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Domenica, 1 Ottobre 2023
Il caso

Il caso di Alessia, tolta ai genitori e annegata in mare: indagati magistrati e assistenti sociali

A 5 anni dalla tragedia avvenuta a Campofelice di Roccella, il gip di Caltanissetta ha accolto l’opposizione della famiglia Cintura all’ultima richiesta di archiviazione avanzata dal pm. Omissione e abuso d’ufficio le ipotesi di reato. La vicenda ebbe inizio da una confessione della ragazza ai compagni di scuola, poi rivelatasi non vera: "Ho fatto sesso con mio fratello"

Perché il divieto di incontri e contatti disposto dal tribunale per i minorenni non è stato mai più revocato? Come mai non sono stati acquisiti tutti gli atti del procedimento penale a carico del fratello, indagato per un presunto rapporto sessuale per cui, purtroppo dopo la tragedia, è arrivata l’archiviazione? Per quale ragione Alessia Cintura, morta annegata nel mare di Campofelice di Roccella nell'aprile 2017, mentre si trovava temporaneamente affidata a una donna, non è stata ascoltata dall’autorità giudiziaria? Perché non si trova traccia di una lettera della ragazzina, consegnata a una dottoressa, in cui diceva di “stare bene ma di sentire la mancanza della famiglia”?

Sono questi gli interrogativi ai quali bisognerà rispondere dopo che il gip di Caltanissetta, Gigi Omar Modica, ha accolto l’opposizione della famiglia Cintura all’ultima richiesta di archiviazione avanzata dal pm, disponendo nuove indagini e l’iscrizione nel registro degli indagati dei colleghi magistrati palermitani e di altre persone coinvolte come giudici onorari, assistenti sociali e neuropsichiatri. “L’excursus sulla procedura di affidamento mostra diversi profili problematici”, si legge nell’ordinanza. Omissione e abuso d’ufficio le ipotesi di reato secondo il gip che, senza entrare nel merito della vicenda, indica alcuni punti sui quali i genitori - che hanno rivisto la figlia, morta, dopo due anni - chiedono che venga fatta chiarezza.

La storia di Alessia e l’inizio del calvario

Alessia Cintura è la seconda di due figli, nata in una famiglia che affonda le sue radici nello storico quartiere del Capo. Ama lo sport, sogna di giocare a calcio a livello professionistico e per questo si allena appena può con un pallone. La sua vita cambia alla fine del 2014, quando alcuni compagni di scuola riferiscono di una confidenza fatta dalla tredicenne. “Ha raccontato di aver fatto sesso con il fratello”, dicono ai docenti. Una volta suonato il campanello d’allarme non si torna più indietro e in pochissimo tempo si attiva il procedimento che coinvolge il Tribunale per i minorenni e i servizi sociali.

Alessia Cintura-2

Qualche mese dopo, terminati i primi accertamenti e stilate alcune relazioni, gli assistenti sociali fanno richiesta perché Alessia venga trasferita in una comunità. Il Tribunale accoglie la proposta nonostante l’audizione dei signori Cintura e di Alessia - che hanno sempre respinto l'ipotesi che quel rapporto sessuale ci fosse stato veramente - e dei compagni di scuola secondo i quali lei spesso “raccontava cose non vere”. Arriva l’estate, il procedimento va avanti e inizia a delinearsi l’infondatezza degli abusi subiti dal fratello. Gli assistenti sociali però decidono di tirare dritto propendendo verso il divieto di visita e contatti.

A luglio 2015 il consulente del pm, nel procedimento contro il fratello per gli abusi, dichiara attendibili sia Alessia che gli amici di scuola, sottolineando che “pur vivendo in un ambiente sfavorevole per un normale e adeguato sviluppo, non vi è alcuna sintomatologia di disagio psichico. La minore è ben compensata ma risente dell’ambiente socioculturale in cui vive”. Aggiunge inoltre che non mostra “disturbi emotivi né tracce di disagio rilevabile in presenza di abuso”. Ciononostante, pochi giorni dopo, il Tribunale non ritiene di dover cambiare indirizzo e qualche mese dopo rigetta pure la richiesta di revoca del divieto di visita avanzata di genitori.

La lettera di Alessia "scomparsa"

Lo stesso anno, ad ottobre, una neuropsichiatra infantile che segue Alessia scrive in una relazione, indirizzata al Tribunale, di un lettera consegnata timidamente dalla ragazzina e rivolta alla famiglia. Lettera della quale, come si vedrà, non verrà tenuto conto. “Non veniva acquisita - scrive il gip Modica - o comunque non vi è traccia nel fascicolo di volontaria giurisdizione di una missiva per i genitori in cui rappresentava il desiderio di rimettersi in contatto con la propria famiglia”. Missiva che il giudice ritiene importante perché evidenziava una “chiara volontà di tornare nel proprio nucleo familiare. Volontà che andava approfondita ed esplorata, anche attraverso l’audizione personale della stessa ad opera dell’autorità giudiziaria decidente”.

Due mesi dopo, a dicembre, il pm avanza la richiesta di archiviazione nei confronti del fratello di Alessia affermando che la giovane avesse raccontato tutto per scherzo. Ciononostante, ancora un volta, il tribunale collegiale decide di rigettare l’ennesima richiesta di revoca del divieto richiamando una relazione dell’equipe interistituzionale del 7 ottobre 2015, in cui veniva sottolineato che la giovane “non aveva mai manifestato sentimenti di distacco dalla famiglia”, rendendo sempre più concreta la possibilità di un affido. La storia va avanti e tra luglio e settembre 2016 arrivano altre due relazioni, firmate da una nuova assistente sociale, in cui il tribunale viene invitato a prendere in condirezione l’ipotesi di superare il divieto di incontri.

”E’ l’unica - spiega l’avvocato Garofalo - che ha fatto una visita a sorpresa nell’abitazione dei miei assistiti, constatando l’impegno messo per trovare una sistemazione più dignitosa. E’ stata l’unica sostenitrice, anche alla luce della richiesta di archiviazione per il procedimento del fratello, del ripristino degli incontri ma è stata del tutto ignorata”. A fine settembre il Tribunale revoca l’incarico al Consultorio e all’unità operativa dei servizi sociali, ritenuto non più necessario. Ma, sottolinea il gip, “senza fare alcun cenno alla richiesta di superamento avanzata dall’assistente sociale”. La famiglia chiede nuovamente di ripristinare gli incontri, ma a novembre 2016 il tribunale emana un decreto di non luogo a provvedere.

Le richieste respinte e l'affido temporaneo

Due mesi dopo “il tribunale collegiale - scrive ancora il gip di Caltanissetta - decretava l’affidamento a soggetto terzo (una donna originaria del Torinese ma residente a Campofelice di Roccella, ndr) e per la prima volta mostra una timida apertura verso un possibile ripensamento circa il detto divieto”. La famiglia di Alessia non si oppone all’affidamento temporaneo, ma chiede più volte di poterla almeno vedere e sentire. Ad aprile, dopo l’ennesima richiesta urgente avanzata dalla famiglia al tribunale, un altro assistente sociale che segue Alessia torna a ribadire - si legge ancora nell’ordinanza - che la ragazza “non fa alcun riferimento al passato e non fa richieste inerenti la famiglia d’origine”.

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La tragedia in mare, coppia sotto processo

Poi arriva il fatidico 30 aprile 2017, il giorno della festa a Campofelice finita in tragedia, e meno di 10 giorni dopo arriva anche il decreto del gip che chiude definitivamente, dopo 7 mesi, la vicenda che coinvolgeva Alessia e il fratello. Per il decesso della tredicenne, che quel giorno aveva partecipato a una festa alla quale era andata con la affidataria, sono sotto processo l'uomo e la donna - marito e moglie - che quel giorno avevano organizzao una grigliata nella villa al mare. Alla luce di quanto accaduto la famiglia presenta un esposto sottolineando tutto ciò che, a loro dire, non avrebbe funzionato nella gestione del fascicolo della tredicenne e nelle scelte adottate dal tribunale nel suo interesse.

“La famiglia - si legge nell’esposto firmato dall’avvocato Garofalo - aveva diritto ad avere un sostegno individuale in merito al percorso di affido ed essere coinvolta in un progetto di aiuto per superare le proprie difficoltà. Nel caso di specie alla piccola Alessia e alla famiglia sono stati negati tutti i diritti, nel silenzio arrogante degli operatori coinvolti”. Poi aggiunge: “Alessia non è mai stata sentita direttamente dall’autorità giudiziaria delegata che, nonostante la gravità dei provvedimenti assunti, non ha mai richiesto né emesso alcun provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale degli stessi. Chiediamo che vengano ascoltati l’affidataria, tutti gli operatori che hanno avuto in carica Alessia e la famiglia”

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