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Corsa al Quirinale, è nebbia fitta: il Mattarella bis non potrà essere escluso fino all'ultimo

Il Capo dello Stato sarebbe preoccupato perché non vede le forze politiche pronte e disposte a trovare un accordo. Ecco quali sono i nuovi scenari

Il diretto interessato ha ribadito a più riprese di non essere interessato a un bis. Ha pure trovato casa in affitto a Roma. Ma c'è chi fa orecchie da mercante. "I partiti, tutti, prima di infilarsi in vicoli perigliosi chiedano a Sergio Mattarella un ultimo sacrificio: il Paese ha bisogno di continuità a tutti i livelli", dice Bruno Tabacci a Repubblica. L'ex Dc, uno che non parla mai a caso e fiuta gli umori dell'Aula come pochi, chiede apertamente che il Quirinale non cambi inquilino. Ecco quali sono i nuovi scenari di un Toto-Quirinale mai così incerto.

Totoquirinale: l'ipotesi Mattarella bis non tramonterà fino all'ultimo

Nella prossima elezione del capo dello stato "c'è un sovraccarico di responsabilità. Il taglio dei parlamentari già varato riduce a 675 il numero dei grandi elettori. Se si sceglie male o con prove di forza rischiamo che la nuova presidenza possa venire contestata per carenza di legittimazione". "Il punto è che non si può rinunciare, in questo momento, a una continuità istituzionale. La continuità, per me, significa che non possiamo giocarci né Mattarella né Draghi, gli uomini che hanno restituito dignità e rispetto al Paese, per fare un salto nel buio verso elezioni anticipate, verso un falso ritorno alla normalità", spiega. Fino all'ultimo, c'è da scommetterci, si alzeranno voci che chiederanno a Mattarella di aprire a una rielezione. Resta da capire se si tratterà solo di voci isolate e tutto sommato minoritarie come quella di Tabacci, oppure se anche uno dei partiti prinicipali inizierà a premere per il bis. Finora non è successo.

Mattarella sarebbe preoccupato perché non vede le forze politiche pronte e disposte a trovare un accordo per la principale carica di garanzia della Repubblica, secondo l'interpretazione di alcuni quotidiani, che rimarcavano nei giorni scorsi quanto fosse irrituale il continuo tornare dell'inquilino del Colle sulla sua volontà di lasciare il Quirinale. Nelle settimane scorse aveva rammentato "le sollecitazioni" di due ex capi dello Stato, Antonio Segni e Giovanni Leone, che proponevano la non rieleggibilità del presidente della Repubblica e l'abolizione del semestre bianco. E pochi giorni fa dopo la lectio magistralis del rettore della Sapienza, si cancellava di nuovo dal Toto-Quirinale con parole cristalline: "A poche settimane dalla conclusione del mio ruolo, delle mie funzioni di presidente della Repubblica, torno qui nell'università dove ho studiato".

A proposito di un'ipotesi di grande intesa come nell'elezione di Cossiga nel 1985, Tabacci spiega: "Il 'metodo De Mita' fu determinato da un'intesa fra grandi partiti di popolo come la Dc e il Psi, i cui segretari avevano tutti piena corrispondenza con i gruppi parlamentari. Oggi, diciamocela tutta, i leader di partito non comandano granché". Il toto-Quirinale torna anche oggi sui quotidiani: sarà una presenza quotidiana nei prossimi due mesi. Alessandro Di Battista propone dalle pagine del Corriere della Sera Gustavo Zagrebelsky: "Al Paese serve un amante della Costituzione", sostiene l'ex deputato.

Il quadro è chiaro: se Draghi dovesse apertamente aprire alla possibilità, non avrebbe rivali. Ma se - come probabile - non si esporrà, tutto può succedere e ogni partito ha esigenze differenti allo stato attuale delle cose. Draghi a Palazzo Chigi fino alla primavera 2023, data delle elezioni politiche se si arriverà a fine legislatura, è il miglior antidoto (l'unico) al voto anticipato. La paura di tanti big del M5S, (ma ci sono timori simili in altri partiti) si chiama infatti elezioni anticipate. Un voto anticipato tra 4-5 mesi non è una strada percorribile per il Movimento 5 stelle, che uscirebbe enormemente ridimensionato rispetto a ora da una tornata elettorale nazionale.

Un piano B, se saltasse l'ipotesi Draghi, già c'è. E' Giuliano Amato. L’ex premier e giudice costituzionale era il nome su cui, nel 2015, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi pensava di avere un accordo con Matteo Renzi, prima che l’allora presidente del Consiglio e segretario del Pd virasse su Mattarella. Oggi Amato, 83 anni compiuti, potrebbe contare su un sostegno trasversale. Anche per il centrodestra sarebbe un profilo di garanzia. E forse il nome di Amato è l'unico che potrebbe garantire la continuità della legislatura.

Forza Italia non abbandona il sogno Berlusconi

Il centrodestra non lo ha ancora deciso, ma avrà sicuramente un proprio candidato forte per il Quirinale, e il migliore possibile sarebbe Silvio Berlusconi. Lo ha affermato l'ex presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani (Fi), rispondendo alle domande di alcuni giornalisti a margine della sessione plenaria in corso a Strasburgo. "Le candidature si vedranno, è presto per parlarne. Se chiedete a me - ha detto Tajani -, il miglior candidato possibile è Silvio Berlusconi, che, come ha riconosciuto anche il Ppe, è un grande europeista, é colui che ha anche fermato il populismo. Quindi, non è che il centro destra e Forza Italia non abbiano la possibilità di avere un candidato europeista. Berlusconi è questa possibilità, lo dice anche la famiglia che ha fondato l'Unione europea: da questo punto di vista siamo tranquilli".

"Vedremo se Berlusconi deciderà lui di candidarsi. Per il momento non si è candidato. Se chiedete a me, il mio sogno nel cassetto è quello di vederlo presidente della Repubblica", ha insistito Tajani. Nel centrodestra, ha continuato, "non abbiamo parlato di nessun altro candidato, al momento opportuno si vedrà. Per il momento c'è ancora il presidente Mattarella". "Io esprimo la mia posizione personale, ma sono convinto che il centrodestra unito presenterà un proprio candidato, perché il centrodestra unito è oggi molto più forte rispetto al passato, anche perché possiamo contare su un numero notevole di rappresentanti delle regioni", ha concluso Tajani.

Quei silenzi eccessivi sul Toto-Quirinale

I silenzi che arrivano dai principali partiti sono tutt'altro che un atto di rispetto istituzionale secondo qualcuno. "Il nostro antico codice repubblicano dice che al Quirinale non ci si candida, semmai si viene candidati - scrive oggi Marco Follini, ex senatore centrista,  in una lettera alla Stampa .  E dunque prescrive agli aspiranti presidenti una condotta discreta e rispettosa della volontà altrui". "Mi permetto di osservare - nota - che la misura del silenzio tombale che ora sta andando per la maggiore appare davvero eccessiva e anche leggermente ipocrita. Infatti, in un contesto politico in cui tutti parliamo di tutto, e quasi tutti parlano troppo, pare perfino disdicevole lo spettacolo di candidati che schivano ogni domanda con la perizia dei grandi slalomisti, o tuttalpiù parlano per arcani e metafore, come fossero intenti a coltivare la loro fantasiosa spiritualità piuttosto che a rispondere delle loro umanissime ambizioni".

Follini chiede "di ridurre il divario tra il chiacchiericcio che corre nei palazzi e il racconto che se ne fa nei loro dintorni. Poiché se si continua a negare ogni ambizione, a tener coperta ogni carta, a fingere il disinteresse più inverosimile, si finisce poi per celebrare un rito di ipocrisia. Che è quanto sta avvenendo. E infatti, dietro certi silenzi si avverte più la ricerca di un vantaggio per sé che non l'adesione a un'antica regola istituzionale. Sono silenzi "operosi", come si sarebbe detto un tempo", chiosa. Un silenzio che non potrà reggere ancora a lungo.

fonte Today.it

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