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Cronaca

Giallo sulla sparatoria allo Zen, poliziotti restano agli arresti domiciliari

Il Riesame ha rigettato la richiesta avanzata dall'avvocato dei due agenti, Nino Zanghì, che ha prodotto una controperizia: "Presenteremo ricorso. Il processo faccia il suo corso in tribunale, non sui giornali"

Restano agli arresti domiciliari i due poliziotti accusati di aver inscenato un sparatoria allo Zen. Il tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta avanzata dai legali dell’ispettore capo Francesco Elia e dell’assistente capo Alessandra Salamone, finiti sotto indagine per i reati di calunnia, simulazione di reato e procuratore allarme. Lapidario il commento dell’avvocato Nino Zanghì: “Presenteremo ricorso contro questa decisione, ma non voglio dire altro. I processi - ha dichiarato a PalermoToday - si fanno in tribunale, non sui giornali, e credo che di questa notizia se ne sia parlato troppo”. La tesi del pm Maurizio Bonaccorso, almeno per il momento, ha retto nuovamente di fronte a un giudice diverso da quello che firmò l’ordinanza di custodia cautelare.

I fatti risalgono al 16 marzo scorso, quando i due poliziotti hanno lanciato l’allarme alla sala operativa per chiedere l’intervento di altre pattuglie, sostenendo di essere finiti nel mezzo di una sparatoria. Nell’auto dei due agenti è stato trovato un buco nel cofano, mentre l’ispettore capo Elia è rimasto ferito a un braccio. Ferita che secondo l’accusa si sarebbe inflitto da solo. Dopo circa un’ora è stata individuata una Hyundai Atos, risultata rubata, che è stata al centro di un inseguimento terminato in via Filippo Di Giovanni. Dal mezzo è uscito un italiano di etnia rom, Roberto Milankovic (23 anni) che ha cercato di scappare arrampicandosi tra i balconi di una palazzina prima di essere fermato. Dopo l'accaduto il giovane è stato rinchiuso in carcere per oltre 50 giorni.

Le indagini, però, hanno rivelato che si sarebbe trattato di una messinscena. Il sospetto è che i due agenti possano aver simulato l’accaduto per ottenere "riconoscimenti e benefici" come sostenuto dall’accusa. A confermare questa ipotesi le immagini riprese da una telecamera e una perizia chiesta dal pm che getterebbe più di qualche dubbio sulla dinamica raccontata da Elia e Salamone. Inutile la controperizia prodotta dalla difesa. Sulle incongruenze riscontrate dalla Procura durante gli interrogatori di garanzia l’avvocato Zanghì non ha dubbi: "Chi riuscirebbe a essere lucido nel riferire dettagli precisi dopo un conflitto a fuoco?".

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