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Coltivazioni di cannabis in Sicilia, la vice presidente dell'Ars Foti ci riprova

La deputata regionale di Attiva Sicilia, dopo l'impugnativa dell'articolo 57 della scorsa Finanziaria, ha annunciato l'intenzione di riproporre al parlamento siciliano una norma, concordata con Roma, per consentire la produzione di erba a scopo terapeutico. "Non ci si può arrangiare sul balcone di casa", dice

Coltivazioni di cannabis “sorvegliate speciali” da realizzare in varie aree della regione per distribuire poi l’erba ai cittadini siciliani che ne hanno bisogno per uso terapeutico. La Sicilia ci aveva già provato, con la scorsa Finanziaria regionale, poi però la Presidenza del Consiglio ha impugnato la norma perché travalicava le competenze statutarie. Ma la vice presidente dell’Ars, Angela Foti, del gruppo Attiva Sicilia, non vuole perdere questa occasione e annuncia l’intenzione di riprovarci, forse già con la prossima legge di stabilità regionale.

“C’è grande attesa da parte del mondo dell’imprenditoria agricola per questa possibilità - spiega. – Se lo Stato non può non garantire il diritto alla salute, bisogna produrre il farmaco e renderlo disponibile per chi ne ha davvero necessità. Non ci si può arrangiare sul balcone di casa, con tutti i rischi connessi”.

L’articolo 57, quello impugnato lo scorso giugno, era stato approvato all’unanimità dal parlamento regionale e consentiva l’avvio di progetti per la fornitura di cannabis terapeutica, sotto il controllo di enti dell’assessorato all’Agricoltura, come l’Esa, per “sopperire alle richieste derivanti dal fabbisogno accertato dalle Autorità Sanitarie nazionali di produzione della Cannabis terapeutica”.

Per la Foti, “ora è necessario dialogare con Roma e scrivere un nuovo testo che sia blindato rispetto al rischio di impugnativa”. Una determinazione, quella della vice presidente dell’Ars, che passa anche dall’impegno attivo per la campagna referendaria per la cannabis che l’ha vista partecipare anche all’incontro di promozione e divulgazione che si è svolto al giardino dei Giusti, in via Alloro a Palermo. Referendum che sta diventando un caso politico. Nonostante siano state raccolte ben più di 500 mila firme, a due giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle sottoscrizioni, la consultazione popolare è a rischio: sono più di mille, infatti, i comuni di tutta Italia che non hanno ancora associato alle firme digitali i certificati elettorali dei soggetti che hanno firmato. Un atto necessario per renderle valide. Per l'associazione Luca Coscioni, tra i promotori del referendum, è partita la corsa contro il tempo, nella speranza che possa arrivare almeno una proroga per la consegna.

“Ha fatto bene il presidente dell’Anci Antonio Decaro a richiamare i comuni sulla necessità di mandare quanto prima le firme certificate per il referendum cannabis - dichiara Fabrizio Ferrandelli, membro della direzione di Più Europa, e del direttivo nazionale Anci. - L’eccesso di burocrazia, la mancanza di personale adeguato nella macchina amministrativa dei comuni e, più in generale, l’inadeguata pubblicità dei mezzi di informazione producono un vero e proprio ostacolo all’esercizio di questo strumento democratico da parte dei cittadini. Come Più Europa continueremo con ogni mobilitazione possibile affinché i comuni rispettino la volontà di oltre mezzo milione di cittadini che vogliono legalizzare la cannabis".

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