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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Al porto con documenti falsi, catturato tunisino "a rischio radicalizzazione"

Ben Mohamed Ayari Borhane era fuggito nella notte tra il 17 e il 18 maggio da Milano. Era diretto in Tunisia. Arrestato inizialmente per droga, in carcere si era autoproclamato imam. Si indaga per cercare eventuali complici che lo abbiano aiutato durante la latitanza

Si è conclusa a Palermo la fuga di Ben Mohamed Ayari Borhane, il detenuto tunisino del carcere di Opera considerato "pericoloso e a rischio radicalizzazione" evaso la notte tra il 17 e il 18 maggio dall'ospedale Fatebenefratelli di Milano, dove era stato portato per accertamenti. L'uomo è stato catturato nel capoluogo siciliano dagli agenti del Nic, il Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria. Stava per imbarcarsi per la Tunisia con un passaporto falso.

Le operazioni sono state coordinate dal capo del pool antiterrorismo di Milano, Alberto Nobili, e affidate al pm Ilaria Perinu con il supporto delle diramazioni territoriali del Nic e in particolare quelle di Milano, della Toscana, dell'Emilia Romagna, della Campania, di Palermo. Coinvolta anche la Questura di Palermo. Ora gli inquirenti vogliono accertare se l'uomo abbia goduto di appoggi logistici e complici.

Presumibilmente si trovava a Palermo dal 20 maggio. Ieri sera, quando si è recato alla biglietteria per imbarcarsi per la Tunisia, non sapeva che dall'altra parte dello sportello c'era un agente della Nic. "Complimenti, ma come avere fatto a trovarmi?", le sue prime parole dopo la cattura.

Borhane era stato trasferito a Opera dalla Casa di reclusione di San Gimignano dove si trovava per una condanna fino al 2032 per traffico di droga in base a un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Bologna. Un detenuto "comune", all'inizio, ma con l'inclinazione al fanatismo che in cella ha raggiunto il suo acme. Fin dal 2014 era monitorato per la sua inclinazione a predicare la Jihad e in carcere si era autoproclamato imam. Nella sua cella era stato trovato anche materiale propagandistico ed era "sottoposto ad attività di analisi con profilo 'alto monitorato' per rischio radicalismo", ritenuto quindi pericoloso. Tanto che subito dopo l'evasione la sua fotografia era stata subito diffusa a tutte le forze dell'ordine ed era scattata una caccia all'uomo. Al Fatebenefratelli era stato portato perché aveva detto di aver ingoiato una lametta da barba. 

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