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Cronaca

Caso Saguto, le parti civili accusano: "Aziende spolpate fino all'osso e centinaia di famiglie sul lastrico"

A Caltanissetta il processo d'appello a carico dell'ex presidente della sezione Misure di prevenzione accusata di corruzione e abuso d'ufficio e condannata in primo grado a otto anni e mezzo. A prendere la parola sono stati i legali delle imprese che hanno citato l'ex magistrata. Il 24 marzo l'inizio delle discussioni dei difensori

Parlano di "aziende cannibalizzate" e "spolpate fino all'osso" che, dopo il sequestro eseguito dall'ex giudice Silvana Saguto, "sono state polverizzate in virtù di un patto scellerato". Con "centinaia di famiglie finite sul lastrico" e costrette "a chiedere l'elemosina per campare". E' un durissimo atto d'accusa, quello lanciato oggi, al processo d'appello a carico dell'ex presidente della sezione Misure di prevenzione Silvana Saguto, accusata di corruzione e abuso d'ufficio, e condannata in primo grado a otto anni e mezzo. A prendere la parola sono stati i legali di parte civile che hanno citato l'ex magistrata, nel frattempo radiata dall'ordine, per i danni che hanno subito le aziende dopo il sequestro. Alcune sono anche fallite. "Abbiamo visto aziende cannibalizzate come la 'Logistica e servizi', un'azienda florida che aveva dei rapporti di clientela molto importanti, anche in campo internazionale e tutto questo è stato polverizzato", dice l'avvocato Antonio Pecoraro, legale di parte civile di Rosaria Abbate, ex socia dell'azienda 'Logistica e Servizi' che fu sequestrata dall'ex giudice Saguto. "La mia assistita si è trovata sul lastrico e la famiglia si è trovata a elemosinare denaro per sopravvivere".

Altrettanto duro l'avvocato Luca Inzerillo, che rappresenta i Virga. "Quel sequestro voluto dal giudice Saguto ha realizzato la devastazione familiare di almeno 300 o 400 persone e ha gettato, da un giorno all'altro, nella miseria più assoluta centinaia di famiglia, vengono i brividi solo a pensarci. E i beni sono stati restituiti in condizioni disastrose. Dire che sono stati oggetto di rapina è poco, una societa è fallita e altre società, non fallite, hanno debiti non ancora quantificati", dice il legale nel corso dell'arringa. Alla famiglia Virga, nel luglio del 2015, Saguto eseguì un sequestro per svariati milioni di euro. "Il Tribunale di Caltanissetta in questo procedimento ha accertato l'esistenza di un accordo illecito - prosegue l'avvocato Inzerillo - e non si è pronunciato sulla richiesta della parte civile, perché ha sostenuto che il pm non ha chiesto di valutare la legittimità del sequestro, ma solo la legittimità della nomina dell'amministratore giudiziario che è contenuta all'interno del provvedimento di sequestro. E' chiaro che il vulnus che la scelta della Procura ha determinato nell'interesse dei miei assistiti è enorme, e non lo dico per polemica". Poi aggiunge: "Abbiamo la prova che il sequestro Virga sia falso, noi lo sappiamo. Ma non è oggetto di contestazione". La stragrande maggioranza dei beni è stata restituita nel giugno del 2021 agli imprenditori Virga di Marineo dal Tribunale di Palermo, ma la battaglia giudiziaria prosegue ancora su diversi fronti. I Virga, tramite l'avvocato Luca Inzerillo, lo scorso anno avevano presentato una denuncia alla Procura della Repubblica nissena. Ritengono che il sequestro deciso dalle Misure di prevenzione nel 2015, quando la sezione era ancora presieduta da Saguto, fosse nullo. Quando scattò il sequestro il patrimonio degli imprenditori era stato stimato in 1,6 miliardi di euro fra impianti di calcestruzzo, imprese edili, aziende agricole, produzione di gas terapeutici ed industriali, ristorazione, immobili. All'epoca si parlò "del più grande sequestro mai avvenuto" nella storia della misure di prevenzione in Italia. Ma i Virga hanno sempre parlato di un valore non superiore ai 25 milioni di euro.

In aula anche l'avvocato Giuseppe Oddo, rappresentante di parte civile della Motoroil, che ha ribadito: "L'accertamento della prova oltre ogni ragionevole dubbio costituisce il modo di essere di noi avvocati, ma qui non c'è stato un ragionevole dubbio". Motoroil, dopo la sentenza di prima grado, come parte civile, aveva ricevuto come provvisionale la somma di 90 mila euro. Tra le vicende emerse nel corso del primo processo si ricorda, in particolare, quella legata alla vicenda di Andrea Repoli, ex dipendente della Motoroil che da un giorno all'altro venne licenziato. Il pm Maurizio Bonaccorso, durante la requisitoria, fu molto duro nei confronti degli amministratori giudiziari di Motoroil, entrambi imputati. "Non so come finirà - disse - magari Nicola Santangelo e Carmelo Provenzano verranno assolti, ma per questa vicenda dovranno vergognarsi a vita. I due, con una lettera, decisero di trasferire a Castellammare del Golfo un ragazzo che lavorava alla Motoroil di Caltanissetta, Andrea Repoli, mandando a 250 chilometri di distanza un giovane che percepiva 800 euro al mese. Lo scopo era quello di metterlo con le spalle al muro e poi licenziarlo per giusta causa". Il processo è stato rinviato al prossimo 24 marzo per l'inizio delle discussioni dei difensori. Il primo a discutere sarà il legale dell'ex giudice Saguto, l'avvocato Ninni Reina.

Alla fine della requisitoria, lo scorso 24 febbraio, la Procura generale di Caltanissetta, ha chiesto la condanna a dieci anni di carcere per Silvana Saguto, dunque un anno e mezzo più del primo grado. I giudici, nella sentenza di primo grado, non ritennero l'ex magistrata colpevole di associazione a delinquere, accusa che decadde. Mentre la Procura generale, guidata da Lia Sava, ha ribadito che "l'associazione c'era" tra "Saguto, il marito Lorenzo Caramma e l'avvocato Cappellano Seminara". La pm Claudia Pasciuti ha chiesto un aumento della pena, oltre che per Saguto, anche per l'amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara (otto anni e tre mesi), in primo grado condannato a sette anni e mezzo. Secondo l'accusa Saguto sarebbe stata al centro di un vero e proprio "sistema" che avrebbe pilotato l'assegnazione delle amministrazioni giudiziarie dei beni sequestrati alla mafia in cambio di favori. Al termine della requisitoria sono stati chiesti, inoltre, aumenti di pena per altri imputati: sette anni e due mesi per l'ex professore della Kore Carmelo Provenzano condannato in primo grado a sei anni e dieci mesi; sei anni e mezzo per Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto, condannato in primo grado a sei anni e due mesi di carcere; per Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, condannato in primo grado a sei anni e due mesi, chiesti sei anni e quattro mesi di carcere. Per gli altri imputati del processo d'appello è stata chiesta la conferma della sentenza di primo grado.

Fonte: Adnkronos 

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