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Economia

Dopo 72 anni chiude lo storico atelier Maison Diwa: "La pelliccia non è più uno status symbol"

Era aperto dal 1950, l'ultima sede in via La Marmora. Il titolare Marcello Di Piazza Wanderligh a PalermoToday: "Le battaglie animaliste ci hanno dato un duro colpo. Poi pandemia e il mercato che cambia, con la scelta di capi ecologici, hanno fatto il resto"

Nella Palermo degli anni '60, l'atelier della famiglia Wanderlingh era considerato una specie di salotto del buon incontro, centro di eleganza e idee da condividere tra clienti che lì acquistavano pellicce d'alta moda. Una Palermo che fu e su cui oggi si spengono per sempre i riflettori. Chiude infatti dopo 72 anni Maison Diwa, una delle più antiche pelliccerie ancora in vita. 

I motivi della chiusura 

Dopo la signora Anna, perfetta padrona di casa in grado di unire stile e professionalità, la conduzione dell'atelier è passata nelle mani del figlio Marcello Di Piazza. E' lui a raccontare le ragioni di questa scelta. "Chiudiamo perché le battaglie animaliste - spiega a PalermoToday - ci hanno dato un duro colpo, sebbene io da anni mi dedicassi alla rigenerazione di capi già esistenti donandogli una nuova vita. Poi il Covid, gli anni della pandemia, fino a oggi che non riusciamo più a tenere in piedi l'azienda di famiglia". 

Poi con il sopravvento delle pellicce ecologiche le cose sono cambiate. "La pelliccia non è più uno status symbol - prosegue - anche se io da anni per scelta non lavoro più capi appartenenti alla famiglia dei maculati. Significa che da anni non produco pellice di tigre, leopardo o giaguaro. Mi sono limitato ai visoni, che fanno parte della famiglia dei mustelidi, simili ai topi, e sono d'allevamento. Il fatto che siano d'allevamento garantisce due cose: intanto che questi animali non vengono maltrattati per la produzione, vengono allevati in maniera intensiva al pari di tanti altri animali. E poi che si riproducono in maniera veloce, ne bastano pochi per dare vita a molti altri. Così non si rischia alcuna estinzione. Ad ogni modo, negli ultimi anni la mia attività si è concentrata sui capi da rimettere a modello, un modo per rigenerare capi nuovi". 

Un'azienda storica aperta nel 1950 

L'azienda, aperta dal primo febbraio del 1950, da otto anni era al civico 75 di via La Marmora, dopo le sedi di via Domenico Costantino, via Sciuti e via Francesco Lo Jacono. "Siamo fermi da un po' prima del 2019 - prosegue Di Piazza Wanderlingh - poi con la pandemia abbiamo definitivamente subito una battuta d'arresto. La stagione non è mai ripartita. E' cambiato il mercato. Le donne hanno distolto l'attenzione dai nostri capi di lusso: le pellicce normalmente sono un poco più care di un cappotto di lana buono. Ma al contrario potrebbero durare per sempre. A Palermo poi non si segue la moda. A Milano già otto anni fa sfilavano capi colorati. Io li ho realizzati e sono rimasti tutti sugli scaffali, perché la gente sceglie sempre i classici. E a un certo punto il mercato si satura". 

Da cento pelliccerie ad appena un paio 

Adesso in città si contano sulle dita di una mano le pelliccerie rimaste, a fronte del centinaio di insegne degli anni '60 e '70. "Oggi non muore solo un'azienda - spiega ancora Di Piazza - ma anche tutto il suo indotto. Adesso verranno meno le puliture delle pellicce, le conservazioni e non ultimo anche le sfilate che negli anni abbiamo fatto. Attività che portavano lavoro a decine di collaboratori. Tutti i dipendenti dell'azienda in questi anni sono stati messi in cassa integrazione. Ho provato a salvarli, ma non ci sono riuscito". 

Un'altra storica insegna dunque si spegne in città. "Non ci sono aiuti da parte dello stato - conclude Di Piazza - non ci sono aiuti alla categoria. Mia madre era una stilista di abiti da sposa che ha saputo farsi apprezzare dalla 'Palermo bene'. Le sue pellicce furono tra le prime a vestire le mogli degli onorevoli. Tutte compravano dalla signora Anna Wanderlingh. Era di origini napoletane, mio nonno tedesco invece. Fu sfollata qui durante la guerra. Con lei la nostra azienda ha ricevuto il riconoscimento di azienda storica. Io sono stato anche presidente dei pellicciai. Abbiamo cercato di avere prima di tutto un ruolo sociale per la nostra categoria, mantenendo sempre una produzione artigianale e locale. Oggi finisce tutto dentro a questi scatoloni che con mia moglie Valeria sto riempiendo". 

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