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La Giornata della Memoria al Vanni Pucci dell’istituto Renato Guttuso di Carini

Rassegna di opere pittoriche, fotografiche e disegni dedicati al tema dell’olocausto e della persecuzione per non dimenticare. Inaugurazione della mostra giovedì 24 gennaio 2019, alle 11.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Continua con successo l’iniziativa promossa dal plesso Vanni Pucci dell’Istituto comprensivo Renato Guttuso di Carini, diretto dalla prof.ssa Anna De Laurentiis, denominata “L’eco del silenzio”, in occasione della Giornata della Memoria. Domani, alle 11, l’inaugurazione della mostra "I quadri, le fotografie, le frasi simbolo della shoah e l’arte della memoria", a disposizione di quanti vorranno emozionarsi a pochi giorni dall’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, efferato lager nazista sito in Polonia, nei pressi della cittadina di Oswiecim.

Una data simbolica, quella del 27 gennaio, scelta, anche dagli insegnanti del Vanni Pucci di Villagrazia di Carini, per ricordare tutte le vittime dell’olocausto e per non dimenticare mai ciò che è accaduto. Nei suoi “Minima moralia“, Theodor W. Adorno affermò che “scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie” lasciando intendere che gli orrori di un periodo così sanguinoso avessero ucciso anche l’arte. Tuttavia, il bisogno di esprimere, di testimoniare, di tramandare non si è certo esaurito dopo quel lontano 27 gennaio del 1945, anzi, soprattutto nel campo letterario ci sono stati tantissimi e importantissimi esempi. Anche le arti figurative, che non così spesso vengono ricordate, hanno assegnato a questo genocidio un ruolo fondamentale (per ovvie ragioni storiche), quasi archetipico: parlare di shoah significa parlare – in senso lato – di ogni situazione di violenza brutale e perversa, di intolleranza, di odio razziale.

“I pittori dell’Olocausto – scriveva Roberto Malini – ci hanno tramandato immagini che ricordano la crudeltà e l’orrore del pregiudizio. Sono opere sacre”. Per queste ragioni filosofiche e pedagogiche i docenti del plesso hanno pensato alla “pittura, al disegno e alla fotografia della memoria”. Le classi 1 B, 2 A, 3 A, 3 D, 4 A, 4 C, 4 F, 5 A, 5 B e 5 D hanno così pensato di regalare ai fruitori della mostra, genitori, nonni, altri docenti, personale Ata e cittadini del territorio, una visione nuova della shoah, a partire proprio dalle arti grafiche e fotografiche. Zoran Musič, artista sloveno (nato a Gorizia), esponente della nuova Scuola di Parigi, che nel 1944 fu deportato a Dachau, dove riuscì a ritrarre segretamente la vita del campo, in circostanze estremamente difficili e pericolose scrive: “Vivevo in un quotidiano paesaggio di morti, di moribondi in un’apatica attesa. Nella sala dove ci si lavava, lungo il muro, accatastati altri cadaveri per l’impossibilità di bruciarli subito. Comincio timidamente a disegnare. Forse così mi salvo. Nel pericolo avrò forse una ragione di resistere. Prima provo, di nascosto. Cose viste strada facendo verso la fabbrica: l’arrivo di un carro bestiame aperto. Cascano fuori i morti. Presto sono preso da un’incredibile frenesia di disegnare. Quanta tragica eleganza in questi fragili corpi. Queste mani, le dita sottili, i piedi, le bocche aperte nell’ultimo tentativo di aspirare ancora un po’ di aria. Le ossa coperte di una pelle bianca, quasi celestina”.

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