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Costume e Società

I Cuochini, quel "buco" in centro diventato epico: Palermo premia l'inventore dei mignon

La storia della piccola rosticceria di via Ruggero Settimo inizia quasi due secoli fa, nel 1826. In pochi sanno che si chiamava "Cucina Allegra" e che sfornava banchetti per gli aristocratici. Poi l'intuizione di Michele "Carlo" Allegra, che iniziò a deliziare la città con i suoi famosi piccoli pezzi di rosticceria

Il suo nome è scritto nel dna di questa città. Appena lo pronunci nell’aria si sprigiona d'improvviso odore di frittura senza che nei paraggi ci sia olio bollente. Basta il pensiero per quello che per i palermitani è profumo, quintessenza. Così appena nomini i Cuochini, la piccola botteguccia di gastronomia al pian terreno di un palazzo nobiliare in via Ruggero Settimo, le papille gustative frizzano, l'olfatto e la memoria fanno il resto.

La storia dei Cuochini inizia quasi due secoli fa. E - adesso tentiamo la carta dello stupore - non si è mai chiamato ufficialmente così. Nel cortiletto di Palazzo De Stefano, in pieno centro a Palermo, "Cucina Allegra" esisteva sin dal 1826. Si trattava di un laboratorio che, grazie alla maestria di cuochi provetti, sfornava pietanze prelibatissime per i nobili del tempo. Una sorta di catering antesignano dove si sfornava dal primo al dolce per gli aristocratici di zona. 

Al timone c'era un cuoco rinomatissimo dell'epoca, Mariano Allegra (da qui appunto il nome) che dedicò tutta la sua vita alla cucina e alla famiglia. Ebbe 14 figli, tra questi Carlo (in realtà all'anagrafe il suo nome è Michele ma, grazie a una catena di diminutivi che vanno da Micheluccio a Cheluccio fino a Carluccio alla fine diventò per tutti Carlo Allegra) fu l'unico a seguire le sue orme portando alla ribalta quello che ancora oggi è un'insegna storica, simbolo di questa città. 

Aveva appena 10 anni "Carluccio" quando, appassionato di cucina come il papà, pedavalava con la sua bicicletta fino alla Vucciria per fare la spesa e dilettarsi in cucina. Nato nel 1930, fu negli anni dopo la guerra che imparò dal padre un mestiere che seppe innovare con maestria e intuito. Intuito perché fino a che fu Mariano a condurre "Cucina Allegra" quelle prelibatezze furono ad appannaggio solo di una casta. Carlo capì che anche il popolo però doveva conoscere quella cucina, gustare quei piatti e innamorarsi dei sapori della tradizione palermitana. E così fu. 

I cuochini michele allegra

Prese la licenza media per iscrivere la sua attività alla Camera di Commercio (siamo intorno al 1944, l'armistizio in Italia fu l'anno prima e a Palermo la guerra era solo un brutto ricordo). Mollò la scherma, di cui fu anche insegnate, e continuò a seguire il ciclismo, sua grande passione. Gettò anima e corpo in quello che credeva un sogno di famiglia. Cucina Allegra rimase "un buco" per sempre, ma ad un certo punto fu in grado di sfornare al tempo stesso banchetti per gli aristocratici di un tempo che vivevano nei palazzi nobiliari intorno, nel salotto di Palermo, e "mignon" per tutti gli altri che si spingevano fin lì. Da Porta Nuova a Porta Felice, via via, i bar iniziarono a commissionargli questi famosi pezzi di rosticceria in miniatura. L'ascesa fu inarrestabile. In città non si parlava d'altro che di quei "cuochini" giovani, silenziosissimi, eleganti e sempre composti. Un vezzeggiativo che fu affibiato loro dal popolo con affetto e che, in breve tempo, divenne un'inconsapevole fortuna. 

Rieditò il "terzo piatto" e fu lì che il successo si consacrò. Si trattava di una portata aggiuntiva rispetto al primo e al secondo di cui i nobili andavano matti: c'erano timballi di capellini, paste farcite alla carne, besciamella, prosciuto e altro ancora. Carlo, che in cucina fu sempre un innovatore, pensò bene di ispirarsi a questo piatto che apparteneva alle libagioni degli aristocratici per creare dei pezzi di rosticceria in formato mignon che avrebbero riscosso plausi ben prima che i finger food esistessero e che lo street food andasse di moda. Persino Giuseppe Tomasi di Lampedusa rimase affascinato da questo piccolo peccatuccio di gola tanto da celebrarlo nel Gattopardo e definenirlo "famoso pasticcio racchiuso in frolla dolce, col cuore salato e speziato alla maniera araba". 

Una storia lunga 170 anni che, all'interno di un portoncino nel palazzetto del barone Di Stefano, nella centralissima via Ruggero Settimo, portava al micro-mondo dei "cuochini" o, come qualcun altro li definì, dei "siddiati" per via del loro fare serio e silenzioso. Un posto microscopico, una manciata di metri quadrati appena, che ha segnato intere generazioni solo grazie a un gusto irripetibile. Mani in pasta e nessuna distrazione ammessa, fino al 1995, anno in cui Carlo Allegra cede la sua attività a Maria Luisa Cigno che continua a condurre i Cuochini nel segno di un artigianato culinario di qualità così come la famiglia Allegra fece per tutta una vita. 

Da sempre lontano dalla notorietà e dalle luci della rimbalta, questo cuochino doc oggi ha 91 anni ed è stato premiato con una targa che ne riconosce i meriti. "Fondatore della rosticceria Cucina Allegra noto come 'I Cuochini' e inventore della rosticceria mignon" recita la targa consegnata dal Comune di Palermo (grazie all'interessamento di Rosario Arcoleo e Rosario Filoramo). Ora il nipote spera che possa essere nominato anche Cavaliere della Repubblica. "Se dovessi spiegare a un extraterrestre cos’è un essere umano - spiega - gli mostrerei il volto e gli racconterei la storia di Michele Allegra. Perché nella sua storia c’è tutto il senso di una vita dedicata al sacrificio e all'amore per il suo lavoro e per la sua famiglia. Mio nonno è un palermitano, di quelli di cui essere orgogliosi. Io lo sono". E un po' anche noi. 

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