Nomos jazz, al via la V stagione concertistica al Golden
Prende il via domenica 6 novembre alle 21.30 al Teatro Golden la straordinaria stagione di Nomos Jazz, la V edizione, che ha già fatto registrare il tutto esaurito al Teatro Jolly.
Non si potrà non ricordare proprio il 6 novembre uno dei padri di questa rassegna, Maurilio Prestia. Per il resto, tante prime nazionali,alcune assolute,un cartellone che da anni non si vedeva a Palermo per la caratura internazionale dei suoi protagonisti e per l'attenzione agli artisti emergenti,alcuni già grandi star come Collier altri in procinto di scalare la popolarità ovunque come Kinga Glyk e Banda Magda.
Abbonamenti ai 10 concerti con posto numerato ( ancora qualche decina di posti ) : € 115,00 prev. inclusa. Vecchi abbonati € 95,00 - solo presso Teatro Jolly.Abbonamenti e biglietti solo Teatro Golden _ € 75,00 prevendita inclusa - SOLO presso Teatro Golden,via Terrasanta 60 e online su www.ticksweb.com. Costo biglietti a partire dai The Bad Plus : € 22,00. Scofield e Collier € 27,50
Nomos Jazz si avvale del contributo del Ministero dei Beni Culturali,del Turismo e dello Spettacolo e della Regione Siciliana -Assessorato al Turismo. In collaborazione con Europe Jazz Network,I-Jazz e Circuito Jazzistico Siciliano.
THE BAD PLUS - 6 NOVEMBRE ORE 21.30 - TEATRO GOLDEN
"Da STRAVINSKY a RADIOHEAD passando per QUEEN, APHEX TWIN, DAVID BOWIE e ORNETTE COLEMAN"
Reid Anderson: contrabbasso
Ethan Iverson: pianoforte
Dave King: batteria
Per definire i Bad Plus sono stati usati molti termini impegnativi: da iconoclasti musicali e geni e attori in egual misura. In realtà Ethan Iverson, Reid Anderson e David King sono semplicemente riusciti a raffigurare nella cornice di una delle più classiche formazioni del jazz (il trio piano, contrabbasso e batteria), lo spirito della post modernità. Questa loro indole li ha portati a collaborare con Kurt Rosenwinkel, Mark Turner, Billy Hart e non da ultimo Joshua Redman, del cui quartetto hanno fatto parte per anni, partecipando tra l'altro a uno dei suoi lavori discografici più riusciti, "Beyond", del 2000.
La loro specialità? Reinventare i classici del rock e del pop in chiave jazz.. Una continua sorpresa.
AMEEN SALEEM - 20 NOVEMBRE
Ameen Saleem: il sound di Brooklyn nel suo "The Groove Lab" (Jando Music /Via Veneto Jazz)
Ameen Saleem, uno dei bassisti di maggior talento della scena jazz internazionale, ha esordito sul mercato discografico mondiale con il suo primo album da leader "The Groove Lab", registrato a New York e prodotto da Jando Music e Via Veneto Jazz alla fine del 2015.
Un disco brillante, carico di groove e dal sound raffinato: è il risultato del grande fermento artistico newyorkese e della poliedrica lifestyle di Brooklyn. Il titolo stesso di questo lavoro rimanda alla costante ricerca musicale e all'intreccio di diversi generi e stili, di cui è da tempo crocevia lo studio-abitazione di Ameen Saleem a Flat Bush, "tempio" di infinite session di sperimentazione sul suono e sul ritmo, un vero e proprio "groove lab" nel quale Ameen ha riunito un cast stellare di musicisti per interpretare le sue composizioni.
Da anni membro del quintetto di Roy Hargrove e della sua big band, Ameen Saleem è un artista a tutto tondo. Originario di Washington D.C., la sua carriera mette in luce da subito il suo grande talento tecnico e compositivo. La sua ispirazione principale proviene dal jazz, fondendosi poi con stili diversi.
Prende, così, vita "The Groove Lab", un grande album nu-soul dove jazz, soul e funky si fondono tra loro in modo autentico e raffinato.
Impegnato sia al basso che al contrabbasso, nel disco Ameen è affiancato da due voci femminili con diversi temperamenti, Ramona Dunlap e Mavis Swan Poole, da Stacy Dillard al sax tenore e soprano, Cyrus Chestnut al pianoforte acustico, Wurlitzer, Rhodes, organo, dal chitarrista Craig Magnano, da due batteristi dalle qualità uniche, Jeremy Bean Clemons e Gregory Hutchinson e dall'amico e collega Roy Hargrove che interpreta la musica di Ameen utilizzando sia tromba che il flicorno.
Dalle liner notes di Roy Hargrove:
"Ameen Saleem è uno dei miei musicisti preferiti. Trovo questa registrazione molto illuminante per la sua versatilità musicale. Con un territorio stilisticamente esteso, e molto divertente da ascoltare dall'inizio alla fine. Ricordo, durante la registrazione in studio, il talento di Saleem nel saper scegliere il tempo giusto, qualcosa che si apprende da grandi maestri come Thelonius Monk. Sono sicuro che gli ascoltatori potranno godere di questo viaggio musicale." Ameen Saleem: "Sono molto orgoglioso del risultato, tutti i musicisti presenti hanno fatto un ottimo lavoro, facendo propria la visione che ho della mia musica. Su alcuni brani, ciò che è uscito dalla registrazionhe supera le mie aspettative e la mia immaginazione. E' stato per me un grande piacere lavorare con loro e con tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione di questo progetto."
FORMAZIONE :
AMEEN SALEEM basso
MARC CARY piano
JOSH EVANS tromba
JEREMY BEAN CLEMONS batteria
MARY SWN POOLE voce
JACOB COLLIER - 28 NOVEMBRE
JOHN SCOFIELD - 17 MARZO 2017
John Scofield, guitar
Sullivan Fortner, organ, piano
Vincente Archer, bass
Bill Stewart, drums
La vita spesso sa essere molto crudele. Nella sua lunga parabola artistica il chitarrista John Scofield, nato a Dayton (Ohio) nel dicembre del 1951, ha avuto numerose soddisfazioni di grande spessore, dalle esperienze come sideman nei gruppi di Charles Mingus, Miles Davis, Chet Baker, George Duke, Joe Henderson, Billy Cobham ed Herbie Hancock, per citare solo i più famosi, ai numerosissimi album come leader di grande successo a partire dal bellissimo Live del 1977 per la etichetta Enja. Eppure, anche in presenza di risultati artistici così importanti e prolungati nel tempo, un terribile evento come la morte improvvisa del figlio Evan, avvenuta a luglio del 2013, non poteva non lasciarlo in uno stato di grande prostrazione. Evan aveva solo 26 anni e se ne era andato per un maledetto sarcoma che lo aveva colpito due anni prima. Il vecchio detto che i genitori non dovrebbero mai avere la terribile sorte di vedere morire i propri figli, aveva avuto una ulteriore straziante testimonianza.
In questi casi la musica fortunatamente ha il potere di agire come unguento miracoloso. Music Is the Healing Force of the Universe, recitava il titolo di un album Impulse! di Albert Ayler del 1969. Siamo ben lieti di vedere che anche su Scofield questo effetto mirabolante si è manifestato in tutta evidenza. Dapprima il bravo chitarrista ha inciso un album in quartetto con Joe Lovano, rispolverando vecchie consuetudini, con eccellenti risultati: infatti con quell'album, uscito per la Impulse! nel 2015 con il titolo Past Present, il chitarrista si è portato a casa un bel Grammy. Immancabilmente era pieno di riferimenti alla scomparsa del figlio e segnava un po' un ritorno di Scofield agli umori dei suoi dischi più jazzistici e raccolti.
Adesso, dopo non molti mesi, arriva questo ottimo Country for Old Men che molto coraggiosamente va a pescare la propria ispirazione, a livello compositivo, nella musica country. Un mondo vero e proprio, tipicamente americano, carico di interpreti e tradizioni, che fornisce a Scofield e ai suoi eccellenti compagni di strada, una materia grezza apparentemente molto semplice, ma proprio per questo facilmente plasmabile che consente al quartetto di volare via dalla banalità di situazioni stra-battute e stra-conosciute, per planare su assoli pieni di bollenti spiriti e per sperimentare manipolazioni timbriche e strutturali che vanno francamente al di la dell'immaginabile, se si pensa a quello che era il materiale di partenza. Sarà una coincidenza di poco conto, sarà un segno del destino, ma l'etichetta di questo album è la rediviva Impulse! Dopo averlo ascoltato abbiamo una conferma assoluta: Music IS the Healing Force of the Universe.
In questi dodici brani c'è una certa dolcezza di fondo che si accompagna magicamente ad un senso di nostalgia, di ricordo, di voglia di andare avanti senza dimenticare il passato, che segna inderogabilmente questo album, spostando un po' John Scofield dalle parti di Bill Frisell, ma senza mai invadere un campo che è decisamente ben lontano. Tutto questo non avviene mai come indebolimento della esperienza musicale: in questo inedito contesto John Scofield è grintoso come non mai, capace di volare sulle variazioni armoniche degli arrangiamenti che si cibano di materiale apparentemente semplice ma che sono in grado di fornire gli spunti giusti per rendere memorabili le scorribande di Scofield e compagni. La musica si riappropria di una piena strutturazione jazzistica, secondo la tradizione che ha spesso visto canzoni provenienti da tutt'altro contesto essere reinterpretate dai jazzisti in maniera originale, innovativa, sorprendente ed efficace.
Larry Goldings al pianoforte e all'organo si prende il compito di ancorare il tutto al materiale strutturale di base e lo fa ben sapendo che in questo modo le eventuali cadute di stile per sforare in territorio 'corny' toccano tutte a lui. Ma qualcuno che si prendesse questo ingrato compito ci voleva ed è molto meglio che non sia toccato alla ritmica che invece risplende in grande spolvero, sensibile, flessibile, incalzante, capace di picchiare quando serve e di sottolineare quando invece lo sguardo si fa per pochi istanti riflessivo. Comunque non mancano le occasioni anche per Goldings, specialmente quando siede al pianoforte, per prendersi le sue belle rivincite.
Un bassista pronto ad ogni sfida come Steve Swallow si trova a suo agio praticamente sempre, quindi figuriamoci come può reagire a queste sollecitazioni intriganti e suggestive. Prende anche qualche libertà solistica, rimanendo solido e concreto. Un batterista flessibile e stabilmente concentrato come Bill Stewart è sempre meglio averlo al proprio fianco. Con lui alla guida della scansione temporale un chitarrista elegante ma anche viscerale come 'Sco' non può che andare a nozze. Sentite come spingono un po' dappertutto ma in particolare in "MamaTried" (scritta da Merle Haggard). Tostissimi. Con un tappeto del genere sotto ai piedi, volare in alto diventa facile anche per i bipedi umani. Anche "I'm So Lonesome I Could Cry" (generalmente associata ad un eroe della Country Music come Hank Williams, che ne è anche autore) sin dall'avvio deborda dalla struttura e dal mood generalmente associati a questo standard per arrivare a toccare vette di pura energia che ricordano i fuochi artificiali del Tony Williams Lifetime. Prima di eseguirla durante uno show televisivo, Elvis Presley l'aveva definita come la canzone più triste che aveva mai ascoltato. In questa versione si ribalta il tavolo e Scofield, ben spalleggiato dai suoi compari, salta sulle barricate senza alcuna remora. Il brano finale è un breve saluto sul tema di "I'm an Old Cowhand." Ricordate la versione straripante che ne aveva fatto Sonny Rollins, per aprire nel 1957 il meraviglioso e sorprendente album Way Out West? Qui la canzone, scritta da Johnny Mercer, viene presa da Scofield in perfetta solitudine con un piccolo ukulele. Immaginate il resto.
JAZZ JAMAICA ORCHESTRA - 20 APRILE - PRIMA NAZIONALE ASSOLUTA
Una miscela esplosiva,il reggae di Bob Marley e il jazz.Per la prima volta in Italia la superba e allegra orchestra ( circa 15 elementi ) giamaicana,protagonista di tanti grandi festival europei.
NOMOS JAZZ AL JOLLY
SERENA BRANCALE & WALTER RICCI TRIO - 12 dicembre 2016 ore 21.30
Inediti in lingua italiana che incontrano un sound tipicamente americano. Jazz e soul a confronto, un interscambio tra voce e strumenti. Serena Brancale e Walter Ricci oltrepassano l'Oceano e portano a New York un progetto musicale innovativo e affascinante. Due personalità artistiche musicali differenti ma unite in un duetto cantautorale dove gli artisti si interscambio tra voce e strumento. Saranno supportati da Roberto Mancinelli, attivo negli States nella promozione di autori e compositori italiani. Dopo il suo primo album di inediti, Galleggiare, Serena Brancale, talento pugliese dalla voce sensuale e avvolgente, esporta le sue doti nel jazz oltre i confini italiani ed europei. Ed arriva, insieme a Walter Ricci, classe '89 come lei, nella patria del soul e della black music.
"Abbiamo incominciato per gioco - dichiara Serena Brancale- a scrivere brani in italiano insieme ed ora , grazie a questo preziosissimo invito di Roberto Mancinelli discografico Sony, abbiamo l'onore di cantare i nostri inediti nel cuore della musica internazionale. I brani hanno un sound americano e sin dall'inizio abbiamo pensato di abbinarci testi in italiano . A mio parere scrivere in italiano è più faticoso perché l'inglese si presta di più a giochi ritmici e melodici in una canzone ma io e Walter abbiamo deciso rischiare e sfidiamo la nostra lingua modellandola a nostro piacimento. Facciamo parte di quei giovani cantautori italiani che credono ancora nella musica bella, fatta di contaminazioni, dove semplicità e gusto si sposano in inediti freschi ed orecchiabili".
OMAR SOSA - GUSTAVO OVALLES - 26 GENNAIO 2017 - PRIMA NAZIONALE
Omar Sosa - piano
Gustavo Ovalles - percussioni
Pianista eccezionale, poliglotta musicale che unisce i continenti, Omar Sosa, tra l'utopia e la realtà, è un'allegoria dello scambio artistico universale. Omar Sosa esemplifica perfettamente lo spirito di Duke Ellington come creatore di una musica che trascende le categorie, testimoniata anche dai circa 20 album come leader: è un musicista planetario che meglio rientra nella world music, nella sua classificazione più ampia. La sua curiosità, uno spirito musicale generoso, una dedizione al gruppo come elemento fondamentale della creazione, e un'apertura a sonorità nuove e combinazioni insolite animano tutto ciò che Omar fa. La sua ricerca di libertà musicale trascende l'ortodossia e impersonifica la determinazione di Monk, nel non voler suonare mai la stessa cosa due volte. Sosa realizza un linguaggio jazz globale ma esaustivo, stilisticamente unico, che celebra la diversità delle anime della musica delle Americhe e oltre.
Eppure Omar coltiva sempre un'intima connessione con le sue radici afro-cubane. "L'Africa e la Diaspora rappresentano una fonte musicale senza uguali" dice l'artista. "Ho provato a raccontare il profilo melodico del continente, e la sua grande forza ritmica. Il ritmo mette in collegamento ogni persona con lo Spirito supremo; e ogni terra ha il suo modo di chiamare lo Spirito, di unire le persone. Filosoficamente, attraverso il jazz che è forse il genere più rappresentativo della Diaspora, abbiamo cercato di mettere insieme i Caraibi, l'America Latina e l'Africa in un espressione di libertà, una celebrazione della Diaspora che sopravvive ancora oggi.
KYLE EASTWOOD BAND - 14 febbraio 2017 - PRIMA ITALIANA
Kyle Eastwood, il poliedrico contrabbassista, compositore e produttore, ha forgiato un percorso musicale dinamico. La sua arte è eclettica, ma raffinata, e trascende i confini del jazz esplorando una gamma sempre più ampia di influenze musicali. Pur continuando a sviluppare la sua carriera parallela come compositore e arrangiatore per il suo leggendario padre Clint, nominato all'Oscar nei film "Mystic River", "Million Dollar Baby" e "Lettere da Iwo Jima", Eastwood ha riaffermato tradizioni, creando un jazz veramente contemporaneo, lirico e melodico. Negli ultimi due decenni ha fatto tournée in tutto il mondo, esibendosi a The Olympia (Parigi), Jazz in Marciac (Francia), Il Jazz Festival di Monterey (California), Jurasum Festival (Corea del Sud), i Blue Notes a Tokyo e New York e al Ronnie Scott (Londra). Nella band, oltre a Eastwood (contrabasso), anche Andrew McCormack (piano), Chris Higginbottom (batteria), Graeme Blevins (sassofono) e Quentin Collins (tromba).
KINGA GLYK TRIO - 6 MARZO 2017 - PRIMA NAZIONALE ASSOLUTA
Kinga Glyk el. bass
Pawe? Tomaszewski piano & keyboards
Irek Glyk drums. Solo 19 anni e più di 100 concerti già sulle spalle,22 milioni di visualizzazioni su Youtube,arriva per la prima volta in Italia con un lungo tour di due settimane che prende il via proprio da Palermo.
BANDA MAGDA - 6 APRILE 2017 - PRIMA ITALIANA
Magda Giannikou - accordion, vocals
Andres Rotmistrovsky - bass, vocals
Ignacio Hernandez - guitar
Marcelo Woloski - percussion, vocals
Keita Ogawa - percussion, vocals
La musica di Banda Magda è una miscela di testi francesi, ritmi latino-americani e improvvisazione jazz. Banda Magda è l'incarnazione della miriade di stimoli che la città di New York può indurre in un musicista. Ha ottenuto un enorme successo di pubblico in tutto il mondo con spettacoli in Stati Uniti, Francia, Lussemburgo, Grecia, Colombia e Canada. Magda Giannikou è una pianista, fisarmonicista, cantante, compositrice, cantautrice, produttrice musicale, aspirante ballerina e ottima cuoca. Nata e cresciuta ad Atene, in Grecia, ha ben presto scoperto che la musica era la cosa più bella sulla terra e ha iniziato la sua formazione musicale con musica classica e jazz. Si trasferisce a New York subito dopo gli studi e folgorata dal meraviglioso mondo della musica jazz dal vivo e dalla world music, capisce che cantare, scrivere, suonare era la sua vera vocazione. Lo scoprirete anche voi.