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Cronaca Zen / Via Nedo Nadi

"Sparò all'amico d'infanzia per un debito di 10 euro", condannato a 11 anni e 4 mesi

La pena è stata inflitta a Giacomo Cusimano che avrebbe aperto il fuoco contro Emanuele Cipriano, il 9 marzo dell'anno scorso, in via Nedo Nadi, allo Zen. La vittima, raggiunta da tre colpi, era riuscita a salvarsi

Una lite di cui non sono mai stati chiariti pienamente i contorni, forse un debito di 10 euro, forse un appuntamento mancato, ma tanto sarebbe bastato a Giacomo Cusimano per sparare all'amico d'infanzia, Emanuele Cipriano, il 9 marzo dell'anno scorso in via Nedo Nadi, allo Zen. La vittima era riuscita per fortuna a salvarsi e oggi per il suo aggressore è arrivata la condanna per tentato omicidio.

Il gup Elisabetta Stampacchia, al termine del rito abbreviato, ha infatti deciso di infliggere 11 anni e 4 mesi di carcere a Cusimano, una pena appena più alta di quella invocata dal sostituto procuratore Andrea Fusco. Il giudice ha inoltre riconosciuto una provvisionale di 20 mila euro a Cipriano, che si è costituito parte civile con l'assistenza dell'avvocato Antonio Turrisi.

La sparatoria era avvenuta sotto casa della vittima, un giovane meccanico che era stato raggiunto da tre colpi di pistola. La madre aveva sentito i colpi e si era affacciata, ritrovandosi davanti il figlio a terra e insanguinato. Nel frattempo Cusimano era scappato ed era stato rintracciato qualche ora dopo a piazza Croci, dov'era stato fermato dalla polizia.

La vittima: "Ha cercato di uccidermi senza motivo e si è rovinato"

Inizialmente si era pensato ad un regolamento di conti per questioni di droga, ma la pista era sfumata davanti ad una serie di messaggi "dai toni minacciosi" che i due si sarebbero scambiati su Whatsapp. I fratelli di Cipriano, Calogero, Giuseppe e Francesco, intervistati da PalermoToday, avevano ribadito che la vittima non aveva nulla a che fare con la criminalità. Secondo il loro racconto, inoltre, i due erano usciti insieme la sera prima e davvero non riuscivano a spiegarsi cosa sarebbe accaduto di così grave da spingere Cusimano a sparare all'amico d'infanzia.

Una spiegazione che alla fine non è mai venuta fuori, sicuramente - secondo la Procura - un motivo molto futile, addirittura un debito di 10 euro. Durante l'udienza di oggi, per la prima volta l'imputato ha deciso di fornire una sua versione dei fatti (si era avvalso della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio), ma non sarebbe risultato molto credibile: lo stub, che consente di rilevare le tracce di polvere da sparo, aveva dato esito positivo, quindi Cusimano non ha potuto negare di aver preso l'arma, ma avrebbe riferito che a portarla sarebbe stato Cipriano, che lui avrebbe poi disarmato. 

I rilievi della Scientifica dopo l'agguato | Video

La vittima, dopo essersi ripresa, aveva poi riferito che non capiva cosa fosse passato per la testa a Cusimano, che "si è comportato come un pezzente", escludendo debiti e questioni legate allo spaccio, Aveva anche raccontato che il 6 marzo l'imputato gli avrebbe dato un pugno, ma "io me la sono tenuta", cioè non aveva dato seguito alla violenza. "Mi diceva che non valevo nulla, che ero poco serio", aveva detto ancora Cipriano. La vittima dell'agguato aveva vissuto con i fratelli per 12 anni a Venezia, ma poi era dovuto tornare nel 2019 a Palermo per accudire la madre che nel frattempo si era ammalata e aveva così ripreso i rapporti con quello che era appunto un amico d'infanzia. Che, però, aveva poi tentato di ucciderlo.

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