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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Misilmeri

Parlano le vittime di usura: "Senza lavoro e con mia moglie malata, sto ancora pagando..."

I retroscena dell'inchiesta che ieri ha portato all'arresto di Vittorio Bullara, 64 anni, di Misilmeri. Avrebbe schedato ogni "cliente" e preteso interessi fino al 200 per cento. Chi si rivolgeva a lui veniva indirizzato in un negozio di viale Lazio per acquistare vestiti da cerimonia e corredi

Per ogni "cliente" avrebbe compilato un cartellino verde, in cui avrebbe indicato l'importo del prestito, le rate da pagare e le date in cui avvenivano i versamenti. E di "clienti", Vittorio Bullara, 64 anni, originario di Misilmeri, che ieri è finito agli arresti domiciliari per usura, ne avrebbe avuti davvero molti: tutte persone con difficoltà economiche alle quali avrebbe praticato interessi dal 30 al 200 per cento, con pagamenti settiminali o mensili, oscillanti tra i 20 e i 100 euro. Tredici delle presunte vittime sono state sentite dalla guardia di finanza e hanno spiegato che si sarebbero rivolte a Bullara per acquistare corredi e abiti per occasioni particolari, come comunioni e matrimoni: tutte sarebbero state indirizzate soprattutto in un negozio di viale Lazio, ma anche in uno di corso dei Mille.

Gli strani movimenti sui conti correnti

Dall'ordinanza del gip Roberto Riggio, che ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Sergio Demontis, emergono i retroscena dell'inchiesta. Gli accertamenti erano partiti da una segnalazione anonima e la guardia di finanza aveva analizzato i conti della famiglia Bullara, scoprendo che a fronte di un reddito quinquennale di 49.500 euro, sarebbero stati fatti movimenti per mezzo milione di euro, compreso l'acquisto di un panificio di via Castellana (finito sotto sequestro). A casa dell'indagato, dopo una perquisizione nel settembre di due anni fa, erano state poi trovate "ingenti somme di denaro in contanti e in assegni", nonché le schede verdi dei suoi "clienti".

I cartellini verdi per ogni "cliente"

Proprio grazie ai cartellini, gli inquirenti hanno rintracciato una parte delle presunte vittime che hanno fornito in sostanza la stessa versione dei fatti. Racconta un uomo: "Ho acquistato circa quattro volte negli ultimi otto anni attraverso Bullara. Funzionava che ogni volta che avevo bisogno lo contattavo telefonicamente, lui mi diceva di andare nel negozio di viale Lazio ad acquistare la merce che mi serviva. A fronte di quegli acquisti provvedeva lui successivamente al pagamento dei beni che acquistavo io, di conseguenza pagavo a lui una somma mensile di circa 30 euro, nell'ultimo periodo a causa delle ristrettezze economiche la rata è stata di 20 euro. Ogni volta che doveva ritirare i soldi Bullara veniva a casa mia. Al prezzo della merce che acquistavo veniva applicato un interesse aggiuntivo perché nessuno fa niente per niente, ma non ho mai stabilito a quanto ammontasse questo prezzo ulteriore, poiché tra noi ci sono sempre stati rapporti di fiducia. La mia convenienza derivava dal fatto che, non avendo disponibilità economiche, Bullara mi consentiva di poter acquistare in maniera comoda quello cui avevo bisogno".

Acquisti per quasi 40 mila euro in viale Lazio

Come hanno ricostruito poi i finanzieri, non solo Bullara avrebbe incassato gli interessi sulle somme prestate, ma al negozio gli sarebbe stato praticato pure uno sconto del 30 per cento sulle spese dei suoi "clienti". Risulta che Bullara tra il 9 settembre 2017 ed il 25 agosto 2018 "ha acquistato per sé e per conto di altri 506 capi d'abbigliamento per un totale di 38.128,90 euro" nell'attività di viale Lazio.

Il racconto delle vittime

Un'altra persona ha riferito che "quando io e la mia famiglia avevamo bisogno di vestiti per occasioni particolari mi recavo nel negozio di viale Lazio e, dopo essermi presentato a nome di Bullara ed aver acquistato ciò di cui avevo bisogno, lui provvedeva a saldare il conto nel negozio. Gli accordi erano che gli avrei ridato i soldi con rate di 50 euro al mese. L'interesse era di circa 25-30 per cento". Spiega un'altra persona: "Ho acquistato corredi per i miei figli nel negozio di viale Lazio. Otto anni fa, Bullara mi ha fornito un tesserino che avrei dovuto dare al titolare sul quale era annotata una cifra che era quello che potevo spendere. Se ben ricordo ho speso mille o 1.200 euro. Gli accordi per restituire i soldi spesi erano di riconsegnare a Bullara una rata mensile di circa 70 euro. Era ovvio che lui per il servizio che offriva aggiungeva degli interessi ai soldi che mi prestava per comprare la merce, con un tasso del 20/25 per cento. La mia convenienza derivava dal fatto che non avendo molta disponibilità economica, Bullara mi ha consentito di poter acquistare, in maniera più comoda, quello di cui avevo bisogno".

"Pagavo 100 euro il 2 di ogni mese"

Un racconto confermato da un'altra presunta vittima: "Ho acquistrato più volte capi di abbigliamento negli ultimi anni tramite Bullara. Una volta, nel 2016, per la comunione di mia figlia. Sono andato nel negozio di viale Lazio e ho speso circa mille euro". Avrebbe poi dovuto restituire il prestito con rate da 10 a 25 euro settimanali: "Al prezzo della merce che acquistavo veniva applicato un costo aggiuntivo quale interesse per il prestito ricevuto che penso si aggirasse tra il 20-25 per cento". Un'altra donna dice: "Quando io o la mia famiglia avevamo bisogno di vestiti per occasioni particolari andavo nel negozio di viale Lazio e dopo essermi presentata a nome di Bullara, acquistavo ciò che mi serviva. Gli accordi erano che gli avrei ridato i soldi con rate di 100 euro al mese e veniva a riscuotere il 2 di ogni mese".

"Non lavoravo e mia moglie era malata..."

Un uomo riferisce agli investigatori anche della sua grave situazione famigliare: "Ho preso merce tre o quattro volte e ho speso mediamente dai mille ai 1.200 euro, dovevo restituire circa 100 euro al mese, che avrei iniziato a pagare non appena fossi uscito dalla cassa integrazione. Ho restituito circa 6.500 euro e allo stato credo che ci siano ancora 2 mila euro da restituire. Ero in grandi difficoltà in quel periodo, con il lavoro avevamo spesso periodi di cassa integrazione, mia moglie aveva una grave malattia ed avevo quattro figli da mantenere. Quando acquistai questi corredi, l'unico modo era rivolgermi a Bullara. Ho compreso che il prezzo di 6.500 euro che sto restituendo è un prezzo maggiorato rispetto alla merce che nel tempo ho acquistato, ma l'ho accettato in quanto ritenevo fosse parte del servizio". Una donna racconta: "Bullara mi dava un buono con una cifra che era intorno ai 500 euro. La signora del negozio mi chiedeva 'con chi siete?' e io davo il buono e dicevo 'con Bullara'. Non so stabilire quante volte mi sono rivolta a Bullara, avendo tre figli, le esigenze erano tante e frequenti, tuttora mi trovo a pagare ancora per gli importi spesi, l'accordo era basato su una restituzione di circa 100 euro al mese".

"Quando saldava il conto gli facevamo lo sconto"

Gli inquirenti hanno sentito anche i titolari del negozio di viale Lazio, che avrebbero sostanzialmente confermato il meccanismo - negando però qualsiasi contratto con l'indagato - e spiegato che "quando Bullara veniva per saldare il conto, applicavano in suo favore uno sconto del 30 per cento sull'intero importo".

Il gip: "Le vittime erano tutte in condizioni di difficoltà"

Gli inquirenti e anche il gip rimarcano come Bullara avrebbe continuato ad incassare le rate anche dopo la perquisizione del 2018. Il gip scrive che coloro che chiedevano i prestiti "versavano in condizioni di bisogno, taluni erano privi di occupazione, sia fissa che saltuaria, altri erano già stati segnalati alla Centrale dei rischi per non aver adempiuto diligentemente a debiti contratti con gli istituti di credito" e sarebbero stati quindi "nella situazione di dover accettare condizioni svantaggiose di prestito da parte di un soggetto estraneo al circuito legale, al fine di poter accedere a determinati beni". Il giudice oltre ai domiciliari ha disposto il sequestro di conti, polizze assicurative, di una macchina, di uno scooter, del panificio di via Castellana, di un terreno e di un altro immobile.

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