"Reality", lo spettacolo per la rassegna Scena Nostra sul palco dello Spazio Franco
Nel dicembre del 2012 Daria Deflorian vince il Premio Ubu come miglior attrice protagonista per lo spettacolo Reality, una piccola ma grande opera immersa nella cultura russa del Novecento, creata con Antonio Tagliarini a partire dal reportage omonimo di Mariusz Szczygie?, tradotto nel 2011 da Marzena Borejczuk (Nottetempo).
Venerdì 3 maggio, alle ore 21:15, Reality sarà in scena allo Spazio Franco, Cantieri Culturali della Zisa. Lo spettacolo è un evento speciale, inaugura un nuovo esperimento intitolato “Fuoriscenanostra” che, legato alla rassegna Scena Nostra, si apre alla scena nazionale e rimane un momento di messa a fuoco della drammaturgia contemporanea. Deflorian/Tagliarini è una coppia artistica che dai primi anni 2000 si distingue sui palcoscenici italiani per una qualità performativa importante, sviluppata a stretto contatto con l’arte visiva, e per un’attitudine alla ricerca.
Reality è realtà, reality senza show, senza pubblico. La storia di Janina Turek, polacca, è la storia di una donna anonima e unica, speciale e banale, che ha fatto del quotidiano il suo orizzonte. Per oltre cinquant’anni Janina Turek ha annotato minuziosamente ‘i dati’ della sua vita: quante telefonate a casa aveva ricevuto e chi aveva chiamato (38.196); dove e chi aveva incontrato per caso e salutato con un “buongiorno” (23.397); quanti appuntamenti aveva fissato (1.922); quanti regali aveva fatto, a chi e di che genere (5.817); quante volte aveva giocato a domino (19); quante volte era andata a teatro (110); quanti programmi televisivi aveva visto (70.042). 748 quaderni trovati alla sua morte nel 2000 dalla figlia ignara ed esterrefatta.
Note di regia
Mariusz Szczygie? (autore di uno dei più sorprendenti libri di storia degli ultimi anni, ‘Gottland’) scrive nel reportage che ci ha fatto scoprire questa storia “Nella routine quotidiana succede sempre qualcosa. Sbrighiamo un’ infinità di piccole incombenze senza aspettarci che lascino traccia nella nostra memoria, e ancor meno in quella degli altri. Le nostre azioni non vengono infatti svolte per restare nel ricordo, ma per necessità. Col tempo ogni fatica intrapresa in questo nostro quotidiano affaccendarsi viene consegnata all’ oblio. Janina Turek aveva scelto come oggetto delle sue osservazioni proprio ciò che è quotidiano, e che pertanto passa inosservato".
Nessuno stupore se una scelta del genere la fa un’artista visiva come Sophie Calle, in fondo niente di diverso delle opere immaginate da Michel Houellbecq nel suo ultimo libro, ‘La carta e il territorio’ dove il protagonista passa quindici anni a filmare dettagli casuali del fogliame intorno a casa. Quello che mette uno strano brivido addosso nello scorrere la vita nei dettagli di questa anonima casalinga di Cracovia, è che non è un’opera artistica, non è un paradosso intellettuale, non è rivolto in nessun modo ad un pubblico. Per sua scelta personale, aveva cominciato intuitivamente a nobilitare il proprio trantran quotidiano. Perché?
Per noi partire da quest’opera colossale e misteriosa che sono i quaderni di Janina Turek è un passo naturale. Non si tratta di mettere in scena o di fare un racconto teatrale attorno a lei, ma di dialogare con quello che sappiamo e non sappiamo di Janina e di creare una serie di corto circuiti tra noi e lei e tra noi e il pubblico attorno alla percezione di cosa è la realtà.