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Giovedì, 18 Aprile 2024
Verso le comunali

La corsa a sindaco di Totò Lentini, palermitano verace che sfida i professori: "Oggi serve un figlio del popolo"

Il candidato autonomista, nato ad Altarello e cresciuto nella Dc mattarelliana, si presenta con Alleanza per Palermo. "Nel 2017 Orlando mi ha fatto una 'rapina', ora puntiamo al 15%. Faraone e Lomonte facciano squadra con noi". Lagalla, Miceli e gli altri? "Nessuno sta sul territorio". La ricetta per il Comune: "Certi servizi vanno privatizzati"

La sua stanza, nel comitato elettorale di piazza Sturzo, è tappezzata con le fotografie dei "grandi" della Democrazia cristiana: don Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Piersanti e Sergio Mattarella.

Lui, Salvatore Lentini - per tutti Totò - il mito dei politici della Prima Repubblica (quelli della sua Dc) ce l'ha ancora. E fa il paio con il suo essere verace, diretto, palermitano che più palermitano non si può.

Il ragazzo di borgata, from Altarello, che militava nella corrente del ministro Ruffini, che poi è diventato mattarelliano (lo è tutt'ora) e adesso si è messo in testa di fare il sindaco, non teme i nomi blasonati e nemmeno i professori della politica (ogni riferimento a persone non è puramente casuale). Perché Totò Lentini fa politica da una vita, è rodato nella ricerca del consenso e soprattutto, dice, "so parlare alla gente, quella delle periferie, delle fasce sociali più disagiate". 

Il dialetto che apre le porte, e forse anche i cuori, del popolo è il suo marchio di fabbrica. In questa campagna elettorale è sicuramente quello che ha macinato più chilometri di tutti, da una punta all'altra della città. All'antica. Il primo a scendere in strada, tra i primi a uscire coi manifesti (in maniche di camicia), tra i pochi ad avere un programma definito. E' nel suo sito internet, dove ci sono pure le leggi regionali che portano la sua firma: "Ne ho fatte otto", rivendica con orgoglio il capogruppo dei Popolari e Autonomisti all’Ars, che assieme a Raffaele Lombardo (leader dell'Mpa) lavora a un'intesa con Italia Viva.

"Vogliamo provare a fare sintesi - conferma Lentini - con chi si colloca nell'area riformista, popolare e autonomista. Cioè i renziani, che hanno candidato Davide Faraone, ma anche gli indipendentisti e il popolo della famiglia, che puntano su Ciro Lomonte. Io auspico che questi partiti facciano squadra con Alleanza per Palermo".

Nel 2017 Alleanza per Palermo sosteneva Orlando e per un soffio la lista non ha superato lo sbarramento. Cinque anni dopo Alleanza per Palermo c'è ancora ma non è più con il centrosinistra. Perché? Cosa è successo nel frattempo?
"Dopo la chiusura della campagna elettorale, il sindaco eletto non mi ha ringraziato né si è degnato di incontrarmi. Quella del centrosinistra e di Orlando è stata una 'rapina' a sfregio del popolo che avevo convinto a votare per lui. La mia squadra però non si è mai fermata, motivo per cui in questa tornata elettorale Alleanza per Palermo - movimento di iniziativa popolare - si misurerà di nuovo alle urne".

Qual è l'obiettivo che vi siete dati? Lei sarà candidato solo come sindaco o anche al Consiglio? Quante liste presenterete?
"Oltre ad Alleanza per Palermo, presenteremo un'altra lista che si chiama Palermo città europea. Mentra la prima è una lista che ha già cinque anni di esperienza, in quest'altra punteremo su giovani e persone che non sono mai state candidate. Un vivaio politico che vuole portare al Comune un cambiamento radicale. Il nostro obiettivo è raggiungere complessivamente il 15%. Io sarò il candidato sindaco e anche il capolista di Alleanza per Palermo. Puntiamo anche sul voto disgiunto di chi, soprattutto nel centrodestra, non vuole sostenere candidati sindaci calati dall'alto". 

Giovedì Raffaele Lombardo era a Palermo per la cena di autofinanziamento che lei ha organizzato a villa De Cordova. C'è chi dice che sia venuto anche per convincerla a ritirare la candidatura e convergere su un nome unico del centrodestra. E' così?
"Davanti ad una platea di 250 professionisti - medici, ingegneri, notai, imprenditori, insegnanti - Lombardo ha preso atto che non c'è alternativa alla mia candidatura. Io vado avanti, così hanno chiesto le persone che erano presenti e tutte quelle che credono in me. Si sono convinti pure i vertici dell'Mpa: dal commissario regionale Di Mauro all'assessore regionale al Lavoro e alle Politiche sociali Scavone. Il ragionamento è semplice, il centrodestra non ha un nome condiviso e non c'è più tempo da perdere. Fra un mese si presentano le liste. Noi ci siamo e se altri soggetti politici, come i Riformisti e popolari o i Siciliani Liberi, convergono su di noi possiamo andare oltre le aspettative".

E con il centrodestra che succede?
"Con il centrodestra ci vedremo al ballottaggio, se lo riterranno opportuno. Intanto facciamo le 'primarie' al primo turno. Tre mesi fa io le avevo chieste e nessuno mi ha dato retta, né a me né all'Mpa".

Perché Lagalla (che recentemente ha incassato l'endorsement di Dell'Utri), come lei stesso ha già dichiarato, non può farcela? E di Miceli e gli altri candidati che ne pensa?
"Non vi è dubbio che il professore Lagalla sia una persona perbene e competente, ma in questo momento non è idoneo a fare il sindaco. Palermo è una città che ha mille problemi, le periferie sono delle 'polveriere'. Ci vuole qualcuno che sappia parlare con il popolo, per farli ragionare e dare una speranza di cambiamento. Il rischio di tensioni sociali è concreto. La situazione rifiuti è fuori controllo, i quartieri sono da bonificare, le strade sono piene di buche e mancano i servizi minimi. Ci vuole una sorta di mediatore: solo chi è un figlio del popolo capisce il popolo. Dopo tanti anni di attività politica c'è bisogno di qualcuno che sia in grado di intercettare i bisogni di tutti. Ho dimostrato di avere dalla mia parte anche la borghesia: la manifestazione di giovedì a villa De Cordova lo conferma. I ceti medio-alti vogliono concretezza dalla politica. Miceli e gli altri candidati non stanno sul territorio, sono totalmente assenti. Si tratta di candidature calate dall'alto. Mi sarei aspettato che il centrosinistra schierasse qualche politico in attività e invece niente. Nel centrodestra, da Varchi a Scoma, poi ci sono al momento in campo personaggi che negli ultimi anni nessuno ha mai visto tra la gente e che non sono mai entrati nel dibattito politico. Ma chi li conosce?".    

Lei dice di essere un figlio di Palermo, un uomo del popolo e dunque ritiene di conoscere meglio i problemi della città. Per fare il sindaco però serve anche una conoscenza della macchina comunale e bisognerà fare letteralmente i conti con un bilancio in rosso. Da dove cominciare? 
"La priorità sono i servizi e per erogarli in maniera efficiente servono risorse. Per risanare i conti del Comune, occorre tra le altre cose privatizzare la raccolta differenziata, la manutenzione di strade e marciapiedi, ma anche mettere a reddito i beni culturali di proprietà comunale. Palazzo delle Aquile deve inoltre incrementare le entrate, risultato che non si raggiunge solo alzando le tasse ma introducendo servizi a pagamento, penso ad esempio ai parcheggi intermodali. Nel mio programma ne sono previsti due: un multipiano tra via Alassandro Paternostro e via Dante; uno sotterraneo a piazza Sturzo. Porterebbero lavoro e soldi per il Comune, che li darebbe in concessione avendone un ritorno sulla vendita dei biglietti. Per quanto riguarda il bilancio, bisogna mettere in piedi un accordo con lo Stato mirato ad ottenere aiuti che non pesino sulle tasche delle famiglie e delle imprese. L'accordo di Orlando è tutto da rifare. L'amministrazione comunale di Palermo deve avere la possibilità di chiedere un prestito, in parte a fondo perduto, con un progetto vincolato a determinati obiettivi: l'aumento della riscossione delle entrate, l'evasione delle pratiche di sanatoria edilizia in giacenza, l'incremento nelle vendite di biglietti e abbonamenti del trasporto pubblico e così via...".  

Che eredità lascia Orlando? 
"Negli ultimi anni è stato un disastro. Orlando ha fallito come amministratore e come politico. Basta farsi un giro ai Rotoli e vedere quante sono le bare in deposito. Mi limito solo ad aggiungere che l'amministrazione uscente ha determinato uno squilibrio nel bilancio e, rispetto ad altre città come Napoli e Torino, ha avuto solo briciole per risanare i conti. Questo è anche un fallimento politico, perché significa che il sindaco non è stato interlocutore credibile agli occhi del governo nazionale. Vero è che parte degli assessori sono stati incapaci di coadiuvare Orlando, ma è altrettanto vero che il sindaco in questi anni non ha saputo costruire una classe dirigente tale da portare avanti un lavoro importante come quello che serve al Comune di Palermo".    

Con Orlando avete però una cosa in comune: siete entrambi mattarelliani...
"Essere mattarelliani significa credere negli ideali di democrazia e di vicinanza agli ultimi. Significa ripartire dall'esempio di don Sturzo, riscoprire i valori cristiani, la famiglia, stare vicini ad una chiesa in prima linea nella lotta alle diseguaglianze, 'accarezzare il popolo'. Oggi il Covid ci ha portato ad una condizione che, con le dovute proporzioni, è da dopoguerra. Dobbiamo ricostruire. Orlando ha tradito le aspettative, ora tocca ad altri. Chi viene da quella scuola sa cosa fare". 

Lei ha cambiato diversi partiti negli ultimi anni: c'è chi l'ha additata di essere un trasformista. Cosa risponde?
"Io non ho mai cambiato casacca, sono i partiti che si sono venduti e hanno tradito gli elettori". 

Non è però che nella sua ormai ventennale carriera politica si è un po' imborghesito? E' sempre il Totò Lentini di Altarello o è diventato il Totò Lentini di via Libertà?
"No, sono sempre un ragazzo di borgata. Vivo le periferie, anche se abito in centro città. Però quattro mesi all'anno torno nel mio quartiere, d'estate infatti sto nella mia villetta di Boccadifalco. Frequento i vecchi amici, che considero fonte di ispirazione perché mi fanno comprendere i bisogni della gente. Non mi sono imborghesito". A confermarlo è anche Paola, la sua signora, con un'incursione a fine intervista: "Totò è cresciuto molto, sia culturalmente che politicamente ma nell'animo rimane puro e non smette mai di sognare. Anche se ha 62 anni, ha la testa e il cuore di un ventenne".  

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