Nuove strategie contro l'epatite C, in Sicilia il 97,5% dei pazienti trattati è guarito
In 5 anni è stato attivato un centro di riferimento per ogni provincia. Vito Di Marco, professore di Gastroenterologia al Policlinico: "Ora puntiamo a screening e terapia a detenuti e utenti Ser.D."
"La Sicilia come modello italiano contro la lotta all'epatite C". Lo racconta Vito Di Marco, professore di Gastroenterologia al Policlinico, che spiega come nell'Isola nel 2015 sia nata una Rete HCV proprio per curare le malattie di fegato determinate dal virus. "In 5 anni siamo riusciti ad attivare un centro per ogni provincia della Sicilia - spiega Di Marco- e a creare una vera integrazione tra specialisti del settore. E i risultati che otteniamo producono salute e ricerche che risultano fondamentali per il nostro lavoro".
Inizialmente la Rete HCV siciliana era composta da 21 centri hub, ma "oggi ce ne sono 32 abilitati alla prescrizione di farmaci antivirali, che raccolgono circa 18 mila pazienti di cui 16 mila già trattati. All'inizio la terapia era più complessa e decisamente più costosa, oggi invece i costi sono stati ridotti e la terapia è stata semplificata". I dati epidemiologici che ha raccolto la rete Hcv hanno permesso di suddividere la popolazione colpita dall'infezione in due coorti: i nati prima del 1960, che hanno contratto l'infezione perlopiù attraverso trasfusioni o in ambito familiare, e le persone nate tra il 1960 e il 1990, che nella maggior parte dei casi hanno contratto l'infezione con la tossicodipendenza. E proprio grazie a questa attività di diagnosi e cura messa in campo dalla rete, oggi la Sicilia registra un dato di grande valore: "Negli ultimi due anni - sottolinea Di Marco- siamo riusciti adeliminare l'epatite C nel 97,5% dei pazienti trattati. Il principio 'etico' su cui si basa la nostra rete è l'equità, ossia accesso alle diagnosi e alle cure per tutti i cittadini, anche per quelle categorie a rischio come i frequentatori dei Ser.D. o la popolazione carceraria della nostra regione".
Ed è su queste due categorie di persone che la rete siciliana sta avviando dei progetti significativi per contrastare la diffusione del virus: "Portare la terapia direttamente nei Ser.D. o nelle carceri e non i pazienti nei centri di cura - prosegue Di Marco - già lo scorso anno abbiamo realizzato un progetto pilota alla casa circondariale Pagliarelli per uno screening totale della popolazione carceraria. Da questo progetto sono emersi dei dati interessanti: circa il 5% dei carcerati è risultato positivo al virus; non è vero che gli extracomunitari sono i più colpiti all'infezione; il contagio colpisce in particolar modo, circa al 30%, coloro che facevano uso di stupefacenti. Il prossimo passo sarà fare uno screening all'interno del carcere all'intera popolazione carceraria della Sicilia e, se sarà possibile, anche degli agenti penitenziari, e offrire la terapia antivirale alle persone che hanno l'infezione. Questo progetto puo' ottenere la completa eradicazione dell'infezione dentro le carceri e renderle più sicuri".
Intanto a fine novembre il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha approvato un decreto che prevede lo screening nazionale gratuito per il virus dell'epatite C. "Un decreto molto importante - commenta il professor Di Marco - perchè prevede lo screening di tutte le persone nate tra il 1969 e il 1989, delle persone che frequentano i Ser.D. e dei detenuti. Ora bisognerà presentare i progetti per l'attuazione, ma siamo fiduciosi che la rete Hcv Sicilia, che da anni si occupa di combattere questo virus, sia coinvolta come partner per realizzare questi progetti".
A inizio 2021, invece, ripartirà in Sicilia Hand il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), con l'obiettivo di realizzare uno screening "a tutti i soggetti che svolgono terapia sostitutiva nei 5 Ser.D. della provincia di Trapani e nei 4 Ser.D. della provincia di Siracusa", e che servirà come modello "per documentare la prevalenza attuale dell'infezione da Hcv e per applicare nuovi modelli di gestione della terapia antivirale dei soggetti infetti". Grazie a questo progetto "avremo benefici di conoscenza, di cura e prevenzione - aggiunge ancora Di Marco - e inoltre arriveremo a eradicare l'infezione a partire dalla popolazione carceraria. In realtà in Sicilia un modello di eradicazione lo abbiamo già concluso: quello dei talassemici, che prima della scoperta del virus C facevano trasfusioni di sangue e avevano un'infezione da HCV in oltre il 50% dei casi Siamo riusciti a curare tutti".