? "Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto" diceva Padre Pino Puglisi. Se ognuno di noi contribuisce, se ci aiutiamo a vicenda, se proviamo a cambiare insieme, potremo vincere questa guerra contro il nemico di oggi, subdolo e invisibile, e contro tutti i nemici che verranno. E allora sì che finalmente andrà tutto bene. Perdonatemi infine per le mie numerose citazioni. Ma quelle parole sono scolpite in me, o meglio scorrono nel mio sangue e nel mio cervello di continuo e ogni tanto mi chiedono di ripeterle o di scriverle, e non ho scelta. Le parole sono, a mio avviso, la nostra massima e inesauribile risorsa. Per questo mi affido a loro. Se le mie parole riusciranno a scuotere anche una sola anima, allora il loro lavoro e il mio lavoro sarà compiuto.
Michelangelo Auteri