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Cronaca Uditore-Passo di Rigano / Viale Leonardo da Vinci

Lo "spaccaossa" condannato a 13 anni vuole tornare a casa, no dei giudici: "Troppo pericoloso"

Luca Reina si trova agli arresti domiciliari al Nord, ma chiedeva di rientrare a Palermo e di essere recluso nella sua abitazione, assieme alla famiglia. La Cassazione: "Deve stare lontano, potrebbe riallacciare i rapporti con i suoi sodali e ricominciare a delinquere"

E' stato condannato ad oltre 13 anni di carcere perché avrebbe fatto parte di una delle bande di spaccaossa - i truffatori che per incassare in premi dalle assicurazioni simulavano incidenti stradali, ma rompevano realmente braccia e gambe a vittime compiacenti - e si trova agli arresti domiciliari al Nord. Luca Reina, però, ha chiesto di tornare a Palermo e di stare recluso nella sua casa. Un'istanza che era già stata respinta dal tribunale del Riesame l'anno scorso e che ora è stata definitivamente bocciata anche dalla Cassazione.

Non può tornare a casa, Reina, 46 anni, perché c'è "la necessità di tenerlo lontano dal territorio palermitano dov'erano stati commessi i reati a lui addebitati", dicono i giudici della quinta sezione della Suprema Corte, presieduta da Rosa Pezzullo. E rimarcano: "Il presidio cautelare era volto ad evitare che egli potesse riallacciare, stabilendosi nuovamente a Palermo, i contatti con i propri sodali e reiterare le condotte criminose per le quali è stato condannato".

"Mi hanno rotto il braccio con un mattone, piangevo ma non si fermavano"

La sua difesa, per ottenere il trasferimento, ha puntato sul fatto che in due anni ai domiciliari non avrebbe mai violato le prescrizioni e che avrebbe avuto "un corretto comportamento processuale, sintomatico di un percorso di revisione critica del proprio vissuto delinquenziale". Ma i giudici hanno ritenuto il ricorso "inammissibile" ed hanno pure condannato Reina a versare tremila euro alla Cassa delle ammende.

L'imputato era stato a maggio del 2019 bloccato nell'ambito dell'operazione "Over" dei carabinieri, che aveva smantellato un'altra delle bande che in città negli ultimi anni hanno truffato le assicurazioni (si stima in non meno di 15 milioni l'entità dell'imbroglio), mettendo in scena incidenti e speculando sulle difficoltà di vittime compiacenti che, in cambio di poche centinaia di euro, erano disposte a farsi massacrare con pesi da palestra e pietre di tufo (a volte senza neanche un'anestesia) per simulare al meglio le ferite.

Reina era stato condannato in primo grado a 10 anni e 10 mesi con il rito abbreviato, ma in appello, lo scorso novembre, la sua pena è stata addirittura aumentata e i giudici gli hanno inflitto 13 anni e 2 mesi.

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