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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

"Falcone e Borsellino miei maestri", Saguto si difende e contrattacca: "Ecco i raccomandati"

L'ex presidente delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, sotto processo a Caltanissetta, ha mostrato alla corte un'agenda con i nomi che le venivano segnalati: "La mafia aveva progettato di uccidermi, dovevo saltare in aria"

Cita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, respinge le accuse, rivendica la bontà del suo operato e poi, spiazzando tutti, mostra un'agenda dove sono appuntati una serie di nomi. Un lungo elenco di professionisti che, a suo dire, le venivano raccomandati da magistrati. E' la cronaca della deposizione di Silvana Saguto, ex presidente delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo sotto processo a Caltanissetta per associazione a delinquere, corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione a dare o promettere utilità, abuso d'ufficio, oggi chiamata a deporre al processo. Secondo l'accusa, avrebbe guidato una sorta di "cerchio magico" per l'amministrazione dei beni giudiziari.

"La mia carriera in magistratura - ha esordito Saguto risponendo al suo difensore Ninni Reina - nasce nel 1981 e ho avuto tra i miei maestri magistrati come Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Rocco Chinnici. In quegli anni eravamo in piena guerra di mafia. Come prima funzione sono andata a Trapani. Per una sorta di destino, ho fatto misure di prevenzione dal primo minuto in cui sono entrata in magistratura. Si capì subito che il modo di attaccare la mafia era quello di attaccare i patrimoni. Non vorrei per nulla sminuire la lotta alla mafia, ma posso, in base alla mia esperienza, che i mafiosi odiano perdere i loro patrimoni".

Silvana Saguto rivendica la correttezza delle sue azioni. "Da quando sono tornata alla sezione Misure di prevenzione al Tribunale di Palermo - ha ricordato - c'è stato un aumento del 400 per cento delle misure. Non lo dico io, ma è un dato del Ministero che ci ha chiesto il valore dei beni sequestrati e confiscati che amministravamo. Noi amministravamo il 45 per cento delle misure di prevenzione di tutta Italia". 

Nelle parole dei Silvana Saguto anche la paura per essere diventata bersaglio delle cosche. "La mafia - ha detto l'ex presidente - aveva progettato di uccidermi. Ricordo che una volta fui raggiunta a Piano Battaglia, dove ero in vacanza con la mia famiglia, e portata via perché c'era una intercettazione di un latitante che diceva che dovevo saltare in aria".

Tra le accuse rimandate al mittente anche quella del conto non pagato al supermercato. Secondo l'accusa, la famiglia di Silvana Saguto avrebbe costretto l'amministratore giudiziario Alessandro Scimeca a coprire il loro debito di quasi ventimila euro col negozio.  "Io non c'entro niente con il supermercato Sgroi - ha detto - io ero cliente prima ancora del sequestro. C'era un conto da pagare di 7.000 euro e un giorno dissi a mio marito, 'Vai a pagare il conto'. Io non pagavo mai la spesa, aprivo il conto e pagavo alla fine. Una volta ho pagato 10 
mila euro". E ha ricordato: "Gli dovevo dare 10 mila euro ma non li avevo e dovevo aspettare che pagassero una parcella a mio marito (Lorenzo Caramma ndr). Pagavo quasi ad anno". 

Difesa sì, ma anche un inaspettato contropiede da parte dell'ex presidente. Nel corso della deposizione, ha preso un'agendina e l'ha mostrata a quanti la ascoltavano. "L'altra sera - ha spiegato- ho ritrovato per caso l'agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi venivano segnalati gli amministratori giudiziari da nominare. Anche da parte di colleghi magistrati. La consegnerò al tribunale questa agenda. Intanto, le segnalazioni arrivavano dai miei colleghi: La Cascia, Guarnotta, D'Agati, Tona. Ma c'erano anche avvocati che mi facevano segnalazioni. Persone di cui di fiducia. In questa agenda ci sono tutti. Tutti mi facevamo segnalazioni. Io chiedevo solo che fossero persone qualificate, soprattutto persone che provenivano dal Dems, il corso voluto dai professori universitari Fiandaca e Visconti". 

Saguto ha poi rincarato la dose, sottolineando che "con i beni sequestrati lavoravano anche i figli di miei colleghi, ad esempio dei giudici Ingargiola e Puglisi. Ma non solo. Il fratello di Vittorio Teresi lavorava con l'amministratore giudiziario Collovà. Ma non è un pregiudizio, accadeva così".

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