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Cronaca

L'agente corrotto e il business dei cellulari all'Ucciardone, via al processo per 8 imputati

Erano tutti coinvolti nell'inchiesta "Mobile phones in cell" che a ottobre aveva portato a 5 arresti, tra cui quello del poliziotto penitenziario Giuseppe Scafidi: in cambio di 500 euro avrebbe permesso che i telefonini, nascosti in patate e panini, arrivassero ai detenuti. A fine marzo l'udienza preliminare

"Ci sono le guardi corrotte... Paghi la guardia e ti entra qualsiasi cosa", così raccontava un detenuto alla moglie per descrivere - con una sintesi efficacissima - cosa sarebbe accaduto all'Ucciardone, dove diversi reclusi sarebbero riusciti ad avere a disposizione dei telefonini. Adesso il procuratore aggiunto Sergio Demontis ed il sostituto Andrea Fusco hanno chiuso l'inchiesta che, alla fine di ottobre aveva portato a 5 arresti, e hanno chiesto il rinvio a giudizio per 8 indagati, compreso un agente della polizia penitenziaria in servizio nel vecchio carcere borbonico. Per loro alla fine di marzo si terrà l'udienza preliminare davanti al gup Marco Gaeta.

Dall'inchiesta della polizia penitenziaria "Mobile phones in cell" era emerso che i cellulari - nascosti in panini e patate - sarebbero stati lanciati dall'esterno nel cortile dell'Ucciardone. La complicità dell'agente sarebbe stata fondamentale e in cambio dei suoi "servizi" avrebbe ottenuto 500 euro per ogni telefonino che riusciva ad arrivare oltre le sbarre. In più nelle celle sarebbe entrata anche droga.ù

All'udienza preliminare dovranno presentarsi il poliziotto penitenziario Giuseppe Scafidi, che aveva ammesso le sue responsabilità, ma anche Fabrizio Tre Re (già condannato in appello assieme a Calogero Pietro Lo Presti per l'omicidio di Andrea Cusimano, avvenuto al mercato del Capo ad agosto del 2017), la moglie, Teresa Altieri, Rosario Di Fiore, Franco Caiolo (di Sant'Agata di Militello), il trapanese Maurizio Di Bella, l'agrigentino James Burgio e Nicola Spinnato, di Cantù.

Gli arresti erano stati disposti dal gip Piergiorgio Morosini e dalle intercettazioni venivano fuori gli accordi per far arrivare i cellulari in carcere. La moglie di Tre Re gli diceva per esempio: "Il piccolo vuole il telefonino, glielo devo andare a comprare" e lui rispondeva: "E perché non glielo dai? Gli dai l'Alcatel? A casa ce l'hai? Ma come si fa? Boh... Ma scusa non glielo hai comprato al bambino?" e la donna: "Gliel'ho pagato però non me l'ha dato quello del negozio". Per gli investigatori, però, il significato sarebbe che "pur avendo la donna provveduto a far recapitare la tangente a Scafidi, questi non aveva ancora fatto pervenire il telefono a Tre Re".

Scafidi aveva ammesso di aver preso soldi per far arrivare i cellulari all'Ucciardone, raccontando anche che nel caso di di quello consegnato al detenuto Caiolo avrebbe ricevuto 1.500 euro. A mettere nei guai l'agente erano anche le conversazioni captate tra moglie e la madre: "I soldi se li è presi, in pratica gli hanno chiesto un favore dall'esterno, gli hanno fatto gola quei soldi... Ora per colpa di questa cazzata invece di rialzarci economicamente ha buttato ancora più giù. Io avevo visto dei telefonini in casa..." e aggiungeva: "Prima li aveva in casa poi dalla casa li ha spostati giù nel motore altrimenti venivano a fare la perquisizione a casa... E' un deficiente, il bello che ha anche il diploma di ragioneria!".

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