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Venerdì, 29 Marzo 2024
Tribunale

"Ti rompo una sedia in testa", minacce a un funzionario dei Rotoli: condannato impresario funebre

L'imputato avrebbe intimidito il dipendente del Comune per far seppellire una salma. Assolte altre tre persone. Il processo è uno stralcio di quello legato alla sparizione di due salme nel 2018, una delle quali venne ritrovata dopo mesi abbandonata tra i viali del cimitero

"Se non mi firmi l'autorizzazione ti rompo una sedia in testa", è così che avrebbe detto un impresario funebre, Paolo Rovetto al funzionario dei Servizi cimiteriali del Comune, Paolo Di Matteo, quando questi si sarebbe rifiutato di fare entrare ai Rotoli una salma che non avrebbe avuto le autorizzazioni in regola per essere tumulata. Minacce che oggi sono costate una condanna a due anni a Rovetto.

La sentenza è stata emessa dal gup Ermelinda Marfia, al termine del processo che si è svolto con il rito abbreviato. Il giudice ha contestualmente deciso di assolvere due necrofori, Diego Lo Cascio e Sebastiano Mercadante, difesi dagli avvocati Toni Palazzotto e Valerio Anastasio, e l'autista del carro funebre, Salvatore Riina. In un altro processo, sempre con l'abbreviato, a ottobre del 2020, Rovetto è stato condannato a 4 anni perché avrebbe trafugato due salme, poi rispuntate improvvisamente ai Rotoli, una delle quali addirittura dopo sei mesi dal decesso e abbandonata tra i viali del cimitero.

Lo stralcio che si è concluso oggi verteva su quanto accaduto in relazione alla salma di una donna, deceduta all'ospedale Cervello il 30 aprile del 2018, che sarebbe sparita per tre giorni, salvo ricomparire ai Rotoli senza le autorizzazioni necessarie per essere tumulata. Proprio per questo sarebbe nata la discussione tra Rovetto, dell'agenzia "L'ultima cena" con Di Matteo, che sarebbe stato pesantemente minacciato perché avrebbe vietato di procedere all'imputato.

Sotto processo erano finiti anche i due necrofori che, secondo l'accusa, sarebbero stati complici nell'operazione compiuta dall'impresario funebre perché avrebbero falsificato gli atti legati al decesso della donna. Accusa che il giudice non ha ritenuto sussistente, così come quella contestata a Riina.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Claudia Ferrari e Maria Rosaria Perricone, erano partite dopo il ritrovamento dei resti di un'anziana svizzera abbandonati lungo i viali dei Rotoli. Visualizzando le immagini riprese dalle telecamere sarebbe saltato fuori il furgone de "L'ultima cena" di Rovetto, che si sarebbe sbarazzato della salma della donna il 21 marzo del 2018. I nipoti dell'anziana, residente da anni a Palermo, si erano affidati proprio all'agenzia di Rovetto, chiedendo che la donna venisse cremata. L'imputato avrebbe però cercato di guadagnare tempo. Finché il corpo dell'anziana non era stato ritrovato dopo mesi nel cimitero. La donna, peraltro, non sarebbe neppure risultata morta per il Comune, in quanto l'imputato avrebbe falsificato i certificati.

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