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"Palermo occultata": Lucia Vincenti e il segreto dei Beati Paoli

Le domande più frequenti sono due: chi erano i Beati Paoli? E soprattutto perché Luigi Natoli si firmó con lo pseudonimo William Galt? Ne ha dato originale interpretazione la storica palermitana

Il mistero dei Beati Paoli ha sempre affascinato i lettori tanto che il libro di Natoli è tuttora tra i più venduti e i percorsi cittadini incentrati sulle loro tracce, spesso sold out. Storie suggestive che riportano a un passato ricco di bellezza ma anche di disuguaglianze e povertà. Ma le domande più frequenti sono due: chi erano i Beati Paoli? E soprattutto perché Luigi Natoli si firmó con lo pseudonimo William Galt? Ne ha dato originale interpretazione la palermitana Lucia Vincenti, storica della Shoah ma anche esperta di simbolismo alchemico ed ermetismo, anche nota per le sue decrittazioni ermetiche del quadrato magico Sator e del volume “Palermo occultata”.

Ed è proprio in queste pagine di “Palermo Occultata” - volume che ha già ricevuto la Tessera Preziosa mosaico di Palermo e un importante apprezzamento di Vittorio Sgarbi e dove viene anche svelato il significato alchemico dei graffiti di Palazzo Steri - che la Vincenti svela chi si celi dietro i Beati Paoli, il loro messaggio e persino lo pseudonimo William Galt. Tra i luoghi scelti da Natoli per l’ambientazione v’è la chiesa di San Matteo, al Cassaro e la sua Sagrestia, come si legge ne i Beati Paoli: “Don Girolamo dunque, uscito dal vicolo sulla vecchia e nobile arteria della città, svoltò a destra, ma percorsi pochi passi entrò nella chiesa di S. Matteo. Il devoto e don Girolamo entrarono; si copersero il volto con delle maschere nere...” Da quel luogo e dai cunicoli segreti che attraversano la città antica partivano i misteriosa incappucciati per missioni in difesa dei deboli. Una “setta” legata da vincoli di fratellanza e uguaglianza che percorreva meandri fino a giungere nelle catacombe di Via D’Ossuna.

Da “Palermo Occultata” emerge che la chiesa di San Matteo non ha solo passaggi segreti ma un ermetismo pregnante e non a caso la suggestiva cripta fu scelta da Giacomo Serpotta e Vito D’Anna ultima dimora che accolse la loro tomba. Per la Vincenti, vi fu il tentativo di trasmettere un fraterno messaggio a quegli uomini di “Buona Volontà” e quella fratellanza cui Natoli apparteneva in quanto aderente Loggia massonica “I Liberi Figli d'Oreto di Palermo.” Nel romanzo molti riferimenti alla Libera Muratoria: “Bisogna star zitti”, viene sussurrato e per la Vincenti il riferimento è al Silenzio degli Iniziati, una delle 4 virtù del maestro: volere, osare, potete e tacere.

Cosi come le parole “baccaglio al cubo” si riferiscano alla perfetta pietra cubica e al gergo dei cantastorie per non farsi comprendere. Ancora altri simboli riferiti ai luoghi di riflessione che riportano ai Gabinetti di Riflessione Massonica che Natoli ben conosceva. L’allegoria è persino nello pseudonimo che Luigi Natoli usò: William Galt, di cui la Vincenti svela il significato, legato alla prima Loggia nata in Inghilterra e a quella W come l’incrocio tra il compasso e la squadra. La stessa W e quei due compassi che l’autrice rinviene incisi insieme a una rosa nella colonna della Chiesa dei Canceddi o Santa Maruzza conosciuta da tutti come chiesa dei Beati Paoli.

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