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Cronaca Sferracavallo

Il "marciapiede vivente" di Capo Gallo rischia di sparire: minacciato dagli stabilimenti balneari

E' il fiore all'occhiello dell'Area marina protetta. Si tratta di una "biocostruzione" che lambisce il mare, formata dalla sovrapposizione di gusci di molluschi. Per la tutela è stato presentato un progetto da 390mila euro al vaglio della Regione

Sembrano scogli ma non lo sono. Lungo la costa di Capo Gallo, vive un “bio-marciapiede” quasi unico nel Mediterraneo, seriamente minacciato dall’azione dell’uomo. Si tratta di una piattaforma che lambisce il mare, formata dalla sovrapposizione di gusci di molluschi nota come “trottoir a vermeti”. Questo fiore all’occhiello dell’Area marina protetta di Capo Gallo e Isola delle Femmine rischia adesso di sparire per sempre.

Il "marciapiede vivente" di Capo Gallo

Per questo, il Consorzio di gestione dell’Area marina ha presentato lo scorso ottobre un progetto da 393mila euro con lo scopo di tutelare e predisporre misure di mitigazione degli impatti umani sul marciapiede a vermeti. Il progetto, qualora approvato, rientrerebbe nel Po Fesr Sicilia 2014-2020. Per l’occasione, inoltre, è stato costituito un partneriato tra il Consorzio di gestione e le tre riserve naturali orientate ricadenti nel territorio: quella di Isola delle Femmine, gestita dalla Lipu; di Capo Gallo, alle dipendenze del Dipartimento regionale Azienda foreste demaniali, e quella di Monte Pellegrino, guidata dai Rangers d’Italia. 

I dettagli del progetto "Totem"

L’idea alla base del progetto “Totem” nasce dall’idea di studiare e mettere a punto un modello in grado di coniugare la salvaguardia dei cosiddetti “reefs a vermeti”, con la fruizione sostenibile di uno dei tratti di mare più ricchi del Mediterraneo, oggi a rischio anche a causa delle piattaforme degli stabilimenti balneari che assediano la costa. Per rendersi conto di quanto siano preziosi questi “marciapiedi”, basti pensare che in tutto il Mediterraneo le formazioni di estensione maggiore si trovano soltanto lungo la costa palermitana, nelle Edagi, nella Spagna meridionale e tra il Libano ed Israele. 

Il progetto ha una durata prevista di tre anni ed è stato ideato da una squadra di lavoro messa insieme dal vicesindaco ed assessore al Verde, Sergio Marino, composta dal biologo del Comune, Fabio Di Piazza, da Giovanni Costanzo, del Consorzio di gestione dell’Area marina, e dal responsabile scientifico dello stesso ente, Gianluca Sarà.

Nel dettaglio, il progetto si articolerà in tre fasi. Per prima cosa sarà necessario mappare i “marciapiedi” e le biocostruzioni superficiali, individuando le potenziali “minacce” anche con l’aiuto di droni, sensori e nuove apparecchiature. Successivamente si procederà ad un report di ipotesi gestionali, stilando un “manuale di buona pratica” per la tutela del “trottoir”, anche con la progettazione grafica di pannelli esplicativi, ed infine sarà la volta di una vera e propria campagna di comunicazione, con la realizzazione di brochure, spot pubblicitari e gadget per sensibilizzare i cittadini. Uno degli obiettivi principali del progetto “Totem” sarà quello di concertare con i gestori delle strutture balneari, azioni di tutela della fruzione balneare, attraverso un modello ecosostenibile. I gestori, qualora il progetto venisse approvato, avranno l’obbligo di sensibilizzare clienti e fruitori sull’importanza delle biocostruzioni, limitando al massimo l’impatto delle piattaforme sulla natura.

Il biologo: "Sono le nostre barriere coralline"

“Possiamo considerare queste delicate e importantissime ‘biocostruzioni’ come le nostre barriere coralline – spiega a Palermotoday il biologo Fabio Di Piazza – . Si tratta di strutture calcaree che, lungo la zona di marea, incrementano e mantengono elevato il livello di biodiversità e costituiscono un habitat singolare e cruciale per l’ambiente, non a caso protetto da diverse convenzioni internazionali. Negli anni – aggiunge l’esperto – abbiamo assistito, nel corso di attività di valutazione ambientale sulla costa, alla proliferazione di strutture balneari e sportive realizzate con criteri che non tenevano conto dell’enorme impatto sui ‘reef’”.

Inoltre, in base alle indagini della strategia nazionale per la biodiversità del Ministero dell’Ambiente, dal momento che l’Italia è uno dei paesi più ricchi del Mediterraneo, si prevede che le azioni dell’uomo sulla fascia costiera aumenteranno in modo esponenziale nei prossimi 25 anni. Gli effetti di questo sviluppo, se non controllato, - secondo gli esperti – danneggeranno sensibilmente l’habitat naturale delle scogliere, che rappresentano l’anello di congiunzione tra l’ecosistema marino e quello terrestre. 

Marino: "Progetto ambizioso"

Cautamente ottimista sull’approvazione del progetto è il vicesindaco Sergio Marino. “Mi auguro che la Regione valuti positivamente la nostra proposta, un progetto ripetibile, che potrebbe interessare anche altre aree marine protette”, ha detto a Palermotoday. “Si tratta di un progetto ambizioso – ha aggiunto Marino – che scandisce un passo importante della ripresa dell’attività di tutela e conservazione dell’Area marina, negli ultimi anni un po’ trascurata. Speriamo che da questa iniziativa possa nascere una maggiore sensibilità e conoscenza del patrimonio naturalistico e di rispetto da parte anche delle amministrazioni pubbliche che, nel rilasciare le concessioni, dovrebbero essere un po’ più attente”. 

Le due mappe di seguito sono tratte da una relazione del 2015 sul monitoraggio delle risorse biologiche e degli effetti delle piattaforme di balneazione sui “reef a vermeti” nell’Area marina protetta di Capo Gallo e Isola delle Femmine. Lo studio è a cura di Renato Chemello del Dipartimento di Scienze della terra e del mare, dell’Università degli studi di Palermo.

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