Via D'Amelio, Santino Di Matteo: "Mai creduto a Scarantino, lo dissi 25 anni fa"

A Vincenzo Scarantino, il falso pentito del processo sulla strage di via D'Amelio, non ha mai creduto. Il collaboratore di giustizia Santino Di Matteo - papà del piccolo Giuseppe, il bambino sciolto nell'acido dalla mafia - lo ha detto e ribadito. Ieri (25 anni fa) a chi indagava sull'uccisione del giudice Borsellino e degli agenti della sua scorta; oggi in un'intervista rilasciata a Paolo Borrometi per il Tg2000, il telegiornale di Tv2000.

"Come si fa a credere alle parole del pentito Scarantino? Ho detto subito che Scarantino aveva detto un sacco di bugie e fesserie sulla strage di via D’Amelio, da siciliano non capivo cosa dicesse. La ragione me l’hanno data dopo 25 anni". Queste le parole di Santino Di Matteo, uno dei pentiti chiave nel processo sui mandanti della strage di Capaci. Per le sue rivelazioni il figlio Giuseppe venne rapito, ucciso e sciolto nell’acido nel 1996 quando aveva 15 anni. 

"Ieri sera - ha spiegato Di Matteo - ho sentito in tv l’intervista a Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino. Venticinque anni fa io ho avuto un confronto con Scarantino. Quando ha finito di parlare ho detto: 'Guardate che questo non fa parte di nessuna organizzazione. Questo più che rubare ruote di scorta, radio delle macchine o vendere qualche pacchetto di sigarette di contrabbando, non ha fatto. Questo non sa, ve lo dico io. Poi se voi non mi volete credere chiamate altre persone'… Perciò ho fatto chiamare La Barbera (Arnaldo, ex capo della squadra mobile di Palermo e coordinatore delle prime indagini su via D’Amelio ndr), ho fatto chiamare Cangemi (Salvatore, collaboratore di giustizia ndr)… E' risultato tutto quello che avevo detto io: questo (Scarantino ndr) non lo abbiamo mai visto, non fa parte di nessuna cosa (organizzazione ndr). Già 25 anni fa il processo poteva prendere un’altra piega, invece ora si riparte di nuovo. Lo Stato ha buttato un sacco di miliardi".

I misteri di via D'Amelio, parla Fiammetta Borsellino

Dichiarazioni di un certo "peso" che arrivano a stretto giro di posta dall'intervista di Fiammetta Borsellino a "Che tempo che fa", il programma di Fabio Fazio andanto in onda ieri su Rai Uno. "Perché non mi hanno creduto? Bisognerebbe chiederlo a coloro che mi hanno interrogato - risposto Di Matteo -. C’era il questore Arnaldo La Barbera che tutti i giorni mi veniva a trovare alla Dia in via Cola Di Rienzo a Roma. Ogni volta mi diceva di andare a fare una passeggiata. La Barbera mi chiese aiuto per trovare un collaboratore di giustizia. Lui era fissato nel trovare un collaboratore di giustizia per la strage di via D’Amelio".

"Tommaso Buscetta - ha concluso Di Matteo - aveva ragione quando diceva che la mafia non ha scadenze. Le condanne a morte della mafia non cadono mai in prescrizione. I mafiosi pensano che prima o poi chi ha sbagliato deve pagare. Mi auguro che questo non accada; spero che lo Stato intervenga perché non può abbandonare le persone che lottano contro la mafia. È una lotta che si fa giorno per giorno; non pensate che la storia sia finita. Ultimamente a Palermo hanno arrestato il nipote di Michele Greco e altri nipoti di boss".