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Cronaca Resuttana-San Lorenzo / Via San Lorenzo, 6

Pizzo al ristorante "La Braciera", dopo la denuncia dei titolari arrivano altre due condanne

A Giovanni Niosi e Antonino Cumbo sono stati inflitti rispettivamente 7 e 5 anni di carcere. I fratelli Cottone hanno raccontato di aver subito estorsioni sin dal 1997, quando avevano rilevato il locale di via San Lorenzo. Altri esattori di Cosa nostra sono stati processati con l'abbreviato

In vent'anni, dal 1997, avrebbero avuto a che fare con ben undici diversi esattori del pizzo, che - per via degli arresti - si sarebbero avvicendati nel tempo per incassare i soldi dal ristorante "La Braciera". Adesso la quarta sezione del tribunale ne ha condannati due, Giovanni Niosi e Antonino Cumbo, infliggendo loro - come richiesto dal sostituto procuratore Amelia Luise - rispettivamente sette e cinque anni di carcere.

I fratelli Roberto, Antonio e Marcello Cottone, titolari della pizzeria di via San Lorenzo, nel 2016 avevano deciso di ribellarsi e avevano fatto arrestare gli ultimi due emissari di Cosa nostra, Sergio Macaluso e Domenico Mammi. Da quel momento, grazie al sostegno di Addiopizzo, avevano avviato un percorso molto complesso e indicato tutti coloro che negli anni sarebbero venuti a reclamare la messa a posto, in una prima fase persino in lire. Da qui era scattato il blitz "Talea 2", che aveva portato all'arresto dei presunti estorsori a novembre del 2018.

Alcuni degli indagati sono stati processati con l'abbreviato, mentre Niosi e Cumbo hanno optato per il dibattimento. Come aveva messo a verbale Roberto Cottone "i precedenti gestori, un avvocato e sua moglie, ci avevano avvertiti che quel locale era 'a posto', che pagavano il pizzo tre volte all'anno, per sei milioni di lire in tutto". Rilevando il ristorante, gli imprenditori avrebbero rilevato quindi anche l'obbligo di pagare il pizzo.

"Con l'euro - aveva specificato il ristoratore - la somma diveniva tremila euro, 1.500 a Pasqua e 1.500 a Natale" e "questo è avvenuto fino al 2003/2004, cioè sino a quando ho maturato l'idea di non voler più sottostare al pizzo". E per liberarsi si sarebbe rivolto proprio a Niosi: "Lui tentava di calmarmi dicendomi che quelle somme servivano per sostenere le famiglie dei carcerati, mi assicurava il suo intervento". La somma sarebbe stata così dimezzata, finché l'8 marzo 2005 Niosi non era stato arrestato "e non pagavamo più", ha precisato l'imprenditore ai carabinieri.

Cumbo sarebbe stato invece incaricato di riscuotere il pizzo da Pietro Salsiera, ma nel 2008 venne arrestato anche lui "e per due anni non abbiamo più pagato". Poi però si sarebbero presentati altri e il giogo era stato definitivamente spezzato soltanto nel 2016.

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