L'omicidio di Enzo Fragalà, dopo 10 anni oggi è il giorno del verdetto
Per via dell’emergenza Coronavirus, la camera di consiglio si sta svolgendo nell’aula bunker dell’Ucciardone, al fine di garantire le giuste distanze tra i giudici. Sei persone legate al clan di Porta Nuova rischiano l'ergastolo. Il penalista morì il 26 febbraio 2010 dopo una brutale aggressione
A dieci anni dall’uccisione dell’avvocato Enzo Fragalà, oggi è il giorno della sentenza. Pochi minuti fa i giudici della prima sezione della Corte d’Assise presieduta da Sergio Gulotta si sono infatti ritirati in camera di consiglio: il verdetto dovrebbe arrivare nella tarda mattinata.
In realtà, per via dell’emergenza legata alla diffusione del Coronavirus, la camera di consiglio si sta svolgendo nell’aula bunker dell’Ucciardone, al fine di garantire le giuste distanze tra i giudici. Il processo si sta celebrando anche perché tra un paio di settimane sarebbero scaduti i termini di custodia cautelare per gli imputati: nessuno dei loro difensori si è però opposto allo svolgimento dell’udienza decisiva.
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A rischiare l’ergastolo sono Antonino Abbate, Francesco Arcuri, Salvatore Ingrassia, Antonino Siragusa, Paolo Cocco e Francesco Castronovo, tutti uomini del clan di Porta Nuova. Perché secondo l’accusa – rappresentata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli – quella di Fragalà fu un’esecuzione mafiosa: il penalista doveva essere punito perché sarebbe stato “sbirro” e cioè avrebbe favorito la collaborazione con la giustizia di diversi suoi clienti, portandoli anche a ricorrere al patteggiamento. Scelte non previste e considerate da “infami”, secondo il codice dell’omertà di Cosa nostra.
La lettera degli avvocati: "Siano riconosciute nostre funzioni e nostro ruolo"
Fragalà venne aggredito brutalmente a colpi di mazza sotto il suo studio, in via Turrisi, di fronte al palazzo di giustizia, la sera del 23 febbraio del 2010 e spirò tre giorni dopo in ospedale in seguito alle gravissime lesioni riportate durante l’agguato. Ci sono voluti anni, le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia (alcune delle quali rivelatesi poi errate), per giungere alla pista giusta ed arrivare finalmente al processo.
Sono costituiti parte civile i famigliari di Fragalà, rappresentati dagli avvocati Enrico Sanseverino ed Enzo Tarantino, la Camera penale, rappresentata da Giuseppe Scozzola, il Consiglio dell’ordine degli avvocati, assistito da Cesare Faiella, il Consiglio nazionale forense, difeso da Antonio De Michele, il Comune, assistito dall’avvocato Giovanni Airò Farulla, e l’associazione Caponnetto, rappresentata da Alfredo Galasso.