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Giovedì, 28 Marzo 2024
Salute

"L'accesso al fondo per gravi patologie sia più facile", l'appello dei medici

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

La grande sfida della Sicilia oggi è rendere disponibili a tutti i cittadini le nuove opportunità terapeutiche, ma serve un accesso più rapido alle risorse ministeriali destinate alla cura di alcune patologie gravi indicate dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Un'innovazione che promette molto, ma che costa anche molto alla sanità pubblica: 1200 milioni di euro per tre anni destinati ai pazienti oncologici e altrettanti 1200 per le altre malattie rare, ad oggi assorbiti quasi interamente dai malati affetti da epatite C e su cui la Sicilia incide per l'8%.

"Sono risorse a carico di un fondo ministeriale specifico e rese disponibili secondo una ripartizione regionale e solo per le patologie disposte dall'Agenzia. Ma i tanti allarmi sulla sostenibilità economica dei farmaci innovativi hanno reso necessario fare il punto sull'impiego delle risorse, le opportunità e le debolezze dell'intero sistema, valutando la possibilità di una programmazione diversa e più efficace in Sicilia, nel rispetto dei criteri di innovazione e sostenibilità". Così Toti Amato, presidente dei medici siciliani, all'avvio della prima tavola rotonda della giornata di lavori sui "Farmaci innovativi e sostenibilità della spesa", che si è svolta a Villa Magnisi, sede dell'Omceo della provincia di Palermo, allo scopo di individuare modelli economicamente sostenibili ma in grado di garantire a tutti le migliori terapie in tempi rapidi.

Tutti gli esperti hanno condiviso la prima debolezza del sistema già al primo stadio: i tempi di accesso alle risorse, dunque ai farmaci, sono più lenti per l'Italia rispetto agli altri Paesi europei, un ritardo che si aggrava ulteriormente per la Sicilia rispetto ad altre regioni per un farraginoso iter di recepimento.

A spiegare le procedure e lo scenario delle criticità nell'isola Roberto Bordonaro, segretario nazionale dell'Aiom, nonché componente del tavolo ministeriale per i farmaci oncologici innovativi: "Un farmaco oncologico innovativo arriva nella 'prima' regione italiana dopo due anni dall'approvazione dell'Agenzia europea del farmaco (Ema). Alcune Paesi, come la Germania lo recepiscono contestualmente, in Italia deve necessariamente passare da un secondo organo, l'Aifa, che ne fa una valutazione di appropriatezza e negozia le modalità di prezzo e di rimborso. Inoltre, per 17 regioni (tra cui la Sicilia) esiste un terzo livello gerarchico. Sono i prontuari terapeutici regionali, a cui devono essere sottoposte le molecole per potere essere disponibili alle aziende". Un terzo filtro che secondo Bordonaro andrebbe eliminato non solo perché i Prontuari non hanno gli spazi normativi per modificare le indicazioni dell'Aifa, ma anche perché i farmaci indicati dall'Agenzia come 'innovativi importanti e innovativi potenziali', secondo il decreto Balduzzi, dovrebbero entrare automaticamente a livello regionale, in quanto rappresentano livelli essenziali di assistenza e la loro indisponibilità lede il diritto dei pazienti alla migliore cura.

Inoltre, secondo il segretario Aiom, una volta che un nuovo farmaco viene inserito nel PTORS (Prontuario terapeutico/ospedaliero della Regione siciliana), le aziende sanitarie non possono in automatico erogarlo, ma servono altre procedure legate alla Centrale unica di committenza che si traducono in tempi sempre più lunghi e un aggravio economico per le casse regionali perché i pazienti si rivolgono ad altre strutture, incrementando il fenomeno della migrazione sanitaria e aumentando i costi indiretti. Una volta previsto nel Ptors, le aziende dovrebbero essere autorizzate ad avviare una gara per l’immediato approvvigionamento. 

Riguardo poi agli innovativi non oncologici, con particolare riferimento all'epatite C, l'Aifa ha stimato che curando 80mila pazienti l'anno, alla fine del triennio (che si chiude nel 2021), in assenza di un vaccino, in Italia l'epatite C sarebbe stata eliminata con i farmaci.

In Sicilia, secondo l'epatologo della rete HCV sicilia, Antonio Craxì "il sistema funziona ma va a rilento perché non riesce ad agganciare chi è più a rischio, come i tossicodipendenti, i soggetti particolarmente promiscui sessualmente, soprattutto i detenuti: il 30% di loro sono portatori e fonte di ridiffusione dell'infezione quando escono dalle carceri. Se non siamo efficaci nel trovare tutti i casi, non potremo eliminare l'infezione dalla Sicilia. Il contagio solo in Italia causa 20mila morti l'anno".

"In Italia - ha spiegato Craxì - si stimano circa 500mila portatori, di cui 160mila sono stati già curati grazie alle nuove terapie e 50-60 mila sono già noti, ma in attesa di essere curati. Dei 200mila che restano, molti non sanno di avere l'epatite C, e se lo sanno lo hanno rimosso. L'operazione Aifa ha funzionato, lo testimoniano i 160mila pazienti trattati, ma il processo è più lento del previsto. Bisognerebbe investire anche in screening un po' per tutti e in prevenzione con campagne di educazione sui comportamenti a rischio".

Considerato il grande interesse sul tema, il presidente Amato si è reso disponibile a fissare a stretto giro un altro incontro, questa volta aperto, oltre che al mondo medico e istituzionale, anche a cittadini, associazioni di pazienti, sindacati e alla stampa per rendere pubbliche valutazioni e suggerimenti su nuovo modello di governance dei fondi per gli innovativi.


 

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