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Cronaca

Cancelliere del tribunale morì alla Triolo Zancla dopo aver tolto un'ernia, assolto un anestesista

Il medico è stato scagionato a sette anni dai fatti. Per la Procura avrebbe somministrato al paziente una dose tre volte superiore al necessario di sedativo provocandone il decesso, ma la difesa ha dimostrato che ci sarebbe stato un errore nella trascrizione dei dati nella cartella

Un intervento abbastanza semplice come la rimozione di un'ernia inguino-scrotale per un cancelliere del tribunale si era rivelato fatale: dopo l'operazione, avvenuta alla clinica Triolo Zancla e durata circa mezz'ora, infatti, quando il paziente si trovava già in sala risveglio, aveva improvvisamente perso coscienza ed era stato stroncato da un arresto cardiaco. Per la Procura, ad uccidere l'uomo sarebbe stata un'overdose di sedativo - gli sarebbero stati somministrati 10 milligrammi di farmaco al posto di 3,5 - ed in un'unica soluzione, ma il tribunale ha invece accolto le tesi della difesa dell'imputato, un anestesista, e lo ha assolto pienamente, con la formula "per il fatto non sussiste".

A scagionare il medico, G. B., dall'accusa di omicidio colposo è stato il giudice della quinta sezione monocratica, Ivana Vassallo. La sentenza di primo grado, con la quale sono state accolte le tesi dell'avvocato Luigi Favari (nella foto), arriva a sette anni dal decesso del cancelliere, che risale al 29 giugno del 2015. La famiglia della vittima si era costituita parte civile nel processo e chiedeva mezzo milione di risarcimento. 

avvocato-luigi-favari-2La difesa dell'anestesista ha sostenuto - convincendo il giudice - che i 10 milligrammi di farmaco indicati nella cartella del paziente sarebbero in realtà frutto di un errore di trascrizione: il medico avrebbe riportato la dose preparata e messa in siringa e non quella effettivamente somministrata al paziente. Inoltre, sempre secondo l'avvocato, non vi sarebbe alcuna prova che il sedativo fosse stato somministrato in un'unica soluzione.

La vittima, S. D'A., era stata operata alla Triolo Zancla senza particolari complicazioni, tanto che tutto si era concluso nel giro di mezz'ora. I problemi era arrivati dopo, quando il paziente era in fase di risveglio ed aveva improvvisamente perso coscienza ed era stato colpito da un arresto cardiaco. I medici avevano tentato di rianimarlo, ma non c'era stato nulla da fare, tanto che ne avevano dichiarato il decesso circa trenta minuti dopo.

La famiglia del cancelliere aveva presentato una denuncia e la Procura aveva così iscritto nel registro degli indagati tutta l'équipe medica che aveva eseguito l'intervento e disposto l'autopsia. Dalla consulenza tecnica sarebbe emerso che il decesso del paziente sarebbe stato dovuto ad un sovradosaggio di un sedativo (il Midazolam), che sarebbe stato peraltro somministrato in un'unica soluzione, in contrasto con le linee guida. Un dato sufragato - secondo l'accusa - da quanto riportato nella cartella della vittima, dove erano stati indicati 10 milligrammi di farmaco: nel caso del cancelliere, per le sue particolari condizioni di salute, la sua età ed il suo peso, ne sarebbero stati sufficienti invece 3,5.

Così il pm, a gennaio del 2018, aveva chiesto il rinvio a giudizio del solo anestesista. Una richiesta che era stata accolta nel maggio successivo dal gup Maria Cristina Sala, che aveva fissato il processo per luglio dello stesso anno. Al termine del dibattimento, la Procura aveva chiesto la condanna di G. B., ritenendo pienamente provata l'accusa. Il giudice ha invece ritenuto convincente la ricostruzione della difesa dell'imputato, che ha sostenuto l'errore di trascrizione del dosaggio nella cartella e l'assenza di prova circa la somministrazione in una singola dose. Tanto che - sempre secondo l'avvocato - il paziente durante tutto l'intervento non si sarebbe mai completamente addormentato: impossibile dunque che il farmaco gli fosse stato iniettato in quella quantità e con le modalità indicate dal pubblico ministero. Da qui l'assoluzione piena per l'anestesista.

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