rotate-mobile
Cronaca

Emergenza carceri, Sos dal Pagliarelli: "Poco spazio in cella"

I dati del "Pre-Rapporto 2017 sulle carceri" di Antigone, che da oltre vent'anni si occupa di istituti di pena, diritti umani e tortura. Tre Commissioni ministeriali stanno lavorando alla riforma dell'ordinamento penitenziario: ecco le proposte dell'associazione

Al Pagliarelli le "celle per due", che ospitano in tutto circa 700 detenuti, misurano (dati forniti dal personale) 9,25 metri quadri escluso il bagno: questo significa che, tolti gli ingombri, lo spazio di movimento risulta di circa 2,25 metri quadri pro-capite. I dati emergono nella freddezza dei numeri del Pre-Rapporto 2017 che l'associazione Antigone - dal 1998 autorizzata dal Ministero della Giustizia a visitare gli oltre duecento istituti di pena italiani - ha realizzato nei mesi scorsi e presentato in questi giorni.

Drammatici i numeri degli istituti penitenziari più affollati. Spiega Antigone: "Nei 52 istituti italiani da noi visitati nel 2017 in 4 ci sono celle in cui non è garantita la superficie minima di 3mq per detenuto. Tra questi c'è la Casa Circondariale Palermo. Nel 69% degli istituti da noi visitati ci sono celle senza la doccia (come invece richiesto dall’art. 7 del DPR 30 giugno 2000, n. 230)".

Ma se queste sono le condizioni ed i numeri dei detenuti, preoccupanti sono anche quelle del personale. A cominciare dagli agenti. Da sempre i sindacati denunciano la loro carenza, ma la questione non è affatto scontata. Negli istituti visitati da Antigone si registra la presenza, in media, di 1,7 detenuti per ogni agente. Il dato è tra i più bassi in tutta l’Unione Europea: hanno più agenti di noi in pratica solo i paesi scandinavi, che però primeggiano in molte altre statistiche, e non solo penitenziarie. Noi primeggiamo solo in quella del numero degli agenti. Che sono peraltro distribuiti malissimo. Sono stati 27 i suicidi e 34 i morti per altre cause dall’inizio dell’anno ma solo nel 26% degli istituti visitati è in uso una cartella clinica informatizzata, che garantisce che le informazioni sanitarie del detenuto si spostino facilmente assieme a lui da un istituto all’altro. Erano stati rispettivamente 45 e 70 l’anno precedente, secondo la rilevazione di Ristretti Orizzonti.

I numeri del sovraffollamento? 56.817 detenuti, con un tasso di sovraffollamento delle nostre carceri del 113,2%. Sono cresciuti di ben 2.967 dal luglio 2016. Oggi come allora si era registrato un piccolo calo, che si spiega con l’aumento dei permessi nei periodi festivi, ma a breve come allora la popolazione detenuta tornerà a crescere. "Con un tasso di crescita simile, di tremila detenuti l’anno - spiega l'associazione - alla fine del 2020 torneremo ai numeri della dichiarazione dello stato di emergenza del 2010, mentre la capienza del nostro sistema penitenziario resta sostanzialmente stabile (50.241 posti al 30 giugno 2017. Erano 49.659 al 31 luglio 2016)". 

La percentuale delle persone detenute in custodia cautelare è pari al 34,6%. Era il 33,8% il 30 giugno del 2015. Nonostante i positivi cambiamenti legislativi è in aumento l’uso del carcere prima della condanna definitiva. "Ed è l’effetto di pratiche di Polizia e giurisdizionali, a loro volta effetto della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti", afferma Antigone. Gli stranieri sono in percentuale meno di quanto erano 10 anni fa, anche se in lieve aumento rispetto all’anno scorso. A fine 2007 erano il 37,48%, ossia il 3,34% in più rispetto a oggi. Aumenta la rappresentatività degli italiani. Le comunità straniere più rappresentate sono rispettivamente quella marocchina (18,5% degli stranieri in carcere), rumena (14,1%), albanese (13,4%), tunisina (10,5%), nigeriana (5,1%), egiziana (3,4%), algerina (2,3%).
La custodia cautelare pesa tantissimo nei loro confronti, più che per gli italiani. Il tasso di custodia cautelare per gli stranieri è del 41,4%. Il tasso di detenuti in custodia cautelare per gli italiani è del 32,5%. Dunque una sperequazione pari a quasi il 10% che ha il sapore di una discriminazione nella fase processuale. Il dato è ulteriormente confermato da quello sugli ingressi dalla libertà. Nel primo semestre del 2017 sono entrati in carcere complessivamente 25.144 persone di cui gli stranieri sono ben il 45,8%, ossia una percentuale molto superiore a quella dei detenuti stranieri in generale presenti. Ciò significa che sono più facilmente condotti in carcere anche senza motivo che porta a una condanna.

Lo scorso 14 giugno la Camera dei Deputati ha votato in via definitiva una legge recante "Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario". Per quanto riguarda quest'ultimo, il comma 85 della legge elenca i principi e criteri direttivi secondo i quali il Governo è delegato a scrivere i decreti legislativi recanti sue modifiche. Lo scorso 19 luglio il Ministero della Giustizia ha annunciato la costituzione presso l'Ufficio Legislativo di tre Commissioni per la loro elaborazione. Le tre Commissioni, che lavoreranno fino al 31 dicembre 2017, si occuperanno delle modifiche alla disciplina delle misure di sicurezza e di assistenza sanitaria, della riforma dell'ordinamento penitenziario minorile e della riforma dell'ordinamento penitenziario nel suo complesso. Esse dovranno avvalersi di quanto elaborato dagli Stati Generali dell'esecuzione penale. Antigone, attraverso le seguenti proposte, intende dialogare con il lavoro di scrittura dei decreti legislativi "che noi auspichiamo possa dare vita a un nuovo ordinamento penitenziario a oltre quarant'anni dall'entrata in vigore di quello oggi vigente". 

1. Dignità e diritti delle persone detenute

Si intende passare da un ordinamento di impronta correzionalista, dove i diritti sono elementi del trattamento, a un sistema penitenziario fondato sulla dignità e i diritti fondamentali. L’ordine interno e l’insieme delle attività devono essere interamente finalizzati al rispetto dei diritti umani. 

2. Lo staff penitenziario: formazione, gratificazione, identificabilità

La protezione e la promozione della dignità umana avviene attraverso il lavoro dello staff penitenziario a tutti i livelli, ma anche attraverso la gratificazione sociale dello stesso. È necessario che vi siano corsi di formazione che favoriscano una cultura comune rispettosa del sistema internazionale dei diritti umani e della prevenzione della tortura. Il personale penitenziario deve essere sempre identificabile. Si tratta di una forma di prevenzione rispetto ai rischi di violenze, ma anche di protezione per la gran parte dello staff che si muove nel solco della legalità.


3. Limiti all'isolamento penitenziario e al sistema disciplinare nel nome della dignità umana

L’isolamento penitenziario è una pratica che lede la dignità umana. Va ridotta al minimo, giurisdizionalizzandola al massimo. Va escluso per alcune categorie di detenuti. I diritti fondamentali non si perdono durante l’isolamento. Va abolita la pena dell’isolamento diurno per i pluri-ergastolani. 

4. Liste di attesa, nessuno in carcere se non c'è lo spazio vitale

Nessuno deve entrare in un carcere se non è garantito lo spazio vitale, così come affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La dignità umana deve sempre e comunque prevalere sul potere di punire, come hanno sancito talune Corti supreme in giro per il mondo. 

5. La detenzione ordinaria deve essere quella a regime aperto

La detenzione deve ispirarsi ai principi ordinari di normalità e responsabilizzazione, senza eccezioni. Vanno dunque ridotte le possibilità di creare regimi diversi da quello ordinario. Va abrogata la sorveglianza speciale. I regimi di alta sicurezza devono sempre rispettare i principi fondamentali e i diritti delle persone detenute. 

6. Codice etico di condotta per le forze di polizia

Risale al 1979 la Risoluzione 34/169 delle Nazioni Unite che costituisce un codice di condotta per le forze dell’ordine, compresa la Polizia Penitenziaria. Poche norme, chiare, sui comportamenti ammessi e quelli vietati, sul fine che deve ispirare l’azione di polizia, sul ruolo importante che le forze dell’ordine hanno a protezione dei diritti umani. Una sorta di giuramento di Ippocrate delle forze dell’ordine. In tal modo le polizie verrebbero sempre più a configurarsi come garanti della sicurezza dei diritti dei cittadini, piuttosto che come semplici tutori della sicurezza pubblica. Verrebbe così massimamente recuperato un rapporto fiduciario fra cittadini e istituzioni. 

7. I diritti dei detenuti Lgbt

Anche nell’ambito del sistema penitenziario vanno evitate le ghettizzazioni di coloro che hanno differenti orientamenti sessuali. Vanno previste norme per la loro assegnazione, contro la violenza e ogni forma di discriminazione, per la formazione del personale.

8. Benefici e misure alternative: la prima via per la risocializzazione

La norma intende, da un lato, estendere la possibilità di accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative e, dall’altro, introdurne di nuove sulla base dell’analisi di quanto finora avvenuto nella pratica dell’esecuzione. Inoltre, intende consentire l’accesso a talune di queste misure fin dal primo momento, nella consapevolezza che esse costituiscono la via primaria per la risocializzazione. La norma nel suo complesso va letta in raccordo con la nuova formulazione dell’articolo 4-bis. Si introduce la misura della permanenza in carcere nei soli fine settimana, con l’obiettivo di non interrompere i percorsi di lavoro o di studio. Si prevede un’estensione della liberazione anticipata da quarantacinque a sessanta giorni a semestre e una nuova ipotesi di accesso alla liberazione condizionale fin dalla libertà per chi viene condannato a distanza di almeno venti anni dalla commissione del fatto. 

9. I benefici penitenziari devono essere universali

È necessario rivedere il sistema delle preclusioni ai benefici penitenziari, che tante esclusioni ha prodotto nel tempo. A tutti, in coerenza agli obblighi costituzionali, va data la possibilità del recupero sociale. Modificando la norma di cui all’articolo 4-bis, si riesce a superare anche l’ergastolo ostativo. 

10. L’istruzione è un diritto fondamentale

Tra le attività di risocializzazione e di emancipazione dalla vita criminale vi è, in primo luogo, l’istruzione. Essa è un diritto fondamentale. Va garantita al massimo delle potenzialità, fino agli studi più qualificati quali quelli universitari. L’istruzione è un antidoto eccezionale contro la recidiva, costituendo così un investimento per la sicurezza collettiva. 

11. Il lavoro è un diritto, è fonte di reddito e di dignità

Il lavoro va sempre assicurato e deve essere sempre retribuito in modo dignitoso. Altrimenti degrada a lavoro forzato. Non deve essere obbligatorio per i condannati. La persona detenuta che lavora deve avere tutti i diritti compatibili con lo stato di privazione della parziale libertà di movimento. Bisogna tenere conto  della ampia giurisprudenza, anche costituzionale, sul tema. La norma è frutto esclusivo dell’elaborazione di Alessandro Margara confluita nella proposta di legge n. 6164 a prima firma dell’onorevole Marco Boato nella XIV legislatura. 

12. Il volontariato è una risorsa fondamentale

Il carcere è parte della società e la società esterna deve frequentare il carcere. Il volontariato è una risorsa determinante ai fini della buona riuscita del processo di reintegrazione sociale. Esso è attore del sistema all’interno e all’esterno. Uno spazio normativo meritano anche la cooperazione sociale, per la sua capacità di impatto, l’associazionismo impegnato nel monitoraggio delle condizioni di detenzione e i media. Questi ultimi sono essenziali ai fini di una diversa coscienza collettiva. La norma prevede inoltre una conferenza annuale sulla pena con la partecipazione anche di volontari e detenuti.
 
13. Sesso e relazioni umane

Il carcere deve riprodurre la vita normale. Nella vita normale si incontrano persone, si fa sesso, si telefona, si parla, si usa internet. Oggi il sistema delle relazioni affettive è ridotto a poca cosa. Il sesso è vietato. Le telefonate contingentate in modo inaccettabile. La tecnologia progredisce a ritmi che il carcere non può fermare. Il sistema penitenziario deve tenerne conto, così da non costringere le persone detenute all’isolamento forzato dal mondo. 

14. La salute in carcere

A quasi dieci anni dalla riforma della sanità penitenziaria, va promosso con forza, nella cultura professionale degli operatori, il principio della parità di trattamento sanitario tra persona detenuta e persona libera, nonché residualizzato l’internamento delle persone con problemi psichiatrici. Va posta fine all’evidente e ingiustificata disparità di trattamento tra portatori di problemi fisici e portatori di patologie psichiatriche. È inoltre necessario aprire alla possibilità che anche le persone con disturbi psichiatrici con compromissione del funzionamento psichico e dell’adattamento possano accedere alle misure alternative affidandosi alla rete di servizi territoriali di tutela della salute mentale già presenti, in accordo con programmi di presa in carico da parte dei Dsm territorialmente competenti. 

15. Più responsabilizzazione dei detenuti, meno rigore disciplinare

Il medico deve rappresentare una figura sopra le parti e deve essere tolto dalla commissione di disciplina. Va cambiata la filosofia dell’intervento disciplinare, riducendolo nella quantità e nella durezza ma anche incrementando le ipotesi in cui il consiglio si riunisce non per irrogare sanzioni bensì per concedere premi (opportunità, questa, che la legge prevede, ma che nella pratica poco accade). 

16. I diritti dei detenuti stranieri

L’ordinamento penitenziario è stato approvato in un momento storico in cui la presenza degli stranieri nelle carceri italiane non era così significativa da giustificare per loro un trattamento particolare. Tra il 1975 e il 2015 tale presenza è cresciuta percentualmente di circa sei volte. Va inserita una norma ad hoc dedicata ai detenuti stranieri, che ne specifichi bisogni e diritti riprendendo quanto previsto dalle Regole Penitenziarie Europee e dalla Raccomandazione numero 12 del 2012 del Consiglio d’Europa. Avere un’attenzione alla condizione dello straniero significa disporre di interpreti, traduttori e mediatori culturali. È inoltre fondamentale eliminare tutti i casi di espulsione a fine pena di persone che stanno lavorando per progetti personali di recupero e di integrazione sociale. 

17. Norme specifiche per i minorenni: i ragazzi hanno diritto a non essere trattati come adulti

Il legislatore del 1975 aveva previsto al primo comma dell’art. 79 che “Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge”. Tale apposita legge non ha visto a oggi ancora la luce. La delega al punto p) del comma 85 è sufficientemente articolare da potere e dovere dare vita a un intero ordinamento penitenziario minorile a vocazione esclusivamente educativa. Le strutture carcerarie per ragazzi non devono mai ospitarne più di dodici. 

18. I diritti e i bisogni delle donne detenute

È necessario far uscire le donne detenute dal silenzio normativo nel quale sono costrette. Vanno evidenziati i loro bisogni e i loro diritti, con un’attenzione specifica alla condizione di genere. Vanno applicate le Bangkok Rules delle Nazioni Unite, dando loro vincolatività. 

19. Finita la pena non devono esservi limiti alla reintegrazione

I diritti civili e politici sono universali. Fra i diritti politici, in primo luogo, vi è il diritto all’elettorato attivo. L’esclusione di coloro che sono in esecuzione penale, a volte anche dopo molti anni dal fine pena, ossia fino a che non interviene la riabilitazione, configura un’ingiustificata preclusione all’esercizio di uno dei diritti fondamentali dell’individuo. Inoltre si prevede che tutte le pene accessorie durino il tempo esclusivo della carcerazione. La condanna non deve mai essere oggetto di conoscenza pubblica a protezione della riservatezza. Infine la riabilitazione, si prevede, si ottiene automaticamente alla fine della pena espiata. Vanno infine abolite la casa di lavoro e la colonia agricola, misure contrarie alla dignità e al senso stesso del sistema penitenziario.

20. La religione è un diritto e va assicurata piena libertà di culto a tutti

La presenza di detenuti stranieri che professano religioni diverse da quella cattolica impone un cambiamento nelle norme finalizzato ad assicurare piena uguaglianza tra le religioni e rigoroso rispetto della libertà di culto, nei limiti dei vincoli concordatari. 
 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Emergenza carceri, Sos dal Pagliarelli: "Poco spazio in cella"

PalermoToday è in caricamento