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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

La condanna a Totò Orlando, in Consiglio comunale domina il garantismo: M5S unica voce fuori dal coro

Il numero uno di Sala delle Lapidi: "Ho agito con correttezza e buona fede, mi difenderò in tutte le sedi. Ringrazio l'Aula". Ma per i pentastellati dovrebbe dimettersi da presidente: "Questione di opportunità politica". Forello: "Sia il sindaco a fare un passo indietro". Catania: "Urla agli avversari innocenti, solidarietà contro gli amici colpevoli"

All'indomani della condanna a un anno e mezzo per tentata concussione inflitta al presidente del Consiglio Totò Orlando, a Sala delle Lapidi domina il garantismo. Quasi tutti i gruppi confermano la fiducia in Orlando: unica voce fuori dal coro è il Movimento 5 Stelle, che chiede le dimissioni da presidente ma non quelle da consigliere.

In apertura di seduta, Orlando ha voluto informare l'Aula dell'esito del processo di primo grado che si è concluso con la condanna emessa dalla terza sezione penale del Tribunale di Palermo. Orlando - che secondo i giudici avrebbe fatto pressioni per la nomina di Antonio Rera alla carica di responsabile dell'ufficio consulenza giuridico-amministrativa di Sala delle Lapidi, senza però riuscirci - si è rivolto all'Aula sottolineando "la soddisfazione di presiedere un Consiglio che in questi anni ha dimostrato grande maturità; che ha guardato alla costruzione come stella cometa, senza farsi trasportare dalle vicende giudiziarie in terreni scivolosi, tranne qualche voce discordante". 

"Ho lasciato fuori da questa Aula la mia vicenda personale - ha aggiunto il presidente Orlando -. Ho provato a guidare questo Consiglio difendendolo da attacchi di ogni tipo e penso di esserci riuscito. Credo che la mia attività sia stata improntata sempre all'interesse generale". Orlando, che non intende dimettersi, ha ribadito che farà appello contro la sentenza di primo grado: "Mi difenderò in tutte le sedi convinto di aver agito con correttezza e buona fede. Avevo convocato appositamente oggi, perché l’udienza era fissata per ieri. Grazie per il sostegno che mi avete dato in questi anni, al netto di piccoli screzi. Credo che la tenuta complessiva di quest’Aula, rispetto a temi importanti, sia da esempio per altre sedi". 

Da queste parole è nato un dibattito con interventi, per lo più delle minoranze (che ormai sono maggioranza in Consiglio), che ha fatto emergere posizioni garantiste. Secondo Ugo Forello (gruppo Oso), che oltre ad essere consigliere è anche avvocato, "la legge Severino consente al presidente Orlando di continuare a svolgere il suo ruolo". Una tesi, questa, che escluderebbe la decadenza o la sospensione per gli amministratori pubblici ritenuti colpevoli di determinati reati in via non definitiva. Al di là di come verrà interpretata la legge Severino, Forello rimanda a Orlando "la valutazione politica sull'opportunità di proseguire a fare il presidente del Consiglio".

Un minuto dopo sposta il tiro sul sindaco e i dirigenti convolti nell'inchiesta sulle presunte alterazioni dei bilanci del Comune, sostenendo che "dovrebbe essere Leoluca Orlando a fare un passo indietro, perché ci sono dei fatti certi e incontestabili: per anni questo Comnune ha volutamente gonfiato le entrate. Eravamo in deficitarietà strutturale e il Consiglio comunale è stato indotto in errore dal 2017 a oggi, con atti i cui conti erano sballati. Non ci vuole una sentenza di condanna per questi fatti e mi domando come sia possibile proseguire un rapporto di fiducia tra consiglio e amministrazione". 

L'assessore Giusto Catania replica a distanza tramite Twitter: "Urla sguaiate contro gli avversari indagati o (addirittura!) innocenti; silenzio o solidarietà contro gli amici colpevoli. Questo non è garantismo. Si chiama doppia morale e rappresenta un danno grave alla politica".

Mentre il M5S chiarisce così la sua posizione: "Siamo stati l'unico gruppo - ha detto Antonino Randazzo, intervenuto in Aula dopo la capogruppo Viaviana Lo Monaco - che si è espresso per le dimissioni del presidente. E' secondo noi una questione di opportunità politica, in quanto il reato che ha commesso si è consumato dentro la Pubblica amministrazione".

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