Nel mare di nessuno, storie di migranti contro l'omertà: "F174" sul palco del teatro Garibaldi
Mercoledì 19 giugno, ore 21:00, Teatro Garibaldi di Palermo, in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato”, DanisinniLab, laboratorio teatrale di relazione e comunità ai Danisinni, con il Forum Antirazzista Palermo e il Museo Sociale Danisinni mettono in scena ‘F174 - nel mare di nessuno’, sul naufragio fantasma di Portopalo di Capo Passero, che si consumò nell'indifferenza e nel silenzio generale. I corpi delle vittime furono recuperati solo molto dopo da un cimitero sottomarino che a lungo si tentò di nascondere.
Dopo il successo del debutto nel febbraio e marzo scorso, che ha fatto registrare il tutto esaurito, DanisinniLab, laboratorio di teatro di relazione e comunità diretto da Gigi Borruso con la collaborazione di Stefania Blandeburgo, torna in scena con questa toccante prova aperta. La pièce attraversando il silenzio e l’omertà che avvolse per anni quella tragedia, getta uno sguardo sino ai nostri giorni e si interroga sulla nostra relazione con lo “straniero”, provando a mettere a nudo ipocrisie e paradossi del nostro tempo.
Un lavoro perfettamente in linea con le parole con cui l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati accompagna questa giornata: «Nelle Giornata Mondiale del Rifugiato l’UNHCR celebra la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di rifugiati. Adesso è il momento di manifestare loro solidarietà in maniera concreta attraverso dei semplici gesti». L’ingresso è libero sino a esaurimento posti.
‘F174 - Nel mare di nessuno’, in scena una metafora dell’ipocrisia contemporanea. «Un pugno allo stomaco» è così che tanti spettatori hanno definito questo breve spettacolo che ricostruisce in chiave poetica uno dei più grandi naufragi di migranti avvenuto nel Canale di Sicilia. La drammaturgia di Gigi Borruso rievoca con precisione, attraverso articoli e dichiarazioni pubblicati in quegli anni, la tragedia della Yohan, la nave proveniente dal Cairo che la notte del 25 dicembre del 1996 nel mare in burrasca trasbordò sul barcone maltese F174 più di trecento migranti di varie nazionalità che naufragarono pochi minuti dopo, a circa 20 miglia da Portopalo di Capo Passero (Siracusa).
Un cimitero sottomarino, una gabbia della dimenticanza che tratteneva nella sua pancia 283 corpi. Si cercò di cancellare quell’orrore, di ignorare gli avvenimenti, e di far passare quella tragedia per ‘leggenda di pescatori’, nonostante il mare avesse iniziato a rigurgitare frammenti di vite impigliati nelle paranze dei pescherecci: come la carta di identità plastificata di Anpalagan Ganeshu, 17 anni, che aveva resistito per ben quattro anni alle erosioni del mare per lasciarsi ritrovare da un pescatore che ebbe poi il coraggio di denunciare tutta la storia.
Uno spettacolo corale, che vede in scena venti allievi del laboratorio teatrale DanisinniLab, molti dei quali per la prima volta in scena. Scene e costumi sono stati curati da Giulia Costumati e Alessandra Guagliardito, studentesse del corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, guidate dalla docente Valentina Console. I disegni usati per la grafica e per le proiezioni sono stati realizzati dal maestro Enzo Patti, pittore asemico tra i fondatori del Museo Sociale Danisinni.
DanisinniLab, teatro di relazione nel quartiere Danisinni
All’interno dell’antico rione palermitano nasce nel settembre scorso DanisinniLab, da una collaborazione tra il Museo Sociale Danisinni e il Teatro Biondo di Palermo. Sugli esiti e sul senso del lavoro fin qui svolto dice il direttore Gigi Borruso: "Danisinnilab è un’esperienza di comunità e di relazione che mette insieme pezzi diversi della città. Qui abbiamo riscoperto motivazioni profonde e radicali del fare teatro. Lontano dall’autoreferenzialità di tanta pratica artistica. Perché a Danisinni una parte del quartiere, degli artisti e degli operatori sociali che vi lavorano, sperimentano cose preziose e rare: la costruzione di una comunità, l’inclusione, il senso del bene comune, la progettazione in comune del proprio futuro. Una coscienza teatrale sa aprirsi all’ascolto, ci aiuta a guardare in faccia i nostri limiti e le possibilità di rinascita che ci attendono. Ed è ciò che a noi sembra tanto più urgente in questo clima culturale e politico che va prepotentemente affermandosi, e che vorrebbe farci credere d’essere una cosa sola: esclusivamente bianchi, o neri, occidentali, orientali… ma gli esseri umani sanno anche inventare la propria storia, costruire la propria identità. Il nostro futuro, così come il riscatto di un quartiere o di una città dipendono dai legami, dalle relazioni, dal desiderio. Il teatro lo insegna. La nostra storia lo dimostra".