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Cronaca

Processo Dell’Utri, martedì deposizione pentiti Grado e Rossi

Il processo del senatore dei Pdl spostato a Roma. Lo ha deciso la terza sezione della Corte d'appello, che sta celebrando il processo "di rinvio", dopo l'annullamento in Cassazione della sentenza per concorso in associazione mafiosa

Il processo per mafia al senatore del Pdl Marcello Dell'Utri si sposta a Roma: martedì 30 ottobre, nell'aula bunker di Rebibbia, saranno ascoltati i pentiti Gaetano Grado, palermitano, e l'ex camorrista Bruno Rossi. Lo ha deciso la terza sezione della Corte d'appello di Palermo, che sta celebrando il processo "di rinvio", dopo l'annullamento in Cassazione della sentenza che aveva condannato Dell'Utri a 7 anni per concorso in associazione mafiosa. Il collegio presieduto da Raimondo Loforti, a latere Daniela Troja e Mario Conte, ha accolto la richiesta del pg Luigi Patronaggio.

Nell'udienza successiva, già fissata per il 14 novembre, sarà discussa la produzione presentata dai difensori, gli avvocati Massimo Krogh e Giuseppe Di Peri. Poi il dibattimento si potrebbe avviare alle conclusioni. Gaetano Grado ha sostenuto che negli anni '70 i soldi della mafia, in particolare dei boss Stefano Bontate e Mimmo Teresi, venivano portati a Milano, dove sarebbero stati reinvestiti - grazie a Marcello Dell'Utri, all'epoca stretto collaboratore di Silvio Berlusconi - nelle aziende del gruppo del costruttore di Milano 2, futuro premier. Il tramite sarebbe stato Vittorio Mangano, l'ex stalliere di Arcore, che dopo l'uccisione di Bontate e Teresi, sarebbe passato con la mafia vincente, alleata dei corleonesi di Riina e Provenzano. Per questo tradimento, con l'aiuto dei napoletani, Grado, legato alla mafia perdente, avrebbe progettato l'omicidio di Mangano. Rossi ha confermato questa tesi. Tanino Grado, ex killer, aveva fatto un accenno a questi fatti all'inizio della sua collaborazione, tra il 2000 e il 2001, ma solo l'estate scorsa, grazie a un interrogatorio svolto da un pm della Direzione nazionale antimafia, questi elementi sono stati valorizzati: la Procura di Palermo ha così sentito il collaborante e poi ha trasmesso le carte alla Procura generale.

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