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Sciopero della fame a staffetta per chiedere "una carcerazione più umana": anche Cuffaro aderisce

L'iniziativa radicale e non violenta, partita il 16 agosto scorso dalla presidente di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini per fermare l'ondata di suicidi nei penitenziari, in Sicilia ha mobilitato alcuni esponenti politici, fra i quali la responsabile per i Diritti umani della Dc Eleonora Gazziano 

Sciopero della fame a staffetta per chiedere "una carcerazione più umana" e "la salvaguardia dei diritti dei detenuti". L'iniziativa radicale e non violenta, partita il 16 agosto scorso dalla presidente di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, per fermare l’ondata di suicidi che si sta verificando nelle carceri italiane (58 dall'inizio dell'anno), in Sicilia ha mobilitato alcuni esponenti politici, fra i quali la responsabile per i Diritti umani della Dc Eleonora Gazziano. 

“Nelle ultime 12 ore - spiega Gazziano - sono stata contattata dal padre di Roberto il ragazzo che al carcere Pagliarelli ha tentato di suicidarsi per tutte le volte che le sue richieste lecite sono state disattese, e da Salvina una delle molte madri col cuore dilaniato dalla sofferenza per il proprio figlio, un ragazzo detenuto in Sicilia per omicidio. L'amnistia e l'indulto sono le loro richieste, ed io purtroppo mi sento talmente impotente da ritenere che l’unica azione giusta sia aderire al digiuno di dialogo intrapreso da Rita Bernardini già da oltre 20 giorni. Digiunerò per 24 ore a partire dalla mezzanotte di oggi ed invito tutti cittadine e cittadini, candidati e non, a farlo".

La scelta è stata condivisa anche dal commissario regionale del la Dc, Totò Cuffaro, che digiunerà dalla mezzanotte di oggi fino a quella di domani: "Mi associo all'appello della responsabile per i diritti umani della Dc, Eleonora Gazziano, e digiunerò per 24 ore perché possa esserci una carcerazione più umana e perché possano essere salvaguardati i diritti di tutti i detenuti".

Un digiuno che intende dare corpo e voce a chi in prigione continua ad essere solo un numero. Cittadini detenuti così disperati da scegliere la morte perché privati dell’attenzione necessaria nel percorso di reinserimento previsto dalla Costituzione.

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