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La sentenza

Tonnellate di rifiuti non raccolti durante le feste di Natale del 2013: condannati 84 dipendenti Rap

Al centro del processo il caos che si creò fino all'Epifania, quando la città si trasformò in un'immensa discarica. Gli imputati sono stati condannati a pene tra 20 giorni e un mese e 20 giorni per interruzione di pubblico servizio. Assolti altri 6. Pendente il ricorso in Cassazione, già scagionati in via definitiva due dirigenti dell'ex municipalizzata

La città si trasformò in un'immensa discarica, con tonnellate di rifiuti non raccolti e lasciati a marcire in mezzo alle strade di ogni quartiere, proprio tra Natale e l'Epifania. Sono passati ormai anni da quelle festività a cavallo tra il 2013 e il 2014 e il processo ad decine di dipendenti della Rap per interruzione di pubblico servizio (per la Procura si sarebbero "assentati dal lavoro senza alcuna giustificazione o adducendo giustificazioni palesemente pretestuose") in appello ha portato alla conferma di 84 condanne, ma pure all'assoluzione di 6 operatori che in primo grado erano stati invece condannati. La sentenza risale ormai a diversi mesi fa, ma PalermoToday ne è venuto a conoscenza solo ora perché è oggi che è stata fissata la discussione in Cassazione (si terrà alla fine di novembre).

Gli assolti

Nello specifico, i giudici della prima sezione della Corte d'Appello, presieduta da Adriana Piras, dopo aver vagliato il ricorso di 91 imputati, di cui uno, Pasquale Fichera, è deceduto nelle more del processo (in origine erano ben 127), ha deciso di confermare in buona parte la sentenza emessa il 28 aprile del 2017 dal giudice della quinta sezione del tribunale monocratico, Salvatore Flaccovio, che aveva inflitto pene tra 20 giorni e un mese e 20 giorni, così come richiesto anche dal pg Emanuele Ravaglioli. Confermati anche i risarcimenti (quasi 200 mila euro in tutto) per la Rap e il Comune di Palermo che si sono costituiti parte civile. Il verdetto è stato rivisto soltanto per 6 degli imputati: l'assoluzione è arrivata così per Giuseppe Greco, Pietro Arcara, Francesco Calderone, Claudia Di Bella (avevano avuto tutti una pena di 20 giorni), Domenico Giglio e Domenico Di Gregorio (entrambi già condannati a un mese).

I condannati 

Il collegio (composto anche da Mario Conte e Marcella Ferrara) ha invece lasciato immutate le condanne per gli altri imputati: venti giorni per Stefano Guglielmini, Rosario Corso, Salvatore Riccardi, Enrico La Cerva, Giuseppe Sparacio, Rosario Nicosia, Vito Caruso, Francesco Paolo Di Stefano, Antonino Lo Presti, Antonino Fascella, Michele Genovese, Francesco Di Rosi, Dario Di Giovanni, Salvatore Scalia, Roberto La Corte, Pietro Lo Monaco, Francesco Barbarotta, Angelo Rizzo, Alfonso Barranca, Marcello Randazzo, Epifanio Muscarello, Giovanni De Lisi, Filippo Gulizzi, Carlo Bray, Giuseppe Gambino, Pietro Savona, Girolamo Beone, Dino Ferraro, Armando Brancato, Davide Lazzara, Biagio Scurato, Salvatore Cuccia, Carlo Lo Duca, Roberto De Simone, Anna Li Muli, Benedetto Bonafede, Daniele Russo, Marcello Puccio, Gennaro Costa, Filippo Ammirata, Salvatore Fiumefreddo, Andrea Gambino, Giovanni Dicembre, Silvestro Farina, Barbara Caracausi, Angela Moncata, Salvatore Inguglia, Silvano Niccoli, Angelo Gambino, Giuseppe Fessina, Salvatore Polenchi, Francesco Paolo Di Fiore, Diego Marchese, Giuseppe Filippone, Rosario Brandi, Francesco Picone, Riccardo Capizzi, Maria Grazia Vitale, Salvatore Marra, Salvatore Vesco, Giuseppe Guttuso, Andrea Ventimiglia, Orazio Cassaro, Orazio D'Aleo, Rosolino D'Amico, Vincenco Campanella e Giovanna Taormina.

Un mese per Luca Di Lino, Girolamo Moncada, Ludovico Ficarotta, Gaetano Fiumefreddo, Salvatore Mannino, Gaetano Rovetto, Lorenzo Ventimiglia, Rosalia Evola, Antonio Inzerra e Santo Di Giovanni. Un mese e 10 giorni per Giuseppe Ciminna e Roberto Serio. Un mese e 15 giorni per Santo Genovese, Alessandro Milazzo, Natale Vitti e Salvatore Lo Bianco. E, infine, la pena più alta, un mese e 20 giorni per Agostino Ferrante. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Stefano Santoro, Rita Messina, Christian Casa, Giuseppe Serio, Antonio Terranova, avvocato Massimo Monastra, Massimo Spoto, Giuseppe Geraci, Rocco Chinnici, Giuseppe Minà, Maurizio Cicero, Debora Zampardi, Giuseppe Pipitone e Luigi Sanniu.

I dirigenti assolti in via definitiva

Tra quel Natale e quell'Epifania a Palermo la raccolta dei rifiuti si inceppò totalmente e il caos fu tale che la Procura decise di aprire un'inchiesta (all'epoca coordinata dall'aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Anna Battaglia). In primo grado furono inflitte 99 condanne e sancite 28 assoluzioni, comprese quelle di due dirigenti della Rap, Antonino Putrone e Lara Calì che, secondo l'accusa non avrebbero stilato gli ordini di servizio per Natale del 2013 "lasciando che la presenza al lavoro avvenisse in base ad una scelta volontaristica e del tutto arbitraria dei lavoratori dipendenti". Una tesi che non è mai stata accolta, tanto che le assoluzioni dei due non sono state impugnate in appello e sono ormai definitive.

L'origine dell'inchiesta

Di fronte allo scempio dei rifiuti abbandonati per strada fu l'allora sindaco Leoluca Orlando a tuonare contro la Rap, affermando che avrebbe denunciato le inefficienze in Procura. I pm lo anticiparono. Dalle indagini emerse che molti dipendenti si sarebbero assentati dal servizio senza motivi validi. Alcuni imputati spiegarono durante il processo che "ci scambiavamo favori tra noi" e che "chi voleva lavorare, lavorava". La Procura aveva chiesto pene ben più pesanti (fino a 3 anni), sottolineando che le condotte degli operatori erano "illecite ed illegittime", definendole "un malcostume che era diventato ormai una prassi".

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