Rapinatore palermitano incastrato dal Dna su un guanto, chiesti 8 anni
Secondo l’accusa Salvatore Abbate, 46 anni, nel 2006 aveva assaltato una banca nel Novarese e poi rinchiuso dipendenti e clienti nello scantinato. Poi le lunghe indagini dei Ris di Parma e della Scientifica di Palermo
Otto anni e tre mesi di reclusione. E’ questa la condanna chiesta nei confronti di un 46enne palermitano, Salvatore Abbate, finito alla sbarra per una rapina in banca a Oleggio - in provincia di Novara - avvenuta il 25 ottobre 2006. Una rapina che per il palermitano non andò particolarmente bene. Nel bottino, infatti, c’era anche una mazzetta civetta, che, esplosa durante la fuga, aveva sporcato tutti i soldi, rendendo praticamente inutilizzabile il "malloppo". Diversi i contanti abbandonati dal palermitano e i suoi complici, che erano poi scappati solo con tremila euro.
Secondo l’accusa Abbate aveva assaltato l’istituto di credito e poi rinchiuso dipendenti e clienti nello scantinato. Il personale del Ris di Parma e la polizia scientifica di Palermo avevano concluso - dopo una serie di indagini - che le tracce rintracciate sui guanti di lana abbandonati dai rapinatori fossero quelle di Salvatore Abbate. A essere stata presa di mira, quel giorno, fu la filiale della Banca Popolare di Bergamo nel comune novarese. Il difensore del palermitano ha invece chiesto l’assoluzione, partendo dalla possibile contaminazione della prova per estrarre il Dna e da alcune testimonianze ascoltate in aula. L’udienza è stata aggiornata al 16 febbraio per la sentenza.
Un caso che si può annoverare tra gli episodi di "giustizia lumaca". Dopo un silenzio di anni (l’indagato è stato iscritto nel registro in Procura nel 2008) risale infatti al 2016 la prima udienza del processo contro il trasfertista palermitano. Il pm Francesca Celle adesso ha chiesto la condanna a otto anni e tre mesi ritenendo che la prova non lasci scampo all’imputato.