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Cronaca

Pronto soccorso di Villa Sofia, la denuncia di una ginecologa: "Lasciata 30 ore su una barella, al freddo e digiuna"

E' entrata nell'area di emergenza per un dolore sciatico acuto martedì ed è tornata a casa solo giovedì. L'azienda replica: "La paziente ha rifiutato il ricovero, ha scelto di rimanere allo scopo di potere essere sottoposta a terapia antalgica"

Martedì scorso è entrata al pronto soccorso di Villa Sofia per un dolore sciatico acuto e solo ieri mattina è tornata a casa dopo aver fatto delle infiltrazioni con il cortisone grazie alle quali sta molto meglio. Trenta ore da incubo che la paziente, una ginecologa, ha deciso di raccontare in lungo sfogo sui social: "Il dolore è stato subito sedato dai farmaci ma sono rimasta su una barella, infreddolita, digiuna e senza acqua. Ho chiedo una coperta ma non c'è. Un lenzuolo termico, nemmeno. Non posso contendere l'ultimo rimasto col moribondo piangente del letto che mi precede. Molti urlano, chiamano figli, parenti, ma nessuno può varcare la porta… dopo trenta ore di nulla, tornando il dolore e non potendomi muovere cerco aiuto in colleghi che lavorano in altri reparti". 

"La paziente in questione - replica l’azienda Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello - è giunta in pronto soccorso (presidio Villa Sofia) per un’esacerbazione di dolore lombare dovuta ad una patologia cronica (gia’ nota quindi). E’ stata correttamente indirizzata dal Triage all’ambulatorio dei codici bianchi, dove è stata visitata dopo meno di un’ora di attesa. E’ stata immediatamente praticata terapia antalgica, Rx rachide L-S e Tac lombo-sacrale. Successivamente è stata eseguita consulenza neurochirurgica che ha proposto il ricovero per intervento. La paziente ha rifiutato il suddetto ricovero ed ha scelto di rimanere allo scopo di potere essere sottoposta a terapia antalgica". 

La paziente conferma di non aver voluto procedere con l'intervento. "Ho preso contatti per fare la terapia del dolore - spiega - e vorrei destinare alla chirurgia l'ultima chance… tra arresti cardiaci, codici rossi vecchi disorientati che piangono, giovani incidentati che urlano, decidono di farmi una tac, da cui si vede che non sono in emergenza. Così il secondo neurochirurgo mi prescrive una rm, che ho già fatto, e consiglia terapia domiciliare". Si fa quasi l'ora della cena. "Alle 18, chiedo - racconta ancora la dottoressa in barella - se posso avere un pasto, e mi dicono che non sono nell’elenco. Una pastina al dado e un bollito omeopatico mi rendono felice. Il peso e la massa sono formati da una grande quantità di brodo….felice lo stesso, non ho diritto all’acqua la sera e non ho modo di fare entrare qualcuno o raggiungere il distributore. Quindi il brodo annacquato fa a pennello".

Nel frattempo anche il dolore avanza. "Nessuno dopo due giorni - aggiunge - ha pensato che con un ernia, meriterei una terapia medica e un antidolorifico… nessuno si parla, dà consegne, sa di chi parla…trovo qualche giovane medico volenteroso ma preso d’assalto e una meravigliosa dottoressa ucraina che usa anche maniere civili. Dante non aveva visto questo luogo che merita più del conte Ugolino prima di scrivere il suo capolavoro. Se potessi muovermi fuggirei! Ma domani ho appuntamento per valutare una alternativa terapia del dolore. Qualcuno vuole venire a vedere la terzomondizzazione della sanità pubblica nel Sud italia?".

"Rammarica - commentano dall'azienda ospedaliera - naturalmente che la paziente abbia sofferto dei disagi durante la degenza ma quest'ultimi sono derivati dalla permanenza della stessa in area di emergenza, un’area non deputata per sua natura alla sosta di codici bianchi che vanno ricoverato o dimessi. Sosta però giustificata dalla necessità di offrire comunque un’assistenza a una persona sofferente, a fronte del rifiuto al ricovero da parte della paziente. A questo va aggiunto, come dato obiettivo di contesto, l’attuale situazione di sovraffollamento del pronto soccorso connesso anche alla costruzione della camera calda. Pur compartecipando pienamente alla vicenda umana della paziente, il caso in oggetto, in generale, ripropone un’atavica considerazione, ovvero il ricorso ai pronto soccorsi anche per casi non di emergenza-urgenza. Invitiamo l’utenza - concludono - a rivolgersi ai pronto soccorsi per tipologie di prestazioni emergenziali, riconvergendo, invece, verso il territorio esigenze assistenziali connesse a patologie croniche - come nel caso di specie - salvo diversamente dover prendere in considerazione quantomeno la possibilità di incontrare disagi suppletivi per via della necessaria priorità che il pronto soccorso deve riservare ai codici rossi, gialli, comunque gravi".
 

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