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Economia

Il "nuovo" assegno unico: chi e perché deve restituire parte dei soldi e chi avrà un aumento

L'Inps ha effettuato i conguagli, in positivo e in negativo, dopo le operazioni di ricalcolo. Ecco gli importi dovuti e la spiegazione della variazione

E' cambiato in molti casi l'importo dell'asegno unico e universale per ogni figlio a carico, la misura che da marzo 2022 ha unificato in una sola agevolazione una serie di interventi a sostegno delle famiglie con figli. Molte famiglie, però, hanno visto arrivare l'assegno unico di questo mese di maggio in ritardo. È l'Inps a spiegare il perché: sono stati effettuati i conguagli, in positivo e in negativo, di cui si è tanto parlato negli scorsi mesi, dopo alcune operazioni di ricalcolo. E a conti fatti, per 512 mila famiglie l'importo sarà aumentato in media di 272 euro, per una spesa totale di 140 milioni di euro. Altre 378 mila famiglie, invece, dovranno restituire circa 41 euro in media, erogati in precedenza per errore: il recupero sarà di 15 milioni di euro. Cosa sta succedendo? Chi (e perché) deve restituire parte dei soldi e chi, invece, ha diritto ad un aumento? Cerchiamo di fare chiarezza.

Nel messaggio dell'Inps numero 1947 del 26 maggio scorso, viene spiegato che le operazioni di ricalcolo erano "necessarie", alla luce "delle variazioni della cornice normativa" dell'assegno unico. Tradotto: si tratta in larga parte degli adeguamenti automatici degli importi dell'assegno, con effetto retroattivo, previsti dall'ultima legge di bilancio. A questo, però, si aggiungono le variazioni degli Isee (indicatore della situazione economica equivalente) delle famiglie. L'istituto di previdenza, inoltre, informa che gli utenti saranno informati della variazione dell'assegno "con un sms e un messaggio e-mail e potranno approfondire le modalità di calcolo rivolgendosi al contact center oppure alle sedi dell'istituto". A differenza dei conguagli in positivo, per quelli in negativo la somma da restituire "sarà rateizzata in più tranche, il cui importo non sarà comunque superiore al quinto del debito totale".

Solitamente gli assegni, per i percettori abituali e nel caso in cui non siano intervenute variazioni Isee, arrivano tra il 10 e il 20 di ogni mese, mentre tra il 20 e il 30 vengono erogati tutti gli altri. Nel mese di maggio, quindi, i tempi si sono allungati quasi per tutti. I dettagli relativi agli importi rimborsati e alle somme che invece dovranno essere restituite saranno indicati, dal 10 giugno, in un'apposita sezione della procedura assegno unico e universale, a cui si può accedere direttamente dal sito www.inps.it, autenticandosi con la propria identità digitale (Spid almeno di secondo livello, Cie-carta d'identità elettronica e Cns-carta nazionale dei servizi).

Chi deve restituire parte dei soldi dell'assegno unico e perché?

Sono le famiglie monogenitoriali a dover restituire all'Inps alcune somme dell'assegno unico e universale per ogni figlio a carico. Da ottobre 2022, i beneficiari dell'assegno unico appartenenti a questa categoria si sono visti iniziare a sottrarre dalla quota mensile la maggiorazione, fino a 30 euro, riconosciuta nel caso in cui entrambi i genitori abbiano un reddito da lavoro. Ora sono chiamati a dover restituire un importo di circa 41 euro in media per ciascun figlio. Perché? Tutto è partito da un "cavillo" normativo che per sette mesi, da marzo a settembre 2022, ha permesso ai nuclei monofamiliari di ricevere una maggiorazione prevista dalla legge soltanto nei casi in cui "entrambi i genitori" fossero risultati titolari di redditi da lavoro. Ma andiamo con ordine.

Il "passo indietro" dell'Inps, che si occupa di erogare l'assegno, riguarda quindi le famiglie composte da un solo genitore. Nel 2022 era stata erogata una maggiorazione mensile per ogni figlio minorenne a carico, "nel caso in cui entrambi i genitori" risultassero titolari di redditi da lavoro, come previsto dall'articolo 4, comma 8, del decreto legislativo numero 230 del 2021 che istituisce l'assegno unico. La maggiorazione è di 30 euro nel caso di famiglie con un Isee inferiore a 15 mila euro annui. Si va invece a ridurre, progressivamente, per chi supera questa soglia, fino ad azzerarsi per i redditi Isee dai 40 mila euro in su.

Nei mesi scorsi, molte famiglie composte da un solo genitore hanno fatto richiesta della maggiorazione, anche perché nel modulo per la richiesta i requisiti previsti dalla normativa non venivano specificati. E così sono partite le erogazioni anche nel caso di nuclei familiari monogenitoriali. Almeno fino allo scorso ottobre, quando sono state interrotte dall'Inps. Secondo un'interpretazione letterale della norma, però, solo le famiglie con due genitori, entrambi lavoratori, hanno diritto a ricevere l'importo maggiorato fino a un massimo di 30 euro mensili. Un genitore single, per quanto possa essere lavoratore, secondo l'istituto non rientra nella casistica prevista dalla legge.

Prima di essere interrotta ad ottobre, la maggiorazione è però arrivata a chiunque ne avesse fatto domanda: nello specifico, è stata erogata dal mese di marzo a quello di settembre, per sette mesi. Contando un massimo di 30 euro per ogni mensilità, l'importo massimo che si dovrebbe restituire è quindi di 210 euro per ogni figlio minore. Il valore sarebbe anche maggiore in caso di più figli. Non si dovrà però restituire fisicamente i soldi ricevuti all'Inps. La procedura di recupero avverrà infatti con un conguaglio sui prossimi assegni, in più tranche, a partire appunto da questo di maggio 2023. Secondo i calcoli dell'Inps, sono 378 mila le famiglie che devono restituire mediamente circa 41 euro, erogati in precedenza per errore.

Conguaglio a debito e a credito dell'assegno unico: un esempio

Di seguito, ecco un esempio concreto di compensazione con conguaglio a debito e una con conguaglio a credito dell'assegno unico per i figli. Nel primo caso, l'Inps prende in esame un ipotetico cedolino relativo alla mensilità di maggio 2023, per un importo pari a 1.432,18 euro (determinato dalla somma dell'importo spettante a titolo di assegno unico, a cui si aggiunge la maggiorazione transitoria spettante ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo numero 230/2021, la cosiddetta "componente transitoria"). In questo caso, scrive l'Inps, a fronte di un ricalcolo dell'importo dell'assegno relativo alla mensilità di marzo 2022, "emerge la necessità di effettuare il recupero dell'importo indebitamente percepito per un importo totale pari a -42,22 euro (composto dalla sola componente transitoria)". L'importo indebito relativo a marzo 2022 verrà adesso recuperato sulla mensilità di maggio 2023. E quindi, il valore dell'assegno in pagamento in questo caso sarà pari a 1389,96 euro (ossia 1432,18 euro meno 42,22 euro).

Per quanto riguarda invece un conguaglio a credito, l'Inps prende in esame il caso di una famiglia con assegno di maggio 2023 di 275,10 euro (determinato dalla somma dell'importo spettante a titolo di assegno unico, a cui si deve sommare la maggiorazione prevista dall'articolo 4 del decreto legislativo numero 230/2021, con l'ipotesi di un figlio disabile minorenne). A fronte di un ricalcolo per le competenze da marzo 2022 a dicembre 2022, scrive l'istituto di previdenza, "emerge la necessità di riconoscere un importo a credito del cittadino pari a 850 euro (determinato dalla citata maggiorazione per figlio disabile minorenne)". E così, nell'esempio proposto, il credito maturato nel periodo marzo-dicembre 2022 "verrà erogato unitamente alle competenze spettanti per la mensilità di maggio 2023, che arrivano a 1125,10 euro (cioè 275,10 euro più 850 euro).

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