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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Ucciardone, "quel detenuto legato alla branda per 24 ore con la camicia di forza"

Il caso di Amadou Abiyara, ivoriano, salta fuori nel rapporto appena presentato dall'associazione Antigone: era stato condannato a 8 mesi per aver aggredito gli agenti penitenziari. Ma le toghe l'hanno assolto: "Vittima di torture in cella"

“Mi sbattono contro il cancello in ferro (..) trascinandomi come un sacco facendomi sbattere contro spigoli e sporgenze. Temo per la mia incolumità”, non c'è solo il caso di Aldo Cucè, il giovane detenuto che racconta le torture subite al Pagliarelli in una lettera indirizzata al padre, nel tredicesimo rapporto sulle condizioni di detenzione ad opera dell’associazione Antigone.

Perché c'è anche il caso di Amadou Abiyara, che salta fuori nel rapporto presentato in questi giorni dall'associazione che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale. Amadou è un detenuto "condannato a 8 mesi per aver aggredito gli agenti penitenziari, dopo che questi lo avevano legato al letto di contenzione per 24 ore - si legge -. Il processo avviato contro il detenuto evolve 'al contrario', in quanto le toghe palermitane oltre ad assolvere Abiyara, lo definiscono vittima di torture, descrivendo il comportamento dei poliziotti penitenziari “inumano, una forma di tortura e nella violazione dei diritti costituzioni”.

Il detenuto, originario della Costa d'Avorio, è stato legato alla branda della cella, all'Ucciardone, per 24 ore con la camicia di forza. Per questo i giudici di appello hanno definito il comportamento dei poliziotti penitenziari arbitrario e inumano, affermando che si è tradotto "in una forma di tortura e nella violazione dei diritti costituzioni".

Il processo non era contro gli agenti ma contro di lui. Amadou è finito in cella nel febbraio del 2008. E' stato lasciato un'intera giornata senza poter mangiare o bere né fare i bisogni fisiologici. E quando è stato liberato, Amadou aveva reagito violentemente. È stato un difensore d'ufficio, l'avvocato, Venera Micciché, a chiedere giustizia. Fino a quando è stato assolto. La Corte d'appello ha ricordato che immobilizzare i detenuti che appaiono pericolosi è consentito solo se a stabilirlo è uno psichiatra. Nel caso specifico la prescrizione non c'era mai stata: "Ed allora - si legge in sentenza - è da chiedersi se rientri nelle funzioni del personale del carcere assicurare un soggetto straniero, che non parla italiano, con fasce di contenzione dentro una cella, senza più curarsi di lui e delle sue necessità per circa 24 ore". La reazione può ritenersi così giustificata "ignorando l'imputato le particolari consuetudini utilizzate talvolta, come nel caso di specie, nelle carceri italiane, e ritenere che nei suoi confronti sia stata esercitata una forma di violenza fisica non consentita".

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