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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Morto sul furgone militare mentre andava a vedere Juve-Inter: dopo 37 anni indennizzo per un palermitano

Riconosciuto dalla Cassazione lo status di vittima del dovere a Filippo Russo: con altri 35 marò era sul mezzo che il 18 dicembre 1983 li stava portando a Torino per vedere la partita e che precipitò giù da un cavalcavia a Genova. Lo Stato dovrà versare un vitalizio ai suoi parenti

Erano tutti giovanissimi militari di leva e quel 18 dicembre del 1983, su un pullman dell'esercito, stavano andando a vedere la partita tra Juventus e Inter a Torino. Ma non arrivarono mai allo stadio perché il mezzo - in pessime condizioni come è stato accertato in via definitiva - sbandò dopo un sorpasso, appena fuori da una galleria dell'autostrada Genova-Livorno, e precipitò da un cavalcavia alto circa 70 metri. Morirono in 36 e tra le vittime c'era anche un ragazzo palermitano, Filippo Russo. Adesso la Cassazione civile ha accolto l'istanza della sua famiglia e gli ha riconosciuto lo status di vittima del dovere (equiparata quindi a quelle del terrorismo e della mafia), stabilendo che spetti quindi un indennizzo. Si tratta di un vitalizio che, dopo il rinvio dalla Suprema Corte, dovrà essere quantificato da una nuova sezione della Corte d'Appello di Palermo. A pagare - dopo quasi 40 anni - saranno i ministeri dell'Interno e della Difesa.

La famiglia Russo arriva tra le ultime a questo riconoscimento, che le era stato negato prima dal tribunale civile e poi dalla Corte d'Appello, a luglio del 2014. Ha dovuto aspettare sei anni perché il ricorso venisse trattato dalla Cassazione, che ora ha annullato i verdetti precedenti. Nel frattempo, per altri parenti delle vittime, tutti assistiti come i Russo dall'avvocato Andrea Bava del Foro di Genova, nel 2017 si erano già pronunciate sulla vicenda le Sezioni Unite. La decisione dei giudici rispetto all'istanza dei palermitani si uniforma quindi a quell'orientamento.

Durante il processo penale, chiuso ormai da anni, era stato stabilito che il furgone Iveco sul quale erano stati trasportati i marò aveva le gomme lisce e totalmente usurate e - in una giornata di pioggia battente come quella del 18 dicembre di 37 anni fa - era stato proprio questo a provocare l'incidente, all'altezza dello svincolo Genova Nervi. Il mezzo era volato dal viadotto sul rio Castagna. I militari, in missione di rappresentanza verso lo stadio di Torino, erano partiti dalla caserma Maricentro di Aulla, nello spezzino, e poi fecero una fine simile a quella delle 40 persone che in tempi più recenti, il 28 luglio del 2013, volarono giù dal viadotto Acqualonga, a Monteforte Irpino, in provincia di Avellino, sulla A16.

E' stata una lunga battaglia giudiziaria e negli anni si sono susseguiti diversi processi, ma in sede civile il nodo da sciogliere ha riguardato l'interpretazione di una legge del 2005 che riconosce come vittime del dovere chiunque abbia "contratto infermità permantemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio".

Come ricorda la Cassazione nella sentenza che riguarda Russo, con la sentenza delle Sezioni Unite del 2017, "è stata adottata una nozione lata del concetto di missione nel senso che la stessa riguarda tutti i compiti e le attività istituzionali svolte dal personale militare, che si attuano nello svolgimento di funzioni o compiti operativi, addestrativi o logistici sui mezzi o nell'ambito di strutture, stabilimenti e siti militari". Inoltre, come prevede la legge del 2005, secondo i giudici ricorrono anche le "condizioni straordinarie", nello specifico quelle che "avevano aggravato il normale rischio connesso al trasferimento" e "determinate dall'utilizzo di un mezzo di trasporto in pessime condizioni di manutenzione a dispetto delle avverse condizioni meteorologiche, così come accertato definitivamente in sede penale".

La Cassazione, proprio perché - come nel caso di altre vittime della strage - ha ravvisato le "circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche" ha ritenuto "incontestato lo status di Filippo Russo quale vittima del dovere", cassando la precedente sentenza della Corte d'Appello di Palermo. Ora, a quasi quattro decenni dai fatti, bisognerà celebrare un nuovo processo, ma solo per stabilire l'entità del vitalizio da versare ai parenti del militare morto.

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