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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Tribunali-Castellammare / Via dei Cassari

Omicidio alla Vucciria, la difesa: "Burgio voleva scipparci la testa e mio fratello gli ha sparato"

Le ammissioni di Domenico Romano, fermato con Matteo e Giovanni Battista per il delitto di via dei Cassari, durante l'udienza di convalida. L'indagato ha spiegato che ci sarebbero già stati degli attriti per un incidente stradale: "La vittima aveva dato una testata a mio nipote". La notte della sparatoria "è venuto con altri 4 armati di mazze"

"Vi devo scippare la testa e poi ci devo giocare a pallone", è così che Emanuele Burgio, il ragazzo ucciso alla Vucciria nella notte tra domenica e lunedì, avrebbe aggredito Domenico, Matteo e Giovanni Battista Romano, ovvero i tre parenti accusati dell'omicidio, difesi dall'avvocato Vincenzo Giambruno. A raccontarlo stamattina al gip Piergiorgio Morosini durante l'udienza di convalida è stato proprio Domenico Romano, che avrebbe confermato che all'orgine dello scontro fatale ci sarebbe stata una lite per un incidente stradale avvenuto una decina di giorni prima. La vittima - secondo la sua versione - si sarebbe avvicinata con almeno altre quattro persone con delle mazze e, nonostante i tentativi di placare gli animi, "mio fratello Matteo ha sparato", ha detto l'indagato.

Gli altri due fermati hanno invece deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Nelle prossime ore il giudice dovrà decidere se convalidare il fermo e se applicare il carcere ai tre, come richiesto dal procuratora aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Giovanni Antoci e Federica Paiola che coordinando le indagini della squadra mobile.

In base al racconto di Domenico Romano, la sera del delitto sarebbe andato assieme al figlio Giovanni Battista, al fratello Matteo e a un'altra persona alla Vucciria per prendere una birra. Dopo aver fatto la fila in un paio di locali, ad un certo punto l'indagato si sarebbe accorto che Emanuele Burgio si sarebbe avvicinato e con altre persone, che avrebbero avuto delle mazze, avrebbe minacciato i suoi parenti. "Vi scippo la testa e ci gioco a pallone", avrebbe gridato la vittima. L'indagato ha sostenuto di aver fatto di tutto per evitare che si arrivasse al peggio, cercando anche di trattanere il fratello Matteo, armato di una pistola, ma che non ci sarebbe riuscito. 

Secondo il fermato, il tragico episodio avvenuto in via dei Cassari sarebbe però arrivato al culmine di una serie di scontri tra la vittima e i Romano. Una decina di giorni prima - come già avevano in prima battuta ricostruito i poliziotti guidati da Rodolfo Ruperti - ci sarebbe stata una discussione molto animata tra Giovanni Battista Romano e un parente di Burgio, che passando avrebbe toccato uno dei suoi specchietti. Romano avrebbe reagito gridando "ma che minchia fai?" e gli animi si sarebbero surriscaldati.

La questione - sempre secondo la versione di Domenico Romano - sembrava essersi chiusa così, ma successivamente Burgio sarebbe andato a cercare i Romano al Borgo. La vittima avrebbe voluto regolare i conti, ma attraverso la mediazione di altre persone, si sarebbe evitato il peggio. Anche se, come ha raccontato l'indagato, in quella circostanza Emanuele Burgio avrebbe comunque preso sottobraccio Giovanni Battista Romano e gli avrebbe dato una fortissima testata. Il ragazzo se la sarebbe tenuta e la vicenda si sarebbe chiusa così. Tanto che - ha riferito ancora Domenico Romano - più volte in seguito sarebbero andati alla Vucciria, anche vicino alla taverna "Zia Pina" gestita dai parenti di Burgio, e non sarebbe successo nulla.

La notte dell'omicidio, invece, la vecchia questione sarebbe tornata a galla e si è conclusa nel più tragico dei modi, con il cadavere di un venticinquenne sulle balate del centro storico. Le affermazioni di Romano sono naturalmente tutte da verificare e per gli inquirenti restano preziosissime le immagini immortalate dalle telecamere di sorveglianza, una delle quali ha ripreso integralmente una discussione di circa un minuto tra i Romano e Burgio e poi la sparatoria. Da uno dei video in particolare emergerebbe chiaramente che a sparare sarebbe stato Matteo Romano, come stamattina ha ammesso anche suo fratello, ma l'arma gli sarebbe stata passata da uno dei suoi parenti.

La squadra mobile era riuscita a fermare i tre in poco più di 24 ore, nonostante l'omertà di tante persone che alla Vucciria quella notte erano presenti. Il fascicolo è stato assegnato alla Dda, soprattutto perché Burgio è figlio di Filippo, condannato per mafia per aver smistato anni fa i pizzini del boss Gianni Nicchi. I Romano sono a loro volta fratelli e nipote di Davide Romano, il boss del Borgo trovato incaprettato nel bagagliaio di un'auto in via Titone, traversa di corso Calatafimi, nel 2011. E sono anche figli e nipote di Giovan Battista Romano, boss anche lui, ucciso e sciolto nell'acido nel 1995. Gli inquirenti tuttavia per il momento escludono connessioni con Cosa nostra. C'è ancora da lavorare sul movente, che per ora viene legato a futili motivi e non allo spaccio di droga, ma sono in corso ulteriori accertamenti. La vittima, peraltro, era imputata proprio in un processo per droga, con l'accusa di aver trasportato hashish da Vicenza a Palermo nel 2017.

Domenico Romano ha però negato questioni legate alla droga o alla mafia, alla quale si è detto estraneo. Con le sue dichiarazioni ha cercato di far venir meno proprio l'aggravante dei futili motivi, ricostruendo invece una situazione in cui gli indagati si sarebbero difesi da un'aggressione e, visto che la cosa non sarebbe stata prevedibile, in questo modo cadrebbe anche la premeditazione, contestata dai pm. Ma che ci faceva allora Matteo Romano con una pistola? Perché avrebbe dovuto portarsela dietro se l'intento era di andare alla Vucciria per bere una birra? L'arma peraltro non è stata ritrovata e le indagini proseguono.

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