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Elezioni, arrivano gli indipendentisti: "Lo Zen va demolito e ricostruito"

Il candidato sindaco di "Siciliani Liberi" sarà l'architetto Ciro Lomonte. L'annuncio è arrivato dal presidente Massimo Costa, che promette rivoluzioni sul piano urbanistico: "Palermo costruita male"

Amministrative, scendono in campo gli indipendentisti. Il candidato sindaco di "Siciliani Liberi" sarà Ciro Lomonte. L'annuncio è arrivato dal presidente Massimo Costa, durante un forum organizzato dall'Italpress. Nel corso dell'incontro è stato illustrato il programma politico. Si punterà sull'urbanistica: "Palermo è stata costruita male - ha detto il presidente Massimo Costa -. C'è bisogno di un ripensamento globale della città, per cinquant'anni abbiamo puntato sul cemento armato. Ad esempio l'architetto Lomonte anni fa fu autore insieme ad altri di un progetto di demolizione e ricostruzione ex novo dello Zen. Basta con la logica degli ambienti ghetto: bisogna rivalutare i quartieri". L'idea è quella di trovare i fondi attraverso il project financing, "attraverso una leva fiscale favorevole. Si possono chiamare i privati da tutto il mondo".

“Siciliani Liberi”, nuovo movimento indipendentista, punta forte sull’autodeterminazione. Le idee? Dalla regionalizzazione della magistratura alla ricostituzione dell’Alta Corte; dal trasferimento alla Regione dell’Agenzia delle Entrate ad una moneta aggiuntiva in Sicilia; da una notevole revisione della intensità fiscale a pesanti collocamenti finanziari nelle infrastrutture e, ancora, al rilancio del sistema scuola a 360 gradi. "Palermo può rappresentare il laboratorio di un progetto più vasto - dice Lomonte -. A Palermo, da tempo, si moltiplicano soltanto pub, ristoranti e B&B: bisognerebbe invece avere la capacità di immaginare ben altro. Palermo, dopo le stragi del 1992, sembra essersi scrollata di dosso il mito romantico della mafia che protegge dallo Stato. Sono stati fatti passi avanti importanti nel risveglio delle coscienze. Però c’è una borghesia distaccata dai problemi del vivere quotidiano della città e sembra che stia li, ferma, ad aspettare un deus ex machina, senza sentirsi coinvolta o avvertire l’esigenza di impegnarsi e lottare per la propria città e per la propria isola».

Mancanza di orgoglio, sottolinea Lomonte. "Siamo la quinta metropoli d’Italia, abitata da una strana “mescolanza” – costituitasi in gran parte dopo la seconda guerra mondiale – che non sente l’orgoglio di un’appartenenza. Quanti sono davvero fieri di essere palermitani? La gente di Napoli è fortemente orgogliosa della propria identità, a Milano e Torino ci sono molti meridionali che si sono perfettamente integrati lì. Anche per questo qui manca la capacità di valorizzare l’eccezionale patrimonio artistico e culturale di una città che i cittadini non sentono davvero propria. Gli stranieri mi dicono spesso che Palermo è una città straordinariamente bella sino all’Ottocento, mentre le parti edificate successivamente sono orribili. Investire sull’architettura potrebbe creare il volano per dare nuova linfa vitale all’economia di Palermo".

Imperativo: ripartire dalla bellezza. E recuperare la “sicilianità” per attirarei turisti. "Noi abbiamo i migliori artigiani del mondo, che hanno sempre realizzato manufatti straordinari - continua Lomonte -. La loro arte può rappresentare la base dello sviluppo futuro della Sicilia. Il Duomo di Monreale attualmente vanta circa 400 mila visitatori all’anno, un dato che è ridicolo confrontandolo con l’eccezionale bellezza di quel luogo. Ma cosa si può pretendere di più se tra Palermo e Monreale c’è solo un autobus ogni ora e mezza? I parcheggi poi sono onerosi, senza alcun servizio, nessun incentivo all’uso e nessun collegamento specifico per anziani e diversamente abili. Palermo ha artigiani straordinari che potrebbero convogliare qui l’attenzione di turisti e compratori. Dispiace e suscita amarezza il disinteresse dell’amministrazione pubblica per le strade dei mestieri e dei mercati nel centro storico di Palermo. L’incuria ha favorito l’occupazione di intere aree da parte di extracomunitari. Questa non è multiculturalità. L’integrazione si opera sulla base di una forte valorizzazione delle tradizioni locali.

Lomonte "rispolvera poi l'urbanistica dei "cinque minuti a piedi". "Le città contemporanee - dice - sono concepite con la logica delle distanze enormi tra casa e lavoro, abitazione e servizi. Bisognerebbe invece che i quartieri fossero autosufficienti, per esempio consentire ai bambini di poter giocare per strada come accadeva in passato. L’urbanistica del Novecento ha stravolto tutto. Occorre riproporre criteri di armonia e di vivibilità e di integrazione delle attività quotidiane".

E il presidente Massimo Costa pensa in grande. Ovvero: indipendenza siciliana e moneta unica per l'Isola. "Vogliamo che l'Italia riconosca alla Sicilia lo status di Zona Economica Speciale - dice Costa all'Italpress -. Il nostro obiettivo è portare in Sicilia l'Irpef al 20 per cento e l'Iva al 10 per cento. A livello regionale però questo non basta. Siamo fermamente contrari alle degenerazioni della globalizzazione", che si chiamano, ad esempio, "Ttip e moneta unica". "Un settore che deve rimanere pubblico, e che oggi non lo è, è l'emissione della moneta. C'è bisogno di una lunga fase intermedia di transazione con una moneta complementare regionale. L'abbiamo già brevettata: un certificato di credito fiscale valido solo in Sicilia da usare al fianco dell'euro, che dovremmo comunque tenere per molti anni. Non si può continuare ad andare in una direzione che ha portato all'invasione di prodotti di scarsa qualità in concorrenza con i prodotti siciliani di eccellenza. I partiti italiani a Bruxelles non ci rappresentano e ci fanno invadere dall'olio tunisino e dal mandarino marocchino".

Poi sull'indipendenza: "Non è vero che la Sicilia vive sulle spalle dell'Italia, piuttosto il contrario. Il fallimento dell'autonomia si deve alla sua mancata attuazione e ad una classe dirigente inqualificabile. L'unica soluzione è l'emancipazione definitiva. L'indipendenza non va intesa in termini folcloristici: non vogliamo andare fuori dall'Italia, dall'Europa o dalla Nato. Puntiamo prima a una fase intermedia per un decennio o un quindicennio con un autonomismo confederale temporaneo per poi arrivare ad un ampio confederalismo. Siamo un popolo nato libero e dobbiamo pensare in grande, ricostruendoci come un paese europeo normale, come l'Irlanda, la Lituania o la Croazia". 

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