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Tribunale

"Non violentò la nipote tredicenne nel camerino di un negozio", assolto dopo 8 anni

A scoprire i presunti abusi sessuali era stato il padre della giovane, leggendo una chat sul suo cellulare. Secondo la versione dell'accusa, i fatti sarebbero avvenuti nell'estate del 2014: lo zio acquisito avrebbe toccato la ragazzina mentre lei stava provando dei vestiti. La denuncia era stata presentata solo due anni dopo

Mentre lei avrebbe provato dei vestiti nel camerino di un negozio, lo zio acquisito - con la scusa di aiutarla - ne avrebbe approfittato per allungare le mani e toccarle le parti intime, ma anche per strusciarsi contro di lei e abusarne dunque sessualmente. E' questo il racconto di una ragazzina, che all'epoca dei fatti aveva poco più di 13 anni, e che, però, non ha retto davanti alla seconda sezione del tribunale: l'uomo, un cinquantenne, è stato infatti assolto con la fomula piena "perché il fatto non sussiste".

Troppe contraddizioni nelle dichiarazioni della presunta vittima, come ha messo in evidenza la difesa dell'imputato, rappresentata dall'avvocato Valeria Maggio (nella foto) e che inizialmente era stato assistito dall'avvocato Claudio Gallina Montana. Ed è una tesi che avrà convinto il collegio presieduto da Roberto Murgia, che ha deciso di respingere la richiesta di condanna a 5 anni e 8 mesi di carcere formulata invece dalla Procura. Il padre della ragazzina, che peraltro aveva denunciato i fatti al centro del processo, si è costituito parte civile.

valeria-maggio-avvocato-2La vicenda risale a diversi anni fa, precisamente al luglio del 2014, quando la ragazzina in vacanza dalla nonna in un comune della provincia di Palermo sarebbe andata spesso a trovare anche la zia nel suo negozio di abbigliamento. E' in queste circostanze che, a suo dire, rimasta da sola con il marito della donna, lui l'avrebbe violentata. Gli abusi, però, sarebbero venuti alla luce solo molto dopo, l'estate successiva, quando il padre della giovane, controllando il suo cellulare, aveva notato che lei avrebbe installato un'app di incontri e che, chattando con uno sconosciuto, gli avrebbe raccontato dei presunti rapporti sessuali con lo zio.

Il padre qualche mese dopo ne aveva parlato con una psicologa della scuola frequentata dalla figlia, che aveva suggerito di rivolgersi ad un altro psicologo. Proprio questo secondo professionista, ascoltando la ragazzina, avrebbe stabilito che effettivamente gli abusi sessuali sarebbero avvenuti. A quel punto, a marzo del 2016, il padre aveva presentato la denuncia.

La giovane aveva poi confermato le sue accuse, seppure con qualche modifica - per esempio gli abusi non sarebbero più avvenuti "tante volte", ma soltanto "due" e avrebbe anche rivisto la descrizione del camerino - e alla fine lo zio era stato rinviato a giudizio.

Durante il dibattimento sono stati sentiti tanti testimoni. Ed è qui che sarebbero emerse delle contraddizioni. In particolare, la moglie dell'imputato e la commessa impiegata nel negozio hanno tra l'altro riferito che il camerino non sarebbe stato come lo avrebbe descritto la presunta vittima, ma persino visibile all'esterno dalle vetrate dell'attività. Non solo: l'imputato non sarebbe mai rimasto solo in quel negozio, dunque come avrebbe potuto violentare la ragazzina senza che nessuno se ne accorgesse? Dubbi che avranno convinto i giudici che, ad ormai otto anni dai fatti, hanno deciso di assolvere l'uomo.


 

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