Poggioreale cinquant'anni dopo: il terremoto del Belice in una mostra ai Cantieri
La mostra "Poggioreale, cinquant'anni dopo", ospitata del Centro Internazionale di Fotografia diretto da Letizia Battaglia, all’interno dei Cantieri Culturali alla Zisa in via Paolo Gili 4, inaugurerà il 21 marzo dalle 18.30 in poi e sarà visitabile sino al 30 aprile, dalle 11:00 alle 18:30 (escluso il lunedì). L’ingresso è gratuito.
La storia di questo paese è tristemente legata al terremoto che colpì la valle del Belice il 14 gennaio 1968, con esiti devastanti. La vera identità degli abitanti di Poggioreale si trova e sembra quasi vivere ancora tra i ruderi di quello che è stato rinominato “paese fantasma” e tra i frammenti di oggetti appartenenti ad un’altra epoca.
A raccontarla in una mostra, “Poggioreale Cinquant’anni dopo”, sono le immagini e il video di Maurizio D’Angelo e Fabio Di Giorgi che attraverso un percorso fotografico e la testimonianza in video dei sopravvissuti ripercorrono i momenti fondamentali di una notte attraverso i ricordi della gente semplice che allora fu strappata dalla normale quotidianità e proiettata in un dramma che è parte integrante della storia della Sicilia dal dopoguerra in poi. Le musiche, brani inediti, sono state realizzate da Dino Pizzuto.
Gli scatti di Maurizio D’Angelo raccontano di scheletri di case che ,seppur ferite a morte, restano ancora in piedi, testimonianza della forza interiore di una popolazione che ha saputo comunque rialzarsi con orgoglio, ricomponendo la comunità sia in Sicilia, a pochi chilometri laddove è sorto il nuovo paese di Poggioreale, che anche oltre oceano, in Australia, dove forte è la presenza di poggiorealesi trasferitisi lì dopo il terremoto. Il video, realizzato da Fabio Di Giorgi, accompagnato da un brano inedito composto da Dino Pizzuto, musicista e compositore palermitano,racconta attraverso la voce narrante di un sopravvissuto i momenti che hanno preceduto e seguito le violenti scosse che cambiarono definitivamente il volto della valle del Belice nel 1968.
Attraverso il muto racconto di ciò che oggi resta si percepisce un paese nel suo massimo fulgore, via via in un immaginario viaggio a ritroso nel tempo, per strade solcate da carrozze nobiliari e dai contadini accompagnati da muli carichi di sementi, di ritorno dai campi.