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Cronaca

Trattativa Stato-mafia, pentito tira in ballo Martelli: arriva la querela

Il collaboratore di giustizia Carmelo D'Amico, ascoltato come teste, aveva parlato del coinvolgimento dell'ex Guardasigilli negli attentati di Capaci e via D'Amelio. L'ex Guardasigilli: "Falsa rappresentazione per usufruire dei privilegi previsti"

Collaboratore giustizia indica Martelli come mandante delle stragi del '92, lui risponde con una querela. L'ex ministro della Giustizia ha dato mandato al suo avvocato Stefano Giordano, del foro palermitano, di presentare una denuncia per calunnia alla Procura della Repubblica nei confronti del pentito Carmelo D'Amico. Quest'ultimo, ascoltato in qualità di teste nelle scorse settimane al processo sulla trattativa Stato-mafia, aveva parlato del coinvolgimento dell'ex Guardasigilli negli attentati di Capaci e via D'Amelio.

D'Amico, si legge nel documento di querela, "durante il suo esame ha reso dichiarazioni gravi, mendaci e calunniose" nei confronti dell'ex ministro Martelli, "che è stato accusato di rappresentare lo Stato nella presunta trattativa con Cosa Nostra avvenuta dopo gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E non solo. Ove ciò non bastasse - prosegue la querela - nel corso del controesame da parte delle difese degli imputati, avvenuto nell'udienza del 15 maggio 2015 il D'Amico non solo ha confermato le dichiarazioni sopra citate, ma ha aggiunto un'ulteriore, grave ed infamante accusa nei confronti dello scrivente. Rispondendo, infatti, alle domande del pubblico ministero, aveva indicato in Andreotti, negli uomini dei servizi segreti e in Provenzano e Riina, i mandanti delle stragi in cui hanno perso la vita Falcone e Borsellino. Quindi ha cambiato improvvisamente versione e ha individuato i responsabili degli attentati in questione in coloro che all'epoca rivestivano le cariche di ministri dell'Interno e di Grazia e Giustizia".

Per Martelli, il comportamento di D'Amico - che al processo ha riferito cose rivelategli dai boss Nino Rotolo e Vincenzo Galatolo in cella tra il 2012 e il 2014 - si è rivelato "tutt'altro che spontaneo e trasparente, finendo per creare una falsa rappresentazione della realtà storica al fine di usufruire delle agevolazioni previste per i collaboratori di giustizia". D'Amico, uomo di Cosa nostra di Barcellona Pozzo di Gotto per circa 20 anni, autore di numerosi omicidi e anello di congiunzione tra i clan di Palermo e quelli di Catania, ha spiegato le ragioni del suo pentimento con la volontà di cambiar vita, successivamente all'anatema lanciato contro i mafiosi da Papa Francesco in quella ormai storica omelia in Calabria.

Sulla drammatica stagione delle stragi, e sulla "trattativa", Claudio Martelli ha spiegato che - venuto a conoscenza di un'iniziativa informale di alcuni ufficiali del Ros diretta a creare un contatto con Vito Ciancimino, l'ex sindaco di Palermo, e tramite lui con i vertici di Cosa nostra, per trovare un accordo al fine di fermare le stragi - "ho immediatamente manifestato il mio dissenso su quanto stava accadendo". Da qui la conclusione dell'ex Guardasigilli: "D'Amico ha fornito delle motivazioni alquanto improbabili ed inverosimili, alludendo tra l'altro al presunto timore di essere ucciso in carcere dai servizi segreti, come avvenuto in altre circostanze a lui note, delle quali però, stranamente, non ha saputo riferire alcunchè".

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