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Cronaca

Il Tar boccia il piano regionale di tutela della qualità dell'aria: "Dati non più attuali"

Nel provvedimento emesso dai giudici amministrativi vengono evidenziati gli errori della Regione che dovrà procedere "con solerzia ad adeguare la rete di rilevamento avvalendosi dell'Arpa". L'assessore all'Ambiente Toto Cordaro: "Attendiamo le motivazioni". Cgil: "Fallimento della politica"

Il Tar boccia il piano regionale di tutela della qualità dell’aria. Nel provvedimento emesso dai giudici amministrativi vengono evidenziati gli errori della Regione Siciliana che dovrà procedere "con solerzia ad adeguare la rete di rilevamento ed aggiornare i dati secondo le previsioni normative ed avvalendosi dell’Arpa".

Si tratta di una prima vittoria per le aziende sostenute da Confindustria, che hanno sempre auspicato il dialogo con la Regione e al tempo stesso ribadito che il piano non poteva essere attuato. “Il rapporto annuale sulla qualità dell’aria 2015 allegato al piano - stabiliscono i giudici del Tar - evidenzia come molte delle stazioni di misurazione non raggiungano i valori di efficienza previsti”. Ed anche “il ministero dell’Ambiente nelle osservazioni al piano ha rilevato l’inadeguatezza della rete di monitoraggio”. Nelle conclusioni, i giudici scrivono che “i ricorsi devono essere accolti nell’interesse di parte ricorrente con annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte il cui il piano dell’aria impone alle società misure e attività che comporterebbero oneri ingenti e del tutto sproporzionati a fronte di dati non conformi ai necessari predisposti normativi e rispetto al beneficio ambientale perseguito”

"Il piano dell’aria, così come promulgato dalla Regione siciliana, avrebbe smantellato la maggior parte delle industrie isolane gettando sul lastrico decine di migliaia di famiglie e avrebbe fatto collassare l’economia di alcune province. Si sarebbe bloccato qualsiasi sviluppo e impedita la possibilità di una evoluzione verso una economia green per produrre solo macerie e deserto industriale" afferma Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia. "Avevamo chiesto più volte di aprire un confronto - prosegue - per modificare le misure adottando parametri realistici per consentire investimenti per la riqualificazione e la tutela dell’ambiente senza distruggere i posti di lavoro. Sino ad oggi però abbiamo ricevuto dalla Regione solo riposte ambigue e dilatorie. Adesso con questa sentenza c'è l’occasione di ripartire facendo un discorso serio su lavoro, ambiente e transizione verso l’economia verde, che libera investimenti. Speriamo che la Regione non si incanaglisca nel riprodurre una situazione drammatica. Il sindacato ha già proclamato azioni di lotta. Basta nascondersi dietro capziose rigidità burocratiche, come dimostra l’attuale sentenza, il governo si assuma le proprie responsabilità e cambi passo”.

L'assessore regionale al Territorio e all'ambiente, Toto Cordaro, attende però di conoscere le motivazioni: "Apprendiamo della sentenza del Tar di Palermo che riguarda il piano della tutela e della qualità dell’aria della Regione Siciliana. Non siamo ancora in possesso delle motivazioni relative al piano, redatto dall’Arpa-Sicilia; di conseguenza, seppur le sentenze vanno applicate sempre, ci riserviamo di esprimerci non appena tale provvedimento sarà notificato. Quanto agli obiettivi del governo regionale, restano per noi priorità assolute la tutela dell’ambiente e della salute pubblica e la salvaguardia dei livelli occupazionali. Come conciliarle, lo concorderemo in un confronto leale con le parti interessate".

“La sentenza del Tar, che accoglie i ricorsi delle multinazionali del petrolio e del cemento contro il piano regionale di tutela dell’aria, rappresenta il fallimento della politica. Come sindacato abbiamo più volte sollecitato  una soluzione concordata al tavolo negoziale, che mettesse assieme i temi del rilancio dell’industria, dell’occupazione e della tutela dell’ambiente. Oggi questo tavolo diventa ancora più urgente”: lo dice Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia. “La sentenza del tribunale amministrativo regionale- rileva Mannino.- certifica l’esistenza di un problema che era già noto, che continua a esistere e che va risolto. Il tema della transizione energetica non può essere affrontato con superficialità – sottolinea- e le sentenze della magistratura come quest’ultima piuttosto che mettere un punto su temi delicati come quelli della tutela ambientale devono essere intese come un impulso all’ avvio di un percorso incentrato sulla responsabilità  di tutti i soggetti in campo, a partire dalla politica, e finalizzato al rilancio dell’apparato industriale nella sostenibilità ambientale”.

Mannino è critico sull’azione del governo regionale: “Quest’ultima vicenda- dice- si aggiunge ai tanti fallimenti di una politica stagnante che galleggia sui problemi. Dal Presidente della Regione- aggiunge- abbiamo nella sostanza solo proclami, poi le misure della finanziaria per lo sviluppo e l’occupazione non decollano, i fondi non vengono spesi, il rapporto col governo nazionale, in questa fase fondamentale, viene esperito dall’esecutivo regionale come contrapposizione continua , dando fiato alle trombe delle polemiche di piccolo cabotaggio, invece che a quelle dell’azione e della soluzione dei problemi che sono di competenza della Regione”. 

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