Malasanità, donna morta per embolia: rinviata a giudizio l'equipe
La donna, di 32 anni, è deceduta nel gennaio del 2012. Nonostante fosse stata visitata diverse volte, i medici dell'ospdale Cervello potrebbero non essersi resi conto che avesse una trombo-embolia polmonare, frequente nelle donne che hanno abortito
Ancora un possibile caso di malasanità. Rinviati a giudizio i tre medici dell'ospedale Cervello che ebbero in cura Maria Grazia Livigni, la donna di 32 anni deceduta nel gennaio 2012 per un'embolia polmonare. I medici potrebbero non essersene accorti dopo l'aborto della donna. Ora dovranno rispondere di omicidio colposo.
Nessuno dell'equipe medica si era reso conto di cosa stesse succedendo alla donna, nonostante fosse stata visitata più volte. Ma basta cercare in qualunque enciclopedia o sito a carattere scientifico per constatare che la trombo-embolia polmonare è ricorrente nelle donne che abortiscono. Tre dei quattro medici dovranno affrontare il processo sino in fondo, mentre il quarto ha chiesto il rito abbreviato.
La donna, dopo un aborto ed un cesareo alla trentatreesima settimana, stava male e per questo era andata all'ospedale Cervello. Sarebbero almeno tre le visite a cui si sarebbe sottoposta Maria Grazia Livigni, ma in nessuna di quelle i medici capirono la gravità della situazione. Questo il risultato di una perizia tecnica affidata a tre consulenti nominati dal sostituto procura Gianluca De Leo. Secondo quanto scritto nella relazione, le sarebbero stati somministrati ansiolitici e terapie errate.