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Covid, in Sicilia il censimento dei lavoratori non vaccinati: scontro tra Musumeci e garante della privacy

Il governatore ha firmato un'ordinanza che consente la ricognizione del personale (non sanitario) che non è immunizzato e la sua destinazione ad attività senza contatto col pubblico. Il provvedimento non piace all'Autorità che invita ad apportare delle modifiche. Netta la replica da Palazzo d'Orleans: "Preoccupazioni infondate"

E' legittimo censire i lavoratori che non si sono sottoposti alla vaccinazione antiCovid e invitarli a immunizzarsi? Su questa tema si stanno scontrando il garante della privacy, Pasquale Stanzione, e il presidente della Regione, Nello Musumeci. Per il primo si potrebbe ravvisare una violazione della privacy, per il secondo invece la priorità è la protezione sanitaria dei cittadini.

Il governatore siciliano, con un'ordinanza firmata lo scorso 7 luglio, ha previsto che le Asp provvedano "mediante apposito interpello a tutti gli Enti pubblici operanti nel territorio, alla ricognizione aggiornata del numero dei dipendenti che non si sono ancora sottoposti alla vaccinazione. Analoga attività ricognitiva viene condotta con riferimento al personale preposto ai servizi di pubblica utilità e ai servizi essenziali, nonché agli autotrasportatori e al personale delle imprese che assicurano la continuità della filiera agro-alimentare e sanitaria e agli equipaggi dei mezzi di trasporto". E inoltre "tutti coloro che nell’esercizio dei propri compiti d’ufficio si trovino ad instaurare contatti diretti con il pubblico vengono formalmente invitati, per il tramite dei datori di lavoro, a ricevere la vaccinazione. Per l’ipotesi di indisponibilità o di rifiuto di sottoposizione a vaccinazione, il datore di lavoro pubblico provvede, nei modi e termini previsti dal contratto di lavoro di categoria, ad individuare per l’interessato una differente assegnazione lavorativa, ove possibile, che non implichi il contatto diretto del lavoratore con l’utenza esterno".

Per il Garante, in assenza di interventi correttivi, le indicazioni contenute nell'ordinanza possono violare le disposizioni del Regolamento europeo e del Codice privacy: "Tali trattamenti relativi allo stato vaccinale del personale non previsti dalla legge statale, introducono, di fatto, un requisito per lo svolgimento di determinate mansioni su base regionale, generando una disparità di trattamento rispetto al personale che svolge le medesime mansioni sull’intero territorio nazionale". Il Garante precisa poi che "L’ordinanza prevede, inoltre, trattamenti generalizzati di dati relativi allo stato vaccinale dei dipendenti, anche da parte del medico competente, non conformi alla disciplina in materia di protezione dei dati e alla disciplina in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Considerata poi la delicatezza delle informazioni trattate e le possibili conseguenze discriminatorie in ambito lavorativo, il coinvolgimento dei datori di lavoro, previsto dall’ordinanza, in assenza di misure tecniche e organizzative può porsi in contrasto con le norme nazionali che vietano ai datori di lavoro di trattare informazioni relative alla salute, alle scelte individuali e alla vita privata dei dipendenti".

Netta la replica di Musumeci. "Mentre - si legge in una nota - sulle colonne del Corsera un autorevole giuslavorista come il professor Ichino rivendica l’esistenza di norme nazionali che possono determinare perfino il licenziamento dei lavoratori, misura francamente sproporzionata, il Garante per la protezione dei dati personali si preoccupa di possibili, quanto inesistenti, lesioni alla privacy derivanti dall’invito alla vaccinazione dei datori di lavoro ai loro dipendenti. Si tratta di un atto giuridicamente non condivisibile, da parte di chi evidentemente non si rende conto di cosa sia una pandemia e come meriti protezione una Regione che non può permettersi nuove chiusure, senza mettere definitivamente a rischio l’economia e, quindi, il lavoro di migliaia di persone e la salute pubblica".
 
Musumeci sottolinea poi che "Lo stesso professor Ichino evidenzia come non serva una norma nazionale per agire sui lavoratori, perché esiste già l'articolo 2087 del Codice civile che, in combinato disposto con gli articoli 15 e 20 del decreto legislativo 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), affida proprio ai datori di lavoro il compito di “adottare tutte le misure consigliate dalla scienza, dalla tecnica e dall'esperienza idonee a ridurre al minimo, se non azzerare, ogni rischio per la sicurezza e il benessere fisico e psichico del lavoratore”.
 
"Peraltro, proprio nei giorni in cui da Roma vengono chieste informazioni ben più penetranti sul mondo della scuola e in procinto di emanazione del nuovo decreto annunciato dal Governo nazionale – conclude Musumeci - le preoccupazioni avanzate sono infondate e del tutto apodittiche".

Il testo dell'ordinanza regionale 75 del 7 luglio 2021

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