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Toto assessori, Musumeci avvisa i partiti: "Sulla mia giunta decido io"

Si stringe il cerchio sulla squadra che andrà a comporre il governo regionale, con il nepresidente costretto ad affrontare pressing e malumori che arrivano dalle varie anime della maggioranza. I certi sono Armao, Lagalla e Sgarbi. Dentro anche Pappalardo, Cordaro e Falcone

Gli unici nomi certi per il nuovo governo regionale sono quelli di Gaetano Armao, Roberto Lagalla e Vittorio Sgarbi, mentre per le altre caselle il nuovo presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci si è preso ancora qualche giorno, che dovrà vivere tra i malumori più o meno manifesti delle varie anime che compongono la maggioranza. Il Governatore sa di dovere fronteggiare i mugugni che arrivano dal centrodestra, ma in un’intervista pubblica con il direttore di Panorama ha chiarito: “Ho grande rispetto per i partiti, tutte le forze politiche avranno il diritto di offrirmi una rosa di candidati. Se dovrò sceglierne due chiederò quattro nomi e sarò io a valutare chi potrà essere candidato migliore a far parte della mia Giunta”.

Musumeci stringerà il cerchio in meno di una settimana, ma vuole il tempo necessario per prendere con serenità le proprie decisioni. “Non conosco vita morte e miracoli di tutti, non sempre gli uomini politici e i partiti sono dotati di strumenti conoscitivi particolari, ci muoviamo su terreno minato, ma se dovessero emergere problemi inviterò gli eventuali interessati ad andarsene o provvederò io stesso. Io mi gioco la credibilità”. Quanto ai nomi: “L’unico tecnico, suggeritomi da Berlusconi, è il professor Armao al quale offerto la vicepresidenza. Poi ci saranno il professor Lagalla, già rettore dell’università, e il geniale Vittorio Sgarbi che conosce patrimonio culturale siciliano come nessun altro tra i non siciliani. Starà forse due o tre mesi, ma lo faremo lavorare per fargli dare il massimo”. In realtà da giorni circolano altri nomi su chi andrà a comporre la squadra di governo. Tra questi quali di Sandro Pappalardo, Marco Falcone, Bernadette Grasso, Paolo Inglese, Totò Cordaro e Girolamo Turano. Qualche dubbio su Ester Bonafede, che vorrebbe entrare in giunta. 

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Una lunga intervista quella rilasciata oggi dal Governatore che ha dichiarato di volere restituire funzioni e dignità alle Province, e durante la quale non è mancato il tempo di parlare del tema dei cosiddetti impresentabili: “Se i siciliani si sentono delusi della politica – ha detto, alludendo ai risultati di un’indagine demoscopica della Mondadori - hanno ragione ma io mi sento deluso dagli elettori siciliani perché il ceto politico non è altro che lo specchio di una società. Ognuno in cabina elettorale scrive un nome e un voto, senza alcuna pistola puntata alla tempia. Se voti per i mascalzoni, te li ritrovi eletti, se voti per le persone perbene è chiaro che ti trovi un ceto politico di persone perbene. Noi politici siamo il risultato, voi elettori siete la causa, non perdiamo di vista questo dato. Voi comandate la domenica, noi siamo sul giornale il lunedì”.

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Poi, con una dissertazione sul dialetto siciliano quale sinonimo dell’attitudine degli abitanti dell’Isola, ha detto: “Noi siamo un popolo rassegnato, nel nostro dialetto non esiste il tempo futuro. Noi non abbiamo la coniugazione al futuro. Per dire: ‘domani andrò a Catania’, noi diciamo: ‘domani sugno o vaio a Catania’, al tempo presente. Ci è stato impedito di progettare, ci hanno fatto diventare rassegnati a vivere nell’aridità del pane quotidiano e questo per migliaia di anni si è trasferito di padre in figlio”. Ma come fare allora, la ‘buttanissima Sicilia’ della provocazione letteraria a diventare ‘bellissima’, come nello slogan elettorale di Musumeci? “Intanto le due cose non sono in contraddizione - ha risposto scherzando - ma in realtà bellissima fuori lo è già, deve diventarlo dentro. Era già chiaro nell’auspicio di Paolo Borsellino alla vedova Schifani, quando le disse di non andare via, ‘un giorno vedrai che la Sicilia diventerà bellissima’, e dieci giorni dopo fu ucciso. La Sicilia si gioca tutto in questi 5 anni. O sprofondiamo del tutto o comincia la ripresa, lenta ma inesorabile, che ci occorre. Io ce la metto tutta ma ho bisogno di ciascuno di voi”.

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