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Cronaca

Suicidi, dopo il lockdown escalation allarmante: quattro tentativi sventati negli ultimi 10 giorni

A Palermo e provincia si registra un 15% di episodi in più rispetto all'anno passato. Tre persone sono state salvate dal tempestivo intervento della polizia, mentre una donna è sopravvissuta grazie ai fili della biancheria che ne hanno attutito la caduta. L'esperto Daniele La Barbera: "Parlarne può salvare vite, basta considerare il suicidio un tabù"

Giovani studenti, uomini e donne di ogni età frastornati dopo quasi due anni di pandemia. Magari per un problema in famiglia o sul posto di lavoro, per un litigio considerato insanabile con la compagna. Strozzati dalle difficoltà economiche o travolti dal mare in tempesta, in balia delle onde e dei cattivi pensieri. Le motivazioni appaiono le più disparate e non sempre si riesce ad arginare la volontà di una persona che ha deciso di farla finita. Gli episodi si moltiplicano con il passare dei giorni raggiungendo numeri allarmanti che molto spesso vengono sottaciuti, sia per evitare lo spirito di emulazione sia per tutelare la privacy dei protagonisti di momenti così delicati e intimi. Sempre con maggiore frequenza la centrale operativa del 112 si trova a dover raccogliere le telefonate disperate di qualcuno che vuole tentare il suicidio o che, più semplicmente, ha bisogno di aiuto. Come accaduto negli ultimi 10 giorni, con quattro tentativi di suicidio registrati tra Palermo e provincia. Tre dei quali sventati dalla polizia, e uno invece non riuscito per puro caso.

Sul fronte statistico, analizzando le informazioni ottenute dalla questura e relative alla provincia di Palermo, alla fine di maggio 2021 i suicidi tentati (55) e quelli consumati (10) avevano quasi raggiunto, in soli sei mesi, i numeri dell’anno precedente. Sommando i dati forniti dal Comando provinciale dei carabinieri, e proiettando il trend sino a fine anno, si arrivava a un +10-15% finale. Che, tradotto, significa all'incirca cinque decessi in più in un anno. Ogni cinque interventi delle forze dell'ordine, uno si conclude con la morte del suicida. "Tra marzo e aprile 2020 - afferma a PalermoToday il professore Daniele La Barbera, direttore dell'Unità di psichiatria del Policlinico - il mondo moderno ha attraversato una delle sue fasi più terribili, ciononostante i suicidi sono diminuiti in tutto il mondo. Tra le varie spiegazioni quella secondo cui ciascuno di noi avrebbe subìto gli effetti di quel periodo fatto di regole strettissime, mascherine, code e distanziamenti, il tempo scorreva lentamente. Questo ha dato meno margini di spazio per azioni del genere".

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Il primo consiglio è parlarne: "Bisogna rompere questo muro, non è un tabù"

"Chi pensa al suicidio - aggiunge La Barbera - può farlo con diversi livelli d’intensità. Può essere un pensiero lontano, può sfiorare la nostra mente e allontanarsi o diventare insistente, presente, invadente. Può diventare progetto, consolidarsi e strutturarsi. Quando questo pensiero diventa insistente, la prima cosa da fare è parlarne con qualcuno, anche se si prova timore o vergogna. Possiamo essere catturati dall'idea, attratti da un proposito indicibile che contrasta con l’istinto fondamentale della vita. Se il paziente capisce di parlare con chi ha la sensibilità per ascoltare, con chi può contenere questo peso, la pressione diventata patologica può iniziare ad allentare. E' bene dunque parlarne, che sia amico o un familiare, bisogna rompere quel muro e non considerarlo un tabù". In mancanza di qualcuno vicino, esistono dei consultori o delle associazioni specializzate, come - a Palermo - la Afipres Marco Saura, l'Associazione famiglie italiane per la prevenzione del suicidio che mette a disposizione una linea d'ascolto 24 ore su 24.

Diversi suicidi sventati dalla polizia in pochi giorni

L’ultimo episodio alcuni giorni fa in zona Libertà. Un ragazzo poco più che ventenne, forse per una delusione d’amore ma sicuramente preda di uno stato depressivo, ha approfittato di un momento di assenza dei familiari per provare a togliersi la vita. Una tragedia scongiurata solo grazie all’intervento delle squadre di polizia dell’Uopi, le Unità operative di primo intervento che hanno raccolto la chiamata di chi aveva visto quel giovane a cavalcioni sul passamano di una scala, pronto a lanciarsi dal quarto piano. Un intervento tempestivo e molto pericoloso se si pensa al rischio corso da chi, per spirito di servizio, non ha indugiato ad aggrapparsi all'obbiettivo per meterlo in salvo. Rischiando di cadere nel vuoto ma ottenendo il risultato di aver salvato una vita umana.

Pochi giorni prima era stato un 45enne, che non riusciva a rassegnarsi alla fine di una relazione, ad avere tentato il suicidio nella zona di via Villagrazia. Si era stretto una corda al collo, aveva legato l'altra estremità a un albero e si era buttato. Questa volta l’intervento degli uomini delle volanti è stato richiesto da un amico dell’uomo, che per telefono aveva lasciato intendere che avrebbe provato a togliersi la vita. I poliziotti dell’Ufficio prevenzione generale hanno raggiunto l’abitazione poco prima del’ambulanza e hanno scavalcato un cancello, trovandosi pure a dover superare la paura indotta dalla presenza di due grossi cani. Non c'era però tempo da perdere. L’uomo era a terra, incosciente. La corda non aveva retto ma il suo cuore sembrava essersi fermato. Nulla che un massaggio cardiaco non potesse, almeno temporaneamente, risolvere. Poi l’intervento del 118 e il trasporto urgente al Civico.

Diversa modalità ma stesso epilogo per un altro episodio avvenuto all'inizio di febbraio nella zona della Zisa. I poliziotti hanno salvato una casalinga poco più che quarantenne che aveva deciso di buttarsi da una finestra al terzo piano. Solo gli agenti, con una lunga opera di mediazione, sono riusciti a evitare il peggio convincendo la donna che ci fosse un’altra risposta a qualsiasi problema. Ma purtroppo non finisce sempre così.

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Pochi giorni fa una donna di 45 anni, una badante che si trovava in casa di due anziani, si è lanciata da un appartamento che si trova al quinto piano di uno stabile nella zona di via Sciuti. Una caduta da un’altezza considerevole smorzata “miracolosamente” dai fili delle biancheria (foto in alto) di un’abitazione al terzo piano e dai rami di un albero. La donna è stata soccorsa e portata al Trauma center di Villa Sofia dov’è entrata in codice rosso e ricoverata per diversi delicat traumi. La lista degli episodi è drammaticamente più lunga. Come successo alcuni giorni fa a Lercara, dove un operaio di mezza età si è tolto la vita in casa, durante la pausa pranzo tra un turno di lavoro e l’altro.

"A livello psicologico avremo conseguenze a medio e lungo termine"

“L’emergenza sanitaria - prosegue La Barbera (foto in basso) - ha accentuato i problemi esistenti e ne ha creati di nuovi. Il suicidio può assumere i contorni di una protesta disperata, può essere una forma di violenza massima, esercitata su se stessi o sulla famiglia, ma anche un tentativo di rinascita psicotico. Riveste una quantità di significati enorme. Come sta agendo la pandemia, con tutto ciò che comporta sulla mente, sia a livello individuale che collettivo? Da un anno e mezzo stiamo vivendo in un universo parallelo, una sorta di bolla. C’è un sottofondo di precarietà, di preoccupazione. E’ stato un fatto nuovo per la storia psichica dell’umanità. Con la peste e la spagnola è stato diverso. Il sistema dei media ha trasformato tutto in un’esperienza traumatica collettiva, globalizzata. Siamo stati tutti implicati nello stesso stato d’animo, di ansia, d’inquietudine, all’unisono coinvolti in una grossa condizione traumatica di dimensioni colossali. Purtroppo dobbiamo aspettarci delle conseguenze a breve, medio e lungo termine".

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In alcuni casi, spiega il professore, c'è chi "trova intollerante vivere e pensa che morire sia un male minore. 'Se continuo a vivere, peggioro la mia rovina'. Questa è la modalità fra le più gravi e può portare ai cosiddetti casi di omicidio-suicidio. Pensiamo a chi ha un familiare o un figlio fragile. Il suicidio può essere la scelta di un momento istintuale o frutto di un ragionamento più lungo". Il pensiero va anche ai giovani che però spesso, fortunatamente, riescono a trovare risposte diverse alle situazioni di diffcoltà.

"Durante il primo lockdown - spiega La Barbera - c’era chi la viveva più felicemente, magari cucinava, impastava, scriveva o componeva musica. C'era invece chi la viveva covando un sentimento di rabbia e ostilità che si poteva manifesae anche nell'aggressività, magari fra le mura domestiche. La variabilità non ha limiti né confini e non esiste una spiegazione unica, un percorso unico che conduca a una soluzione. Non abbiamo neanche iniziato a capire cosa abbia rappresentato la pandemia, che ha agito diversamente per ognuno di noi. C’è chi ha trovato strategie di adattamento, chi ha sviluppato resilienza, resistenza, ma c'è anche chi non è riuscito a farlo".

E tornando ai ragazzi: "Per gli adolescenti la pandemia - conclude La Barbera - ha rappresentato un problema enorme: è stato sottratto loro un anno di vita, sono stati privati di un periodo di sviluppo che forse non recupereranno mai. E invece dopo tutto questo tempo siamo qui con la mascherina. L’aspetto temporale ha la sua importanza, per gli adolescenti è un moltiplicatore del disagio enorme. Significa bloccare lo sviluppo della loro mente in un periodo cruciale in cui quelle esperienze giocano ruolo fondamentale: si pensi al sistema affettivo e alle esperienze sociali che non potranno essere recuperate interamente. Era quella la finestra evolutiva. Questo può avere influito sugli episodi suicidiari".
 

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